Editoriale
L’Editoriale Millecolline
Pubblicato il 14/08/2022
Abbiamo smarrito la vita
Le nuove calamità, i nuovi flagelli biblici hanno fatto evaporare, come avveniva in tempi oscurantisti, il valore della vita, le sue sfaccettature, la sua misteriosa radiosità.
Viviamo in un clima di morte permanente, siamo sempre più emarginati ed obbligati a sottometterci a voleri devianti. Gli strumenti (oggetti) tecnologici vengono usati sempre più per controllarci, per limitare i nostri movimenti, per illuderci che viviamo ancora in democrazia e che godiamo dei valori conquistati, tra questi della dignità (diritti – doveri) e della libertà individuale.
Il mondo pubblicitario diffuso ed ossessivo sui mezzi di comunicazione (Radio, Tv, Internet, Social, Network, Stampa) ha cambiato obiettivi e finalità. Tutto si gioca sul consumo dei beni materiali, del possesso di oggetti di prestigio e gioielli per esaltare la propria visibilità. Tranne il martellamento delle varie coop alimentari o del fai da te, il resto riguarda un ceto medio alto (esempio le marche automobilistiche che non vengono presentate in modo intelligente e competitivo, ma per i voluttuari accessori).
La parola intelligente viene usata da una distribuzione commerciale per identificarla con la convenienza dei prezzi. Ma essere intelligente non significa ubbidire alle convenienze, usando perfino la reincarnazione di Einstein (senza pudore!), a favorire la spesa autarchica, ma come ci ricordava Montaigne ad avere una testa per pensare. E quindi la parola intelligenza dal latino intelligere, che significa scegliere, saper scegliere non può essere alterata, anzi, banalizzata, come un semplice motivo di persuasione condizionata.
Ma è nell’insieme di ciò che quotidianamente vediamo, ascoltiamo che ci troviamo deprivati di ciò che ci stimolava ed arricchiva prima degli effetti pandemici. La globalizzazione era imperante e dominante, ma i margini di scoprire o meglio valutare le proprie scelte c’erano e la diversità, la varietà dei consumi non erano varianti occasionali ma “spazi” in cui era ancora possibile sentirsi autonomi e non del tutto omologati.
Vi era ancora l’amore per la vita: che non si identificava con il consumo o con effimeri placebo, ma con il desiderio, la voglia di aprire ogni mattina gli occhi per rinnovare la preghiera di esserci e di poter esprimere il proprio mondo, il proprio protagonismo.
La vita è azione, ma anche futuro, avvenire, progettazione esistenziale, confronto con gli altri, raggiungere determinati scopi, convivere situazioni e partecipazione, avere degli ideali, sperare sempre che il giorno dopo sia migliore.
Se si perdono tutti questi valori o programmi che danno significato al nostro agire, al nostro immaginare, alla nostra creatività, la vita perde il suo intrinseco senso d’esistenza e l’uomo di esserci.
Questo è l’arcano disegno che si sta realizzando. Esistono fili invisibili che stanno trasformando l’uomo in crisalidi, in bozzoli, anonimi, congelati nelle loro forme senza la possibilità di trasformarsi, di assumere le sue vere sembianze per svolgere in qualità di uomo e di donna i loro destini.
Il progresso tecnologico e scientifico ha predisposto le profezie della fantascienza: ci ha reso schiavi di meccanismi automatici, svuotandoci di quell’intelligenza di cui la pubblicità ne sottolinea una capacità subordinata.
Si sono inventati slogan e parole come: sorriso, tutto andrà bene, arcobaleno, solidarietà, condivisione, inclusione per appiattire sempre di più la dialettica delle relazioni, dei contrasti, delle diversità. Quella lotta che è alla base della vita, quel senso competitivo che stimola ad essere migliore, a vincere le avversità, a combattere ogni ingiustizia e sopruso.
Per avere ancora il senso della vita ci vogliono di nuovo le purezze di certe parole (scomparse) come: la gioia, l’affetto, l’amicizia, l’amore.
Franchino Falsetti