EDITORIALE Millecolline. Svegliamoci!

Editoriale della domenica

L’Editoriale Millecolline

Pubblicato il 06/07/2025

Svegliamoci!

Non siamo in campagna elettorale per le prossime amministrative del 2027, anche se, su il Resto del Carlino del 29 giugno scorso, sono state dedicate ben due pagine a questo importante traguardo.

“I civici aprono il cantiere 2027 – “Siamo pronti a sfidare Lepore, con noi i sindaci della provincia”.

Questo il titolone per illustrare un primo confronto tra le diverse liste civiche che concorreranno, tenutosi presso la Villa Benni in via Saragozza, estendendo l’invito anche ai sindaci ed assessori dell’area metropolitana per “far sentire la voce dell’hinterland, spesso soffocata dalla visione “bolognacentrica” dell’attuale amministrazione”.

L’incontro è sembrato un particolare appuntamento tra ripetenti, insoddisfatti, emarginati, nostalgici di periodi propizi, non più ripetibili.

Non entrerò nel merito delle diverse considerazioni ed illustrazioni della cronista Rosalba Carbutti, che con dovizie informative ha reso molto bene il clima di questa anticipata rimpatriata del mondo politico militante (la voce diretta dei rappresentanti delle organizzazioni sociali, amministrative, produttive e commerciali).

Mi limiterò a considerare questo incontro preparatorio, di primi approcci ed opportune verifiche, come una nuova opportunità utile per qualche ragionamento (non da politologo, ma di buon senso).

I molti volti noti presenti non sono mai da considerare una garanzia. Il ritorno di tanti per riprovarci e per ottenere quel successo che non è stato conquistato nelle precedenti elezioni, è un altro segno non positivo.

È dal 1945, dalla nascita della nostra democrazia repubblicana, che le elezioni, momento cruciale per l’amministrazione politica e pubblica del Paese, ruota, fino alla naturale scomparsa, sulle stesse persone, sugli stessi schieramenti, su volti, apparentemente poco noti, su molti che nella politica hanno investito il proprio avvenire, la propria professionalità, il proprio successo di potenziali uomini e donne di potere.

C’è chi siede in Parlamento da 4 o 5 legislature. Li definisco gli abbonati al Parlamento. Godono di un tesserino speciale che si illumina ogni volta che lo si fa vedere.

Uomini di abilità invidiabili! Ma cosa rappresentano? I cittadini che li votano, chi sono?

Sono la povera gente, coloro che vengono sfrattati perché non hanno neppure da mangiare? Sono i disoccupati che la crisi occupazionale produce? Sono i giovani che vorrebbero essere presenti e protagonisti? Sono gli ammalati che vorrebbero una Sanità non come “servizio” di destra o di sinistra, ma, semplicemente, come impegno di un Paese civile, missionario della Salute di tutti noi?

E così per l’Educazione, l’Istruzione, l’Industria, l’Economia, la produzione tecnologica e scientifica? Questi rappresentanti politici (uomini e donne) chi li elegge? E perché questo unico fenomeno della professione politica è retaggio medievale solo in Italia?

E così anche per le organizzazioni sindacali (che non voglio considerare). Questo cantiere per le amministrative del 2027, oltre alle solite rivendicazioni e necessari rilievi su ciò che non ha funzionato nell’amministrazione Lepore, potrebbe essere una grande occasione per rinnovare un sistema di reclutamento che nessuno vuole considerare.

C’è un’abitudine nel nostro modo di fare politica: ci sono schemi ereditati che culturalmente si sono cementati nei nostri comportamenti ed anche nelle nostre convinzioni circa il senso di essere rappresentante di una Comunità, di una Società, di un Popolo!

Abbiamo due anni davanti a noi: questa potrebbe essere la buona occasione per usare il “cancellino” e riscrivere la storia elettorale in Italia.

Non parole da filosofo castellano, ma scritti pensati che considerino i padri della nostra Costituzione, i protagonisti del “pensare politico”, ed autori come Tocqueville, poco citato, ma che nessuno conosce, neppure quelli che, con autorità lo citano.

Siamo il Paese che legge le fotografie e guarda i titoli (il grande Flaiano) e continuiamo a leggere le fotografie e scorriamo i titoli. Quale alternativa a chi considera il fare come uno spettacolo equestre, come una visibilità discutibile, come un produrre senza alcuna progettualità ma di grande emotività, quasi come la mostra su Simenon?

Bisogna cominciare a considerare, seriamente, che non è la giovane età un valore privilegiato che qualifica l’eletto/a, ma la sua formazione culturale, d’istruzione, amministrativa, politica, pubblica.

Coloro che saranno candidati devono avere esperienze di lungo corso e conoscere bene il proprio territorio, la propria realtà su cui dovrà operare e governare.

Ed infine che sappiano parlare, cioè pensare: saper comunicare pensando, argomentando. Saper trasmettere cultura su ogni opportunità d’intervento, di scelte operative o di saper agire sulle dinamiche sociali, interpersonali, sui bisogni concreti di ognuno di noi.

Un altro grande illustre Statista, poco citato, Luigi Einaudi, nelle sue Prediche inutili, sosteneva “Conoscere per deliberare”.

Questo potrebbe essere il motto trasversale per la prossima campagna elettorale in modo da rendere Bologna, nuovamente, la città docet in ogni settore, riqualificando il progetto Metropolitano e riproponendo lo splendore della sua architettura, dei suoi monumenti, delle sue strade, delle sue tradizioni, della sua cultura artistica, della sua bolognesità, della sua antica e moderna Bellezza.

Franchino Falsetti

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