Editoriale della domenica
L’Editoriale Millecolline
Pubblicato il 28/01/2024
L’han giurato!
Avevo scelto un altro argomento per l’Editoriale domenicale, ma la notizia del primo sì al Senato al progetto Calderoli per l’Autonomia differenziata delle Regioni, una sorta di decentramento di alcuni poteri cardini dello Stato come la Sanità e la Scuola, mi ha decisamente fatto cambiare idea.
La Lega è riuscita nel suo antico disegno politico della secessione: liberarsi di Roma ladrona.
Ci si era illusi che recenti manifestazioni di ritorno a certi sentimenti patriottici fossero un positivo segnale per riconquistare una fondamentale tradizione evocativa della nostra identità e di certi valori dimenticati od abbandonati.
Il 23 gennaio 2024, contrariamente alle bandierine italiane sventolate dall’opposizione ed alla farsa di cantare tutti insieme i senatori l’Inno di Mameli, è stato ammainato il Tricolore italiano.
Dal 1971, anno della nascita degli Statuti regionali, come emanazioni amministrative dello Stato, dopo 53 anni un ramo del Parlamento ha riportato indietro l’orologio politico dell’Unità d’Italia.
Cavour, il padre della Patria, sul letto di morte ricordava ad alta voce: “L’Italia del Nord è fatta; non vi ha più né Lombardi, né Piemontesi, né Toscani, né Romagnoli, noi siamo tutti Italiani. […]”.
E Massimo D’Azeglio, nei suoi Ricordi, sosteneva che l’Italia era fatta, bisognava fare gli italiani!
Sono solo passati 13 anni dal 2011 che l’Italia festeggiava i 150 anni dell’Unità d’Italia e sembrava che nello stesso tempo si andasse a ricomporre quelle sfilacciature per cui giù il grande giornalista Giorgio Bocca parlava dell’Italia disunita!
La Resistenza unì nuovamente gli italiani per scrivere la Costituzione repubblicana e democratica, ma poi l’industrializzazione, il nuovo potere delle ferriere, snaturò gradualmente ogni valore morale e spirituale, perché tutto doveva materializzarsi e tutto doveva concretizzarsi nello sconfinato fiume del consumismo e dei suoi segnali di fumo: la lenta sparizione dell’età dell’umanesimo.
Come si può essere soddisfatti di una vittoria di questa natura?
La Scuola e la Sanità non sono da considerarsi dei servizi, come bevande al self- service. Sono Istituzioni pubbliche che seguono il cittadino dalla nascita alla morte.
Sono realtà provvidenziali ed assistenziali e nel caso della Scuola, proprio perché non è un servizio per i genitori, ma un apparato dello Stato nel predisporre e garantire livelli di qualità formative e professionali delle nuove generazioni.
Questo significa che non dobbiamo spezzettare queste Istituzioni, che hanno bisogno di visioni nazionali, di coordinamento e di sostegno unitario per tutte le Regioni, eliminando i soliti campanilismi e tentazioni secessioniste.
La frantumazione, legata alle scelte dei singoli territori regionali farà scattare le inevitabili diseguaglianze e si andranno a deformare quelle visioni organiche e sistemiche di cui una moderna Nazione ha necessità impellenti.
Si scateneranno i personalismi, i fronti del protagonismo politico, le rivalità e non la concorrenza tra il Nord ed il Sud. Ritorneranno nuovamente i vecchi pregiudizi e l’immigrazione italiana all’estero diventerà una nuova frontiera.
Ancora una volta la fatidica domanda: a chi giova? Sembra non abbandonarci. In un colpo solo abbiamo cancellato la nobile pagina del Risorgimento italiano. A cosa servirà il Parlamento? Avremo tanti “parlamentini” distribuiti lungo lo Stivale che non si parleranno tra loro, ma si combatteranno, come nel tempo buio del feudalesimo e delle conquiste di ventura?.
Chi ha voluto questo risultato ha mostrato non amore per la Patria ma disprezzo per una parte dell’Italia e degli Italiani e si è reso responsabile di quella dannata cultura della cancellazione.
Con questo voto si è attentato anche alla nostra Costituzione, che parla di decentramento amministrativo e non politico e nello stesso tempo sono stati cancellati tutti i valori della nostra Identità e dei nostri modelli di riferimento verso quella storia fondante, sofferta e difesa nelle trincee della Prima Guerra Mondiale.
Non si potrà più pensare di essere Italiano: saremo educati ad essere Emiliani, Piemontesi, Lombardi, Veneti, Calabresi, Siciliani.
La letteratura di Manzoni, De Amicis, Collodi, Vamba, Pascoli, Carducci, Verga, Vittorini, Pavese, Calvino (per citarne alcuni) entrerà nelle teche delle Biblioteche e nessuno ne saprà mai nulla.
E non avrà più senso parlare dell’italianità, della difesa della lingua italiana, di patriottismo e dell’Inno di Mameli.
E questo è un altro favore che si fa al processo della “sostituzione”. Pertanto io non applaudo a questa “vittoria” e spero che molti Italiani sollecitino le Scuole a trasformare quanto è avvenuto in riflessive e dotte lezioni di Educazione Civica.
Franchino Falsetti