EDITORIALE Millecolline. Il malessere giovanile tra realtà e finzione

Editoriale della domenica

L’Editoriale Millecolline

Pubblicato il 03/03/2024

Il malessere giovanile tra realtà e finzione

Si rischia, oggi, di essere sempre approssimativi per la fluidità di come si presentano i problemi esistenziali o le problematicità culturali.

C’è anche il rischio di banalizzare ogni avvenimento perché la routine e la spettacolarità su ogni evento determinano quel grado di sufficienza, quasi di indifferenza, poiché non è più la cosa pubblica che condiziona la nostra vita, ma il mondo delle emotività, delle debolezze, delle fragilità.

Un mondo sempre più diffuso ed invadente.

Dobbiamo convincerci che siamo entrati nel secolo non dei benefici e del benessere, bensì del vuoto a perdere, ossia di un’Umanità priva di contenuti, di ideali, di valori determinanti e propositivi, insomma nell’Era dei conflitti o delle conflittualità.

Tutto ciò che prima aveva un senso oggi non l’ha più. A partire dalla necessità di sentirsi all’opposizione, dalla parte delle prove d’orchestra, dal disarmo sui contenuti forti, su ciò che può far ritornare la differenza tra “autorità” ed “autorevolezza”, recentemente oggetto di polemiche (su fatti intollerabili, perché non si vede più la realtà ma la si commenta, secondo proprie miopie politiche e sociali) ma non di chiarezza.

Queste parole che come altre si cancellano o si riprendono, non sono termini del dizionario, ma sintesi semantiche di valori, quei valori che sono stati vanificati e disprezzati e che nell’economia di una cultura pianificata (europea, d’occidente) diventa motivo di apparente distinzione moralistica e demagogica.

Questa Società contemporanea altamente frantumata non ha bisogno di prediche domenicali o di ripescaggi vintage, poiché è dichiarata malata e quindi dobbiamo cercare la terapia d’urto per guarirla.

Sarà molto difficile rifondare una democrazia che si pensava immutabile. Quella democrazia che da cinquant’anni ha evaporato i valori della Resistenza, della Costituzione repubblicana e di ogni corollario ad esse riferite.

Eravamo convinti che avremmo sempre fornito alle nuove generazioni la certezza del Futuro. E che avremmo potenziato le Istituzioni portanti di uno Stato democratico: la Scuola, la Sanità, il mondo dell’Impresa, dell’Industria, del Lavoro.

Questi fondamentali pilastri sono stati abbattuti come i famosi Buddha dalla furia forsennata dei Talebani.

Il malessere giovanile va inserito in questi contesti di precarietà e negazione. Vogliamo sembrare un paese moderno e abbiamo vissuto la tragedia della colonna infame del Covid-19 e post Covid, dove si sono consumate le nostre incompetenze, le nostre incapacità, la verifica di non essere quel popolo timorato di Dio, poiché anche la Chiesa ha mostrato la sua fragilità, la sua inconsistenza religiosa, il suo smarrimento verso ogni forma di conforto e di speranza cristiana.

Abbiamo vissuto nel terrore e questo ha modificato la visione della vita, i suoi piaceri ed i suoi entusiasmi nelle diverse forme lavorative e produttive. I giovani hanno vissuto una triste stagione perché gli adulti hanno agito come bambini, senza alcuna progettualità di rassicurazione per garantire una presenza “autorevole” capace di evitare il tampone d’emergenza ed essere piuttosto creativi sulle drammatiche crisi sociali emerse.

Ci siamo sentiti ingannati e sfruttati e la cultura della morte ha preso il sopravvento seminando il panico in tutta la popolazione italiana. Non valgono le giustificazioni dei bambini messi dietro la lavagna: questo periodo della Storia italiana sarà ricordato come gli anni folli di Nerone.

E i giovani, che già vivevano uno stato permanente di contraddizioni e di vacue promesse circa il loro precario Futuro, si sono travati oggetto di farneticanti provvedimenti, in particolare l’assenza totale della vita scolastica.

Le lezioni a distanza hanno modificato un pensare, un relazionare, la necessità di vivere insieme e condividere una esperienza di crescita e di maturità non solo scolastica, ma civile e culturale.

I fenomeni di bullismo, la piaga della dispersione scolastica, la violenza nelle scuole e la relativa contrapposizione tra studente e professore non possono far dire al Ministro le solite frasi fritte: manderemo gli Ispettori, è opportuno valutare le condizioni che hanno provocato certi episodi, lo studente deve essere allontanato dalla scuola, “i giovani usino lo spirito critico come arma per la cambiare la storia”, a proposito delle occupazioni nelle scuole. Ma cosa vuol dire?

L’età dei conflitti, questa è la parola da usare e considerare, non si affronta con il pensiero del burocrate o con le relazioni degli Ispettori.

In diverse occasioni ho ricordato che, non muore solo l’uomo, ma muoiono le Istituzioni, i regolamenti, le direttive, il mondo della nostra quotidianità, le Civiltà che hanno garantito la continuità del genere umano e del suo ambiente.

La risposta per i giovani non è lo psicologo (“Uno studente su tre è fragile”) o professori disponibili per far fronte alla dispersione scolastica, o altre figure specializzate per l’Ospedale Scuola che abbia le sue corsie con stanze a 4 o 8 letti! È necessario rifondare la Società italiana con il contributo di tutti.

Nessun tipo di schieramento è ammesso. Tutti responsabili e tutti con gli stessi obiettivi: qualità della vita, qualità educativa e d’istruzione: i giovani devono ri-diventare protagonisti del sapere e dell’apprendimento. Devono essere inseriti in contesti di qualità formativa ed accademica. Bisogna riformare gli ordinamenti scolastici. Dare ai giovani la certezza che la Scuola ha un senso, una sua specifica finalità, cioè quella di contribuire alla costruzione del Futuro.

Viviamo il tempo delle destrutturazioni in ogni campo della vita produttiva.

In Olanda nasce la diffusa richiesta di non far niente. Il consumismo ha appiattito ogni valore e il valore principe è il consumare fine a sé stesso. Nessuna educazione a scegliere e a finalizzare. Tutti onnivori per soddisfare gli stimoli condizionati e divenire un potenziale malato di diabete.

In queste settimane i giovani tornano alla ribalta come vandali di opere d’arte (ultima generazione contro il degrado ambientale e dell’ecosistema), come “violenti” contestatori nelle scuole; come violenti picchiatori contro la polizia o viceversa, come “classe” sociale fragile e bisognosi di sostegni permanenti, poiché ammalati di assenza della Società.

In questi giorni si sono scritte pagine infinite per discutere dei “manganelli” usati su ragazzi (quasi bambini), su degli studenti in libera uscita. Questo noi dobbiamo leggere per non capire e non risolvere i problemi: la retorica dal tempo di Cicerone è l’arma dei deboli e dei voltagabbana.

Mi auguro, che al di là di commentare fatti di cronaca che si ripetono da oltre 25 secoli, si possa tutti ritornare a studiare e a provvedere alla Rinascita dell’Italia e del popolo italiano.

                                                        

                                                                               Franchino Falsetti

 

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