La poesia errante si arricchisce di titoli
Serena Vestene alla “caccia” delle poesie di Ma Rea a Verona
Pubblicato il 29/10/2025
A poco più di due anni e mezzo dall’intervista che feci a Ma Rea a Bologna per la Rivista Web Indipendente d’arte e cultura Millecolline della Valsamoggia di e con Roberto Cerè alle riprese, ecco che venire ricontattata dallo stesso Poeta Errante per avvisarmi di una sua visita nella mia città, Verona, con le sue incursioni poetiche, diventa un appuntamento da non mancare.

E così è stato, quando sabato 18 ottobre ci siamo incontrati per una chiacchierata insieme, una volta arrivati sul luogo fissato in Piazza dei Signori, con la compresenza di altri amici per la concomitanza di Hostaria – un bicchiere di vino e tanta goliardia -, e ritrovarci a riprendere le fila della sua attività di strada e riannodare i fili di quel suo operare davvero intrigante tra vicoli e piazze, di chi distribuisce parole lungo strade e camminamenti, senza apparenti schemi di percorso ma unicamente con sensibilità e intuito.

Da allora Ma Rea ha mantenuto la sua attività primaria di autista di autobus a Bologna, ma non ha mai perso la passione di girare per i quartieri della sua città, così come in altre città d’Italia e anche all’estero, lasciando il suo segno distintivo su pali, cestini delle immondizie, bacheche, recinzioni, vetrine o insegne.
Un modo, il suo, per fermare l’attenzione di chi passeggia, percorre una strada, si ferma a uno stop obbligato, e portarlo, con ironia, sarcasmo, irriverenza o toni evocativi, a una riflessione, indotta da una poetica breve e incisiva.

Lo stile di Ma Rea non è cambiato; semmai si sono aggiunte tipologie nuove per comunicare: al “bucato poetico” e alle “fermate poetiche”, nelle quali mi imbattei già anni fa, si sono aggiunte la “poesia clorofilliana”, i “versi di semi vari”, i “versi carrai”, questi ultimi da lui stesso definiti come “versi in segnaletica stradale alternativa”, “simboliche rimozioni per concrete condivisioni di senso della vita” o “strofe poste dietro lo scorcio dei nostri cammini in attesa di essere scoperte”.

E il bello è arrivato, in effetti, dopo la sua partenza, il giorno dopo, domenica 19 ottobre, col rimettersi in solitaria alla scoperta di queste strofe poste su vari cammini e percorsi, senza averne che qualche traccia qua e là carpita dai discorsi del giorno precedente e senza nessuna contestualizzazione chiara di ubicazione, posto, angolo o fessura.
Si è trattato quindi di lasciarsi letteralmente sorprendere, come una persona qualunque ed ignara, da un’eventuale ritrovamento di parole, dall’idea e dal senso recondito, che stava nella scelta e nel gesto di porle proprio lì, dove l’occhio sarebbe caduto, avrebbe apprezzato o disprezzato, avrebbe voluto estirparle o lasciarle, come avrebbe fatto un qualsiasi altro passante.

Se da una parte, quindi, avevo potuto vivere la condizione privilegiata di intervistatrice dell’amico Ma Rea, dall’altra stavo per essere io stessa rapita da tutta l’emozione del ritrovamento casuale dei suoi segni lasciati sparsi per una città che conosco tanto, ma non sufficientemente da collegare luoghi con le sue parole, e non sufficientemente da svelarlo d’acchito come mi fossi trovata davanti ad un libro aperto.
Poco importava se avessi dal canto mio ricevuto qualche foto, in quanto nulla o quasi faceva capire dove potessero trovarsi.

E altrettanto poco importava se dell’ubicazione di una di esse ne ero stata complice e testimone il giorno prima, perché già quel giorno non c’era più nulla, e forse, chissà, già il pomeriggio stesso, prima dell’evento previsto quel sabato alla Libreria Il Minotauro, era già stato tutto rimosso.
E questo credo sia il tentativo più arduo per un Poeta Errante: vivere senza pretese di approvazione quello che diventa invece un esperimento sociale, e accettare senza alcun tipo di remora ciò che avviene e l’effetto che fa, sentendo che anche vivere l’esperienza di essere sotto osservazione da parte della polizia locale o lo scetticismo di una guardia di sicurezza cittadina fa comunque parte del gioco; un gioco che si nutre di inatteso, di inusuale, di stupore, di colpi bassi, di parole fuori dagli schemi.

Ma poi arriva anche la notizia di un lieto ritrovamento da parte di un esercente, che subito si mette sulle tracce dell’anonimo poeta per ringraziarlo dell’inaspettata e gradita sorpresa; così come il mio ritrovamento, quasi una settimana dopo, di una sua fermata poetica posizionata proprio davanti alla Libreria Pagina dodici, dove si sarebbe tenuta la presentazione di un mio libro, e la mia gioia riversata su di lui.
Questo è Ma Rea.
Serena Vestene
