Editoriale
L’Editoriale Millecolline
Pubblicato il 13/03/2022
I cavalieri dell’Apocalisse si sono moltiplicati
I classici Cavalieri dell’Apocalisse di cui ci parla l’apostolo Giovanni, continuano a cavalcare e mietono distruzioni e calamità naturali che mettono in discussione persino la timida speranza della sopravvivenza. Ma l’uomo dall’età dell’epoca dell’industrializzazione, in particolare, ha inventato nuovi Cavalieri, non meno devastanti e demolitori di quelli suggeriti dalla narrazione biblica.
L’uomo moderno, l’uomo contemporaneo, ha utilizzato le proprie invenzioni tecnologiche e scientifiche per esaltare il lato oscuro della personalità umana, l’alimentazione esponenziale del male e della rovina, non solo fisica (vedi le armi più sofisticate nel produrre morti e cancellazioni di sconfinati territori e di rare testimonianze storiche dell’umanità), ma, soprattutto morale, che imbrattano per sempre la sacra dignità ed onorabilità della persona.
Insieme ai cavalli della Morte, Carestia, Pestilenza e Guerra, si sono affiancati i cavalli usciti da un nuovo nero fiume Stige:
Fango, Calunnia, Fake-News, cancel culture, network on line, le nuove mode del costume transgender.
Un’agguerrita squadra che non ha un autore da ricordare, ma ognuno di noi può divenire un protagonista del male per esprimere la propria incapacità e meschinità verso il prossimo, quel prossimo che si dovrebbe amare come sé stessi e dovrebbe saper coltivare per un benessere comune e della comunità in cui si vive, si lavora, si agisce. Tra questi indomiti funesti destrieri mi soffermerò su quello più colpisce il nostro mondo interiore e la nostra dignità di uomo e di donna: il Fango, la Calunnia, quello che già il filosofo Schopenhauer definiva come “il giudizio degli altri”.
Gli altri cavalieri sono stati e verranno trattati nei miei prossimi corsivi evidenziandone la gravità di tipo pandemico, con effetti mortali per la nostra sfera affettiva, psicologica, educativa e formativa.
In un prezioso libricino curato dal sacerdote dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini Emiliano Antenucci dal fulminante titolo Chi calunnia uccide. Anche le parole possono uccidere , ci introduce in una lettura non solo religiosa del problema, ma civile, culturale ed umana. Importanti sono alcune affermazioni riportate.
“La calunnia distrugge l’opera di Dio, perché nasce dall’odio. Essa è figlia del “padre della menzogna” e vuole annientare l’uomo, allontana dolo da Dio”. ( Papa Francesco, Meditazione mattutina in Santa Marta, 13 aprile del 2013 )
“La calunnia ha un filo più tagliente di una spada, una lingua più velenosa di quella di tutti i serpenti del Nilo, un fiato che cavalca i venti come fossero corsieri e diffonde la menzogna per tutti i quattro punti cardinali del mondo”.
Questa citazione, come ci ricorda il colto Cardinale Gianfranco Ravasi: “è tolta dal Cimbelino, una delle ultime opere drammatiche di Shakespeare ( è collocata tra il 1609 e il 1610 ). Nell’atto III, scena IV, uno dei personaggi, Pisanio, lancia questa bordata contro la calunnia”.
Il codice penale all’Art.368. Calunnia:
“Chiunque, con denuncia, querela, richiesta o istanza, anche se anonima o sotto falso nome, diretta all’Autorità giudiziaria o ad un’altra che a quella abbia obbligo di riferirne o alla Corte penale internazionale, incolpa di un reato taluno che egli sa innocente, ovvero simula a carico di lui le tracce di un reato, è punito con la reclusione da due a sei anni”.
E lunga sarebbe, a partire dalla Bibbia la letteratura scritta su questa ferale parola. Le maldicenze, le calunnie ed oggi il cosiddetto fango ( il filo elettrico dei mass media e dei social imperanti ) tendono a distruggere la reputazione e l’onore del prossimo. Come lanciare il sasso e nascondere la mano. La vigliaccheria e la meschinità armano quella mano e rendono le parole velenose e mortali. Nell’epoca del dominio della comunicazione e dell’informazione, questo tetro ed infingardo cavaliere fa più vittime della stessa morte, ed uccide con la stessa spietata e cieca volontà.
Non pensiamo ,come qualche filosofo ha sostenuto e sostiene, che una “vita appartata” possa salvarci da questa insana stoltezza. La vita è simbolo di convivialità, di convivenza, di azioni e di produzioni professionali, culturali e sociali.
Saggio sarebbe il non curarsi di questo invadente ed apocalittico demolitore dello spirito e della nostra integrità personale e morale e lasciar ringhiare, senza pietà, i calunniatori, gli invidiosi ed i miserabili.
Franchino Falsetti