Editoriale Millecolline. Perché parlare ancora di Halloween?

Editoriale

L’Editoriale Millecolline

Pubblicato il 30/10/2022

Perché parlare ancora di Halloween?

Una curiosa coincidenza è quella che oggi domenica cristiana e poi stravolta dal consumismo, si trovi alla vigilia di un “evento” imposto dal mercato globalista e multinazionale che riguardano i festeggiamenti per bimbi ed adulti di un ingannevole appuntamento come quello fissato, ormai, da alcuni decenni anche in Italia, dall’enigmatico nome di Halloween.

Ho sempre scritto su questa Rivista alcuni articoli al riguardo, mettendo in evidenza, che tutto poggia su richiami fantasiosi e leggendari e che, comunque, nulla hanno a che fare con le nostre tradizioni, in particolare quando dobbiamo, non festeggiare, ma commemorare i nostri cari defunti.

Noi abbiamo il nostro giorno sacro del 2 di novembre che un tempo, per osservarne la ritualità, la memoria, l’affetto verso i propri defunti, vennero considerato giorno “festivo”, chiudendo tutte le scuole e chiusura parziale di tutti gli uffici e vita produttiva. Era il pacchetto del gruppo delle feste di Ogni Santi (dal 1° al 4 novembre, giorno della Vittoria – Prima Guerra Mondiale 1915-18).

La parte grottesca del medio Evo è stata assunta dai paesi anglosassoni come laica identità con ciò che non “vogliamo conoscere”. Banalizzando ogni comportamento che idealizzi particolari sentimenti e sensi di religiosità che comprendono le riflessioni sulla Vita e sulla Morte.

Non è con “dolcetto o scherzetto” (insulsa filastrocca) che demonizziamo le ataviche paure. Sembra una versione macabra della tradizione cristiana di San Nicola (l’antesignano di Babbo Natale). Ma ciò che sorprende che, in Italia, sede del vaticano, dove è nata la Cristianità, sono stati operanti i suoi martiri, i suoi esponenti più determinanti ed illuminati da sant’Ambrogio a San Francesco d’Assisi, Santa Chiara, San Tommaso d’Aquino, San Francesco di Paola, Sant’Antonio, fino a San Pio (Padre), questo insignificante manifesto di cancellazione della cultura delle alte e spirituali tradizioni  e valori laico- religiosi delle Civiltà europee, sia stato assunto come una festa propiziatoria e liberatoria, quasi “scaramantica” per ogni indemoniato maleficio.

Con i primo di ottobre il mondo della scuola della prima infanzia fino ai 13 anni viene coinvolta dal mercato globalizzante per preparativi, addobbi, abiti di circostanze, zucche vere o finte, teschi di ogni dimensione (dalle vere zucche traforate a quelle di plastica, con denti anche da vampiro). Bambini e bambine vestiti come se fossimo in un anticipo del carnevale, con la sola differenza di essere con mantelli neri, cappelli a punta come indovini o maghi in provetta. E poi i dolcetti, quelli rigorosamente con la scritta per i morti. E poi il folklore continua con coriandoli, trombette, stelle filanti, palloncini riempiti d’acqua, borotalco ed anche qualche petardo e ”castagnole”. Un vero zibaldone dove si riproducono “in vitro” i riti delle messe nere, delle forme tribali e primitive che ci riportano indietro di migliaia di anni. Tutto, forse, in sintonia all’attuale propensione dell’uomo contemporaneo a privilegiare non più la Bellezza, ma la Bruttezza, a sentirsi importanti se si deturpa il proprio corpo, martoriandolo di tatuaggi, molto spesso, incancellabili, insieme ai vari piercing che ne mortificano definitivamente la naturale armoniosità del corpo.

E, va sottolineato, che la risonanza ed il coinvolgimento di questa festosità collettiva di un evento inventato e devastante (sul piano emotivo, psicologico e culturale) non ha riscontri con nessun’altra ricorrenza religiosa o civile distribuita nell’anno (compreso il periodo del Natale).

Il mercato globale e l’imposizione consumistica ha sperimentato su questa insignificante origine celtica-druida della Notte degli spiriti, il processo della cancellazione della cultura. Questa immotivata ed inesistente “ricorrenza“ ha significato e significa una rottura verticale con il passato, con gli esempi delle culture e filosofie trasmesse nei secoli e con ciò con cui l’uomo ha sempre cercato di tramandare: il senso vero del sacro, della spiritualità della religione e della cultura come fondamento antropologico per la determinazione e la formazione della personalità individuale e sociale.

Pertanto, nei contesti sempre più problematici e distruttivi presenti e diffusi nella nostra travagliata epoca, è opportuno cominciare a dare delle risposte severe e precise a questi tentativi e progetti di sabotaggio dei sistemi di vita consolidati nei secoli.

Dobbiamo saper seppellire questa zavorra che alimenta solo le stupidaggini, le devianze psico-culturali e lo smarrimento esistenziale di cui siamo contaminati.

Intanto, mentre i soloni improvvisati ed insignificanti contestano la nascita di un nuovo governo italiano, eletto democraticamente dal popolo, questi stessi si parlano addosso fino alla noia e non guardano la trave che perfora i loro occhi: sono i primi indifferenti e pericolosi diffusori di dis-valori, di amenità, di forme diseducative, di roghi delle foreste mentali a partire dai giovanissimi.

Non si vergognano di patrocinare e sostenere, per esempio le cinque giornate organizzate a Bologna (città la dotta, così tramandata) dal 28 ottobre al 1° novembre di “orribile divertimento per grandi e piccini e visite guidate”. L’associazione Vitruvio sfodera il proprio menù in previsione del prossimo Halloween, “ma non aspettatevi zucche arancioni della tradizione a stelle a strisce, piuttosto non fatevi spaventare dalle burde, le streghe d’acqua della tradizione bolognese”. Una variante all’asse portante delle notti barbare e fantasme, anche se per salvarsi, con le solite soluzioni del rimpasto, il tutto è venduto come “Halloween alla bolognese”. Un chiaro auspicio che a Bologna, dopo i tortellini, le tagliatelle, le lasagne e gli spaghetti

(pataccati) alla fine ottobre di ogni anno in avvenire, per cinque giorni, avremo la specialità dell’Halloween alla bolognese!

(da: la Repubblica, 25 ottobre 2022 )

“Tutti coloro che sono incapaci d’imparare si sono messi a insegnare“. ( Oscar Wilde )

 

                                 

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