Una ricerca fotografica di Roberto Cerè
Dopo una lunga sosta riprende Valsamoggia come Tavolozza
Pubblicato il 30/12/2020
Il 18/12/2018 pubblicavo il testo che leggerete ora (se vorrete…) e mi sono chiesto se valesse la pena aggiornarlo; mi sono risposto che non era necessario. L’unica cosa è stata quella di aggiungere nuove foto e toglierne altre, come penso farò con l’andare del tempo e di questo articolo.
18/12/2018
Capisco che sia un po’ difficile parlare di se stessi e su come si intende un progetto, ma forse neanche no.
Ci sono cose che, dopo qualche tempo, raggiungono il colmo del vaso in cui le deponi; in uno di quei momenti mi sono chiesto come si possa raccontare il territorio in cui vivi, e che hai fotografato ormai da 38 anni. La risposta è tardata ad arrivare ma uscire dagli schemi paesaggistici legati alle vecchie enciclopedie stampate su carta, sempre dietro all’angolo, non è facile. Allora ho ripreso a leggere. Ho ripreso a leggere, ma non i testi di fotografia, spesso tendenti ad un pragmatismo che predilige la scienza e la tecnica della specializzazione, ma i vecchi libri di casa mia: Asimov, Pratolini, Seneca, Krishnamurti, Pavese, Pasolini, Calvino e così via; quelli che prediligono la filosofia e l’intelligenza dell’insieme.
Così, ho iniziato a vedere la Valsamoggia come fosse una tavolozza e, ricordando i tanti discorsi fatti a quattr’occhi, con gli artisti locali come Bruno Pinto, Teresio Testa, Giovanni Neri, Stefano Pasquini, Francesco Finotti, ed altri, ho iniziato a non pensare. Le foto che vedete in questa piccola galleria sono state eseguite senza pensare troppo e vedendo il più possibile.