Fotografie dedicate alle donne della Casa delle Donne (Bologna).
Erano i tempi in cui Nessun Dorma era alle porte e la piccola mostra fotografica collettiva a tema contro la violenza sulle donne che pensavo di organizzare non ne voleva sapere di decollare; non è facile trovare reportage, fotografi o fotografie che possano raccontare, senza le solite banalità televisive di maniera, una situazione “pesante” riferita alla condizione femminile. Senza contare che da quando la legge sulla privacy ha cominciato a mettere le radici in questo piccolo Paese a forma di stivale hanno iniziato a sparire le foto di documentazione sociale, umana, civile e con loro il senso della storia documentata per immagini. Da quel momento la vita del nostro paese non è più stata foto/raccontata seriamente; l’unica documentazione consentita pare essere quella relativa alle celluliti delle VIP, alle ricette dei cuochi e tutto quello che interessa ai pettegoli. Non è la prima volta che affermo che quella inutile legge non tutela nessuna privacy e, in più, ha fatto anche in modo che non possano più nascere artisti della fotografia e dell’immagine come De Biasi, Berengo Gardin e tanti altri; nessuno più si azzarda a documentare eventi o giorni comuni per non correre il rischio che qualche ottuso ti denunci per violazione della privacy mentre è a passeggio con l’amante. Ai fotografi ed operatori non rimane altro che dedicarsi ai paesaggi, agli animaletti, alle chiesette, ai tramonti, alle cascatelle, agli orizzonti lontani e tutto ciò che non possa comprendere la figura umana.
Mentre stavo (ri)pensando a tutte queste cose, ogni tanto, mi ritornava la domanda: -“Ma… allora cosa faccio per Nessun Dorma edizione 2016?”
Poi, la risposta: andrò a trovare le donne della Casa delle Donne di Bologna. Detto fatto, comunico a Paola e Bea quali sono i miei intenti e chiedo delle dritte per eseguire il lavoro che mi sono prefisso. Sembrava più semplice; quella della Casa delle Donne è una attività che comporta molti rischi e la situazione poteva risolversi in un modo molto circostanziato: un ora sola di fotografie e solo durante la pausa pranzo. Ho pensato che fosse una bella gara quella di rimanere solo un ora e riportare buone foto senza prova d’appello. Ma dovevo farlo, per Nessun Dorma, mi sentivo come in missione speciale…
Il mio riferimento telefonico alla Casa delle Donne mi ha consigliato alcuni parcheggi di Bologna in cui si potrebbe trovare un posto alla mia auto nel giorno prefissato per fare le foto, seguirò questi consigli perché la circolazione cittadina mi viene sempre su per una braga e meno circolo e meglio sto!
Arrivo un po’ prima dell’ora prevista. Suono il campanello, dichiaro il mio nome e mi fanno salire. Le scale sono quelle delle vecchie case bolognesi in cui anche l’odore di chiuso e la penombra si confonde. Sono davanti alla porta indicata e suono. Nulla. Vado al piano di sopra, dove c’è un secondo appartamento e una ragazza apre, appena, la porta lasciando un solo centimetro di luce fra me e lei; mi rendo conto di quanto sia difficile difendersi e questa condizione rende sospettosi chi lavora in quei luoghi.
Poi arriva l’ora giusta e mi presento alle prime ragazze dell’accoglienza e il mio “contatto” mi dice che non potrò fotografare tutte le donne che aiutano le donne in difficoltà perché molte di loro sono sotto copertura e i rischi in ballo sono sicuramente più grandi di quanto ci si immagini. Capisco.
Riassumiamo: sono alla Casa delle Donne a Bologna; ho solo un ora per eseguire alcune foto per esporre a Nessun Dorma e devo stare attento a non fotografare le ragazze impegnate in casi pericolosi. Ce la posso fare; sono comunque molto gentili e mi chiedo quanti uomini hanno accesso in questo luogo; forse non sono molto abituate ad una presenza maschile, figuriamoci se l’ospite ha anche una fotocamera, obiettivo, flash e borsone mentre cerca di evitare di far cadere documentazioni da scaffali che sbucano dappertutto. Mi sento quasi un alieno a proprio agio. Comincio a fare foto.