EDITORIALE Millecolline. Il Tempo non sa leggere

Editoriale

L’Editoriale Millecolline

Pubblicato il 19/11/2023

Il Tempo non sa leggere

Evoca il titolo di un vecchio film passionale degli anni cinquanta (1), ma non è lo stesso, poiché in quel contesto era il vento a non saper leggere.

E non c’è neppure una similitudine, ma mi piaceva considerare, senza giochi metaforici, che neppure il Tempo che viviamo ci aiuta a trovare segni di realtà sbiadite che possano ancora parlarci, suggerirci qualche timida spiegazione e poi i soliti esercizi interpretativi.

Ci siamo già fatti delle domande in alcuni dei precedenti Editoriali. E questo è un buon segno perché il Tempo non sa leggere dal momento che nessuno è più capace di fare domande, di saper investigare, di dare senso anche al linguaggio, alla parola e quindi di dare continuità al passato per capire il presente e. forse, ipotizzare il futuro.

Ma ci preoccupiamo degli effetti collaterali. Sembrava che la Storia avesse abbandonato i corsi ed i ricorsi, invece, ci siamo ricaduti, come avveniva nel Tempo passato e passato remoto.

L’uomo ha perso la ragione ma non l’avidità, la sete del potere, del dominio. Il suo percorso su questa terra nell’Evo moderno contemporaneo è solo ricco di illusioni che hanno sostituito la struttura valoriale.

Tutti condizionati dai messaggi pubblicitari e, maggiormente, quelli subliminali ed il sogno permanente di sentirsi “leggero”, lasciarsi cullare dalle emozioni, dall’apparire e dal mostrare ogni segno di vanità e di banalità.

I mass media sono diventati i nostri maestri senza cattedra e senza pensieri, ma con obiettivi di effimera consolazione dove un cioccolatino o una bibita fresca diventa il valore aggiunto alle proprie ansie o disagi comportamentali, esistenziali.

Tutto viene ridotto a qualcosa da consumare subito, come una vecchia pastiglia per il mal di testa. Oggi quel malessere si è diffuso e nei nostri borselli o borsette abbiamo caramelle, merendine e tavolette di cioccolata.

Tranne certe categorie professionali, con noi non portiamo quaderni, libri, penne, taccuini. Il nostro libro-scrittura, di cui siamo condizionati fino ad uccidere pur di possederlo è il cellulare o smartphone o telefonino. Lo portiamo con noi tra le mani o in qualche tasca della giacca o nella borsa sempre aperta.

Abbiamo perso le buone ed antiche abitudini di scrivere, di leggere (anche ad alta voce), di prendere appunti, guardare la realtà con gli occhi della mente e non con gli occhi delle emozioni.

Le nostre giornate vengono scandite dai frequenti consumi: nel bar, nelle trattorie, nei fast food, nel sentirsi compensati se mangiamo camminando, se beviamo camminando.

Una trasformazione in animali camminatori (cammelli nel deserto) nelle città sempre più inospitali, trasformate in vecchie località adibite per accogliere i pellegrini, uomini di passaggio o gruppi privi di altri modi per stare insieme.

Ed ecco le aggregazioni selvagge nelle piccole piazze, in zone riparate con tante osterie o botteghe di semplici distributori o miscelatori di bottiglie di vino, lattine di birra e pasti da consumarsi nel chiasso insopportabile fino alle prime ore del mattino.

Nessuno vuole risolvere questa barbarie, come quella degli ecologisti iconoclasti accaniti, o gli imbrattatori delle nostre bellezze architettoniche e monumentali trasformati in artisti di strada.

Convegni sulla Società della conoscenza, sull’istruzione permanente, sulla difesa dei diritti dei bambini, delle donne, della vecchiaia, dell’Umanità intera, parole, intenzioni volute dal mercato di un progresso senza testo, senza spartito, senza traccia. Si vive nella dispersione e nella disperazione.

Le organizzazioni mondiali per il benessere dell’Umanità stanno a guardare. Si sono smarriti anche loro e vivono di minacce e di intolleranze. E tutto sembra esplodere insieme alle irrefrenabili calamità naturali o artificiali di questi ultimi anni.

Il nostro mondo, come sostengono intellettuali seri come Morin o Cardini (con il suo Occidente alla deriva) ci richiamo a certi rischi che stiamo vivendo (indifferenti) senza alcuna riflessione dove il Tempo della Storia e della Vita non sa più leggere e neppure le pagine più magistrali dei classici saranno più efficaci per una rapida resurrezione della dignità dell’Uomo.

                                                                                                                                                                Franchino Falsetti

(1) ECCO IL LINK del film che ha ispirato il titolo dell’Editoriale di oggi: Il vento non sa leggere

 

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