Le rincorrenze di Dino Cavazzuti. Il settimo racconto di Francesco Menozzi.

Piccola storia impossibile di ladri, stradoni e fatti inconcludenti

Rubrica di Francesco Menozzi

Racconto pubblicato il 05/01/2023

Ogni volta che raccontiamo una storia ci sentiamo portatori di una testimonianza di vita, che sia la nostra o quella di qualcun altro o che sia una storia mai accaduta, inventata; la vicenda detta come va detta, riguarda noi tutti esseri “urlanti”. (F. Menozzi)

Chiunque può partecipare alla rubrica inviandomi disegni, opere, fotografie da inserire all’interno dei singoli episodi per commentare con un’immagine o un’idea quello che la storia gli ha ispirato. Potete inviare il materiale alla mia mail francescomenozzi55@gmail.com . Sarà mia premura inserire il materiale e citare la fonte.

Ecco l’elenco di tutti i racconti di Francesco Menozzi che abbiamo pubblicato nella nostra rivista:

  1. La prima notte a Modena
  2. Un sottile filo rosso
  3. La ragazza carmina
  4. Anche Dio ha le sue ragioni che non vanno sottovalutate
  5. L’uovo della discordia
  6. Ossessione nel Borgo Stretto

Buona lettura.

 

C’era Dino che ogni domenica mattina si faceva il bagno nudo fuori in giardino. Questa sua usanza era legata a dei ricordi di infanzia, a quando sua madre gli faceva il bagno in giardino perché la casa era tutta scassata a causa di un terremoto, e i tubi dell’acqua non funzionavano. Così tutti quelli della famiglia Cavazzuti ogni volta che avevano bisogno dell’acqua, andavano nell’aia e la prendevano dal rubinetto dei polli. E tutti i giorni si vedeva un gran via e vai dalla casa Cavazzuti, perché ogni volta tutta la famiglia doveva uscire fuori casa e fare almeno dieci metri prima di raggiungere l’aia, perché poi loro ci facevano proprio tutto l’indispensabile con l’acqua: da lavarsi le mani finita la giornata, pulire le padelle dopo le mangiate, inumidire un pannetto per pulire una macchia sulle tendine, darsi una sciacquata al volto prima di prendere lo stradone e andare a lavoro.

Siccome Dino era un tipo schizzinoso che si doveva pulire meglio di tutti gli altri, la madre per accontentarlo come meglio poteva, aveva battezzato la domenica come il giorno in cui Dino si faceva il bagno. Gli altri avevano pensato di aspettare per farsi il bagno, dicevano che l’avrebbero fatto quando i tubi di casa si sarebbero rimessi a posto. E in casa quindi nessun’altro si lavava come Dino, tenevano i vestiti anche per delle settimane senza levarsi le canotte per sciacquarsi almeno le ascelle. Ma a Dino piaceva sapere di pulito e così ogni volta che notava un odore malsano nei propri vestiti, lui prendeva e si cambiava subito gettando per terra quello che c’era da lavare. Aveva un modo “moderno” di tenersi dietro, così diceva zia Iole. La procedura del bagno della domenica non era complessa, ma andava controllata per bene siccome Dino era un ottimo osservatore; se c’era qualcosa che non tornava, lui subito si scocciava e piantava tutti scomparendo per poi tornare ancora più infuriato qualche ora dopo. Si andava verso le nove a prendere il pentolone, si usciva fuori e si andava dal rubinetto dei polli, si faceva scorrere bene l’acqua e poi si riempiva per bene la prima pentolata; a quel punto si tornava in casa e la si scaldava un poco nel pentolone fino a quando Dino mettendoci dentro il dito diceva: -“Bon, a post!”. La pentola a quel punto veniva trattata come una miniera d’oro, si faceva molta attenzione a non far cadere una sola goccia d’acqua tiepidina, che sarebbe servita a Dino per farsi il bagnetto. La madre aveva costruito un piccolo carretto con ruote larghe su cui appoggiare la pentola siccome nonostante non fosse bollente, tirarla su per i manici era impossibile, faceva troppo caldo. La si portava fuori, nel frattempo Dino si era completamente spogliato nudo, lui lo faceva per sentire meglio il calore dell’acqua; quell’escursione termica gli faceva gradire ancora di più il bagno tiepidino, glielo faceva sembrare un bagno caldo. Per quanto riguardava i mesi estivi, quell’incanto termico non esisteva, difatti i bagni duravano meno e l’acqua era anche più fredda, dava meno soddisfazioni. La madre prendeva un mestolone gigante, con cui girava la polenta della festa, e poi versava l’acqua sopra Dino, come fosse un cappone arrosto che andava bagnato nel forno per evitare che seccasse. L’acqua subito fumava a contatto con la sua pelle, e Dino a quel punto sorrideva e si godeva il momento. Le mestolate gli arrivavano così bene che con un solo sverso, se fatto bene, lui riusciva a scaldarsi tutto il corpo, anche il sedere, e anche i piedi. La procedura andò avanti per diversi anni, e tutto sommato un po’ tutta la famiglia aveva accettato questo rituale senza più dire nulla. Poi la casa venne sistemata e ti tubi vennero tutti ricollegati alla rete, ma a Dino quell’usanza rimase come un sentimento di appartenenza a cui non poteva più fare a meno. Lui doveva raccogliere l’acqua dal rubinetto dei polli e seguire tutte le procedure con grande attenzione. Con il passare del tempo questa pratica attirò l’attenzione delle persone, siccome Dino si faceva il bagno in un punto dove passavano le persone, le biciclette. Certe cose che vengono fatte dai bambini vengono viste come goliardate, come cose legate alla crescita, poi se fatte in adolescenza vengono viste come bizzarrie, mentre se vengono perpetrate anche in età adulta, diventano veri e propri oggetti di studio dell’essere umano. Ma a lui queste cose non erano mai interessate, mi riferisco agli altri osservatori, e anzi, per me lui doveva avere una certa forma di esibizionismo per non sentirsi in imbarazzo nell’essere nudo, quando era adulto. Questa cosa attirò l’attenzione di tutto il paese, e non solo, anche di tutta il paese lì vicino, e dei paesi vicini ai paesi limitrofi; negli anni quell’avvenimento riscosse un suo successo tra le persone di tutta la campagna. Ogni domenica tutte le persone curiose si radunavano lì davanti a casa di Dino per vederlo mentre si faceva il bagno. Era un bel gesto per certuni, soprattutto quando d’inverno, nel pieno delle gelate, lui faceva il bagno in giardino facendo fumare quell’acqua così tanto, che sembrava scioglierlo del tutto quando gli veniva versata addosso. La madre che era morta aveva lasciato il ruolo alla moglie, Rosalinda Clery, che gli scaldava l’acqua ed eseguiva tutte le procedure, comprese quelle del mestolo, mentre lui si spogliava fuori. Sembrava un vero e proprio spettacolino da circo; le persone si mettevano tutte fuori dal giardino, oltre la siepe, c’era anche un cartello che diceva (Vietato entrare quando Dino fa il bagno nudo. Tutte le domeniche dalle 9 alle 11. È vietato entrare, anche gli amici non possono). Gli osservatori arrivavano sempre prima dell’orario scritto sul cartello, se ne stavano zitti e scambiavano due chiacchere per i soliti convenevoli domenicali. Alcuni arrivavano in bicicletta con sotto il giornale, certuni invece venivano con i bambini che volevano vedere Dino fumare tutto quanto nudo. I bambini lo chiamavano “l’uomo fumante” e a scuola era diventato un supereroe, tutti i piccoletti ne parlavano e certuni pensavano che la guerra mondiale fosse finita perché con i suoi poteri fumanti, Dino, aveva sconfitto tutti i nemici. Il parroco Don Antonio aveva sollevato una polemica, perché ad un certo punto Dino iniziò a farsi il bagno della domenica proprio in concomitanza con l’inizio della messa delle undici. E per questo motivo moltissimi fedeli anziché andare a messa andavano da Dino a vederlo fumare. Una domenica in particolare il prete decise di interrompere la messa per andare a parlare con Dino, proprio sul più bello, durante lo “sguazzo”, così lo chiamavano in paese. Perché poi a pensarci uno fa una cosa senza domandarsi se quella cosa andrà a dar fastidio ad altri, la fa e basta, ma se poi c’è qualcuno a cui dà fastidio quella cosa che uno fa, allora c’è un pensiero in più da aggiungere alla cosa che si fa. E nel tempo i pensieri che recano fastidio si accumulano, ma si accumulano solo se le cose che noi facciamo le facciamo ripetendole, come delle macchinette. Uno prende un caffè tutti i giorni e non ci pensa, ma poi tutta la sua vita gira attorno a quel caffè che prende ogni mattina, e poi si ritrova a dire “Me lo puoi dire dopo il caffè?” o “aspetta, prendo il caffè e poi ti raggiungo”. E anche il corpo stesso agisce in funzione del caffè di quell’ora, anche il corpo ha i suoi pensieri che si accumulano e diventano dolorini se quel caffè non viene preso in quell’orario, per non parlare dell’intestino. I fastidi si generano con le abitudini, qualsiasi siano. Così mi viene da dire che gran parte dei pensieri che abbiamo, li abbiamo perché le cose che ci capitano ci tornano a capitare diverse volte, e poi nel tempo se diventano abitudini diventano anche pensieri attorno a cui la nostra vita gira. Se invece uno cambia, cambia di continuo, le cose e i pensieri magari ci arrivano addosso, ma poi subito scivolano via, perché si cambia e nel cambiamento i pensieri scivolano via perché non stanno più attaccati. Ma mi viene anche da pensare che tipo di uomo sarebbe uno che cambia di continuo, sarebbe forse simile ad un alieno, o ad una divinità? E quest’abitudine di Dino aveva una certa importanza per tutti quelli del paese. Era stata istituzionalizzata in sostanza. Quella domenica mattina Don Antonio fece una sfuriata proprio davanti a Dino mentre stava facendo il bagno. Arrivò proprio lì davanti e gli gridò ogni cosa, gli disse “Pervertito!” “figlio del demonio!” e altre offese più pesanti. Tutte le persone che furono testimoni di quell’evento ricordano che terminata la sfuriata Don Antonio ebbe uno scompenso, cascò per terra come se a dirgli tutte quelle cose la sua testa si riempì di rabbia così tanto, che esplose in uno svenimento. Ma Dino non si fermò un istante, anche quel giorno lui fece il suo bagno non tenendo minimamente conto del prete che accasciato sul bordo della strada, sembrava aver ricevuto un duro colpo da Dio in persona. Tutti i fedeli anziché aiutarlo si misero a dire delle Ave Maria, dei Padre Nostro, e le donne, mentre le occhiaie del prete erano belle scure, cantarono Salve Regina. Il tutto mentre Dino s’insaponava per bene il corpo distante una quindicina di metri. Poi arrivò la televisione una domenica di fine aprile. Dino era già vecchiotto e oramai il bagno fuori lo faceva per far felici i ragazzi e i curiosi. Dopo aver passato una serie sconfinata di polmoniti, il suo corpo risultava stanco e curvo a causa delle artrosi. La televisione arrivò con una corriera, scesero due giornalisti che sembravano due sergenti, entrarono dentro la proprietà mentre Dino faceva il bagno, allungarono i microfoni e gli chiesero come mai faceva il bagno nudo da settanta tre anni. In quell’attimo ci venne una calca di persone che aspettarono la risposta di Dino, siccome altra particolarità di lui, era che non aveva mai parlato in tutta la vita. La moglie che all’epoca ci vedeva ancora bene, prese delle patate e le tirò dalla sua finestra contro i giornalisti. La gente si spostò tutta creando un semicerchio attorno alla scenetta. Uno di questi venne colpito dritto in testa, come colpito da una fucilata. La patata gli colpì così forte la testa che tutti quelli che erano lì attorno a godersi lo spettacolo, dissero: -“Ohhhh” come se il numero fosse riuscito perfettamente. Poi l’altro preso dallo spavento si girò e cominciò a scappare via ma la moglie di Dino, che all’epoca ci vedeva ancora bene, prese una patata, forse la più grossa del cesto, e gliela tirò come fosse una boccia e la sua testa il boccino. Tutti gridarono “spacco!” perché la testa venne presa in pieno e anche quel giornalista crollò a terra. Dino smise di farsi il bagno con calma e poi quando ebbe finito, si asciugò per bene e tornò in casa lasciando i giornalisti a terra con i microfoni accesi e le telecamere ancora funzionanti. Di quella scena poi in paese si continuò a parlare per almeno un paio d’anni. Certe volte, certe domeniche, partivano degli applausi spontanei da parte della folla verso Dino, senza un motivo preciso. Certuni avevano preso Dino per un difensore della cultura del paese, e vederlo fare il bagno per loro era un po’ un riconoscersi all’interno di una famiglia allargata. Arrivò il giorno in cui Dino smise di farsi il bagno, fu una domenica di fine marzo. Faceva un freddo incredibile in quei giorni e tutti se ne stavano a casa perché anche solo andare in bicicletta venivano i geloni, per non parlare dei motorini. Dino quella mattina, uscì fuori e si mise tutto il necessario per il bagno, fece tutte le cose come ogni domenica, da una vita intera. Sua moglie in quel periodo faceva fatica a vedere, aveva problemi di glaucoma, e così per fare tutta la procedura si doveva muovere lentamente stando attenta a non sbattere contro niente. Tutta la campagna era come spenta, gli animali stavano zitti e non abbaiavano ne facevano i versi, le lepri non erano nemmeno uscite quella mattina. Dino faceva dei rumori di passi per andare e venire dalla sua sedia, poi una volta nudo, mentre la moglie iniziava la procedura di riscaldamento, lui si guardò diritto allo specchio. Si vide per bene tutto il suo corpo nudo, lo vide come se fosse stato in guerra, in una battaglia faticosa. Vide i segni del freddo che gli facevano arrossare certe zone del corpo, si vide anche gli occhi tutti stanchi e spenti come se a far quella cosa, negli anni non si fosse reso conto della vecchiaia. Attese che la moglie uscì fuori e poi quando ebbe l’acqua tiepidina versata sulle spalle, quando sentì che quella sensazione era la stessa sensazione di una vita, lui si mise a sedere e fece un segno a sua moglie di fermarsi un attimo durante lo sversamento. In quell’istante quei pochi che erano lì a vederlo, ricordano Dino come improvvisamente risvegliato da un lungo sonno, tutta la sua testa si scosse come se le cose che c’erano dentro non dovevano più starci. Il suo corpo smise tutto di fumare, la pelle diventò come tutta grigia e raggrinzita di colpo. Gli occhi si sbarrarono e lui non fece altro che iniziare a tremare, tremò così forte che i suoi piedi nudi scivolarono sulla terra bagnata, e scivolarono così tanto da fargli perdere l’equilibrio e finire a terra da seduto. Certuni si fecero avanti quella volta, l’ultima volta, ma la moglie che ci vedeva poco ma sapeva per filo e per segno cosa stesse provando suo marito, grido solo “State lì dal cartello, ci penso io!” e poi con grande fatica lei cercò di tirarlo su; i due vecchi si abbracciarono come se quell’abbraccio fosse più di un semplice aiuto, e tutti fecero silenzio e anche i bambini rimasero come imbarazzati di fronte a quella scena. Dino sembrò non essere più lo stesso da quel giorno, si rintanò in casa e poco dopo, nel settembre successivo morì. Ora il punto non è tanto cercare di capire a cosa fu dovuto questo “risveglio”, quanto più sarebbe interessante indagare i motivi per cui Dino continuò a fare il bagno per tutti quegli anni, affrontando le intemperie e la vecchiaia come se niente fosse. La motivazione spiccia riguardo alla vicenda infantile non convinse più di tanto; Cesarina che era una sua cara amica d’infanzia, ha detto che non ha mai visto Dino così entusiasta nel farsi il bagno quand’era piccolo, che anche lui puzzava parecchio e c’aveva i suoi pidocchi come tutti i bambini.

Il narratore ha detto un sacco di cretinate, questo mi sembra di capire.

Sua moglie dopo che Dino morì, iniziò a far la maglia e per gli ultimi anni di vita confezionò così tanti maglioni, maglioncini anche, che quelli del paese pensarono che ogni cosa che lei faceva, la faceva pensando a quel corpo nudo di Dino, che andava coperto prima, prima che le cose andassero avanti per la loro direzione. Sulla tomba di Dino c’è scritto “ogni domenica, ogni mattina, qualcuno si ricorda che in questo piccolo mondo io ho fatto un bagno, con poco sapone e molta acqua”.

 

 

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