EDITORIALE Millecolline. La generazione deviata

Editoriale della domenica

L’Editoriale Millecolline

Pubblicato il 22/06/2025

La generazione deviata

Vorrei provare a scrivere alcune riflessioni sulla generazione border line del nostro Evo contemporaneo. Quella nata e targata 2000.

Forse meglio caratterizzati da un acronimo NEET (Not in Education, Employment or Training e cioè quelli che non studiano, non lavorano, né cercano un lavoro = 2,2 milioni, il 24 per cento dei coetanei (la fascia dai 15 ai 29 anni), contro il 14 per cento della media europea (Dati forniti dall’Istituto Toniolo – Rapporto Giovani – Università Cattolica, Milano, 2018).

Dati che non sono cambiati, anche dopo 7 anni dalla lodevole ricerca nazionale.

Lo studio di questo rapporto mi ha portato a dare un titolo diverso da quelli che hanno tentato di qualificare le condizioni descritte di questi giovani come smarriti, alla deriva, semplicemente border line, (non più bruciata, ribelle, alienata, trasgressiva, figli del sole, bamboccioni) ma deviata, svuotata di ogni valore etico e morale.

Una generazione, in massima parte, fortemente condizionata dalla mancanza di affetti, di comprensione, di confronti per la propria crescita culturale e relazionale.

Da diversi anni si leggono quotidianamente i pareri degli psicologici gettonati dal mercato o dei pedagogisti pronti nelle loro ovvietà. E così, a ruota libera, un serraglio di loquaci interpreti della vita moderna e delle loro contraddizioni.

Ma non si tratta di riproporre “Indovina chi viene a cena?” per affrontare questa imperfezione della convivenza contemporanea, come se il problema fosse dei giovani e delle loro intemperanze e idiosincrasie esistenziali ed incapacità a socializzare e sentirsi protagonista del proprio Essere. Tutti vogliono dire la loro opinione (non scientifica) come se si parlasse di un altro pianeta, di un qualcosa che ci distolga da altre preoccupazioni.

Questa generazione è deviata perché noi adulti, genitori, insegnanti, venditori di idee, di comportamenti, di stimoli irriverenti, di ogni forma dissacrante e mistificatoria, abbiamo trasformato in esseri apatici, pigri, alterati, deformati nelle loro armoniosità formative, una giovane generazione che dovrebbe essere preparata a sostituire quella che naturalmente non sarà più produttiva.

Il passaggio del testimone, come si diceva un tempo, non avviene più. I giovani non sanno neppure cosa sia.

È la Società nelle sue diverse articolazioni istituzionali e governative, responsabile dei cambiamenti, delle trasformazioni, delle sperimentazioni negazioniste, inclusive, delle politiche d’azzardo, di prove continue: una palestra d’esercizi permanenti per trovare i provvedimenti meno dolorosi, ma non certo necessari o di rispetto alle esigenze delle Comunità.

L’Italia, ben sappiamo è uno Stivale: è un territorio lungo dove, vivono e convivono tradizioni diverse, mentalità diverse, culture diverse, educazioni storiche diverse e divari altamente a rischio per il futuro di molti territori del Nord e del Sud.

Ancora nel XXI secolo gli Italiani vivono senza una Patria unita. Gli Italiani non sono stati ancora fatti. Cosa ci distingue dagli altri popoli?

I soliti stereotipi, come per Bologna le famose tre T, di cui si vendono, ancora oggi, nelle tabaccherie del Centro, le cartoline sgargianti nell’offensiva identità (di Torri – Tette – Tortellini!).

E per lo Stivale la Bandiera con i colori degli spaghetti, del mandolino (la terra dalle frivole canzoni) e dei governanti impiccati disegnati con la testa in giù.

Chi sconvolge la realtà perché non la comprende non sono i giovani, non questa generazione a cui è stato imposto un misero modello di Vita, letteralmente defraudato, di ogni elementare motivo per sentirsi parte integrante di contesti iniziatori al proprio inserimento funzionale, istituzionale e professionale.

Ecco perché parlo di generazione deviata (o della cultura dello scarto) perché sono stati resi schiavi dal consumismo, dall’effimero, dai non valori, dalla violenza a loro propinata ogni giorno dai massa media e imitabile nei condizionamenti prodotti dai cellulari.

È la generazione con nuovi maestri che, incapaci d’insegnare, hanno diffuso tossine culturali per un mondo globalizzato, indifferente, in cui prevalgono le non scelte, l’oblio della propria esistenza, ed ogni possibile sogno progettuale per il proprio Futuro. Pertanto sotto accusa è l’ideologia del pensiero unico, dell’egualitarismo, dell’unidimensionalità, dell’omologazione delle idee e del linguaggio ristretto.

La Società democratica italiana si è ammalata nel secolo scorso ed ha, progressivamente, negato i principi portanti della Costituzione, deformando ogni realtà Istituzionale finalizzata all’assistenza, alla sicurezza, alla produttività (pubblica e privata), all’educazione ed istruzione (pubblica e privata), al prospettare e coltivare il passaggio valoriale tra le generazioni.

Oggi stiamo vivendo non solo una crisi Epocale, di cui abbiamo in diverse occasioni trattato, ma una crisi profonda della Democrazia italiana, di quegli ideali scritti e proclamati dalla Resistenza.

Il 25 aprile non va ricordato solo per essere ritornati “liberi”, ma per non svendere la dignità storica di un Popolo che in nome di quella Libertà aveva gettato le basi per una solida Società di ideali e di progresso per Tutti.

Franchino Falsetti

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