Pillola Corsara n°28 – Quando me pensare ad Africa lontana…

Quando me pensare ad Africa lontana…

 

Pillola Corsara n° 28

 

E’ l’inizio di una canzone a “doppi sensi” ed usata, con trascinante euforia come repertorio tra i preferiti “intrattenimenti” goliardici.

E’ una assonanza che richiamo senza provocare alcuna offesa.

Ma la notizia che a Milano si è aperto, nei giorni scorsi, un cantiere sulla piazza Duomo davanti al simbolo, per eccellenza, della città, per installare palme (che vengono dalla Brianza ) e giardini, ma che richiamano ben altri significati e sensazioni rispetto a quelle “estetiche” sostenute dall’architetto Marco Bay ideatore e promotore dell’iniziativa. Iniziativa subito contestata che ha provocato, come al solito, pareri discordi.

Siamo in una strana epoca dove tutto alla fine “fa brodo”. C’è una sorta di auto giustificazionismo, che assolve tutti e nessuno si sente disponibile, a partire dagli ideatori e promotori, di sentirsi disponibili a modificare o, più sapientemente, a cancellare. Dai “blocchi” di pietra, che richiamano le urne funerarie etrusche in un angolo di storia della “turrita” Bologna, tra le due Torri e la magnifica Chiesa di san Bartolomeo , installate come arredo urbano in stridente contrasto storico oltre che estetico, alla “passerella” allestita sul Lago d’Iseo per “esaltare” le frustrazioni consumistiche di massa, fino all’installazione delle “palme” davanti alla “Madonnina”, simbolo di una milanesià, ormai, sbiadita, sono tentativi più che per aiutarci a vivere meglio la nostra quotidianità, i nostri “sogni” ad occhi aperti, ci mostrano una certa desolazione, perché anche la “creatività” è morta. Come ho ricordato in altri miei scritti “corsari” e come testimoniano illustri filosofi e scrittori italiani ed europei,  la globalizzazione ha pianificato le coscienze ed omologato la storia dei popoli. L’obiettivo è quello di rendere tutto al presente e nel presente si consumano idee, creatività e produzioni, come se fossero inedite istantanee di un modo originale di essere, di pensare e di fare.

Le “palme” in piazza Duomo a Milano non hanno bisogno di essere demonizzate, affermando che non sono palme africane, ma provengono dalla Cina ; non sono stravaganze, poiché nel passato ( a partire dal ‘700 ), questa pianta è stata considerata , in Italia, in alcune città del Nord, come pianta ornamentale, un irresistibile richiamo esotico primeggiante nei giardini principeschi e reali. Oppure c’è chi richiama, come fa l’architetto Bay, Stendhal che “ammirava la palma nei “giardini segreti” di Milano”.

Ma queste sono giustificazioni insufficienti e non rappresentano, comunque, ciò di cui noi ,oggi, abbiamo bisogno. Il riadattare o il “riesumare” il passato è solo un modo per sfuggire alle nostre responsabilità di questa epoca, di questo momento difficile e traumatizzante.

Essere privi di prevedere il futuro, di ipotizzarlo, condiziona la nostra “sicurezza” di identità. Oggi non possiamo più dire : “Cogito, ergo sum”. Possiamo, solo, accontentarci di un sommesso: “Sum, ergo non cogito “.

Oggi viviamo un fenomeno invisibile, ma efficace per la determinazione dei popoli: la diaspora della cultura, delle idee, della creatività.

Tutti uguali nelle storie personali come nelle storie dei popoli. Abbiamo fatto tutti le stesse cose, continuiamo a farle e non cerchiamo, se non, il nostro piacere sensoriale e gastronomico.

Così come si può ricavare dalle parole dell’architetto Bay che sembrano quelle di un bambino colto con le mani nella marmellata.

“,,,, Volevo esprimere un’idea che nasce dall’osservazione della piazza e dallo studio della tradizione. Non è la prima volta che la città di accende sul tema del verde […]”.

Di quale tradizione sta parlando? Quella utile per far uno spot pubblicitario alla multinazionale statunitense “Starbucks”? Per l’ennesima invasione di negozi d’oltreoceano per esercizi commerciali di panetteria -caffetteria? Un modo per dar lavoro solo agli extracomunitari? ( così viene interpretato ). E’ certo che il dramma dei profughi sembra più in sintonia con questa scelta di trasformare la piazza Duomo di Milano in una evocazione “pariniana” tanto cara a certi “milanesi” , quasi per “ricreare” una ideale ambiente ( oasi ) per rendere l’accoglienza profumata come i fiori di serra con piante di terre lontane.

Forse, ritornando a studiare, potremmo sentirci, essenzialmente, d’accordo con un aforisma del grande compositore Gustav Mahler :

“La tradizione è salvaguardia del fuoco, non adorazione delle ceneri”.

 

 Franchino Falsetti

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Palme bruciate, Piazza Duomo, Milano 2017.

 

 

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