EDITORIALE Millecolline. Abbiamo dimenticato

Editoriale della domenica

L’Editoriale Millecolline

Pubblicato il 25/02/2024

Abbiamo dimenticato

Gli esordi sono sempre quelli perché la vita non cambia ed in Italia tutto si ripete fino alla disperazione.

E per esordi intendo l’ossessiva ripetitività di ciò che ogni giorno leggiamo, l’obbligatorietà di attingere tutti dalle stesse fonti d’informazione.

Alla fine ripetere, senza alcuna riflessione, ciò che riusciamo a copiare dalle varie agenzie, dalle elucubrazioni di qualche pennivendolo tuttologo, che ci racconta le favole del giorno per narcotizzarci.

Dicevo, tutto si ripete e tutto ci annoia mentre la burocrazia sta lentamente, ma, inesorabilmente eliminando i nostri diritti.

Anzi nel mondo Occidentale è in atto una inversione di rotta: dai troppi doveri ai troppi diritti; dall’abuso dei diritti alla evaporazione dei doveri.

Cioè un ritorno all’ubbidienza penalizzante ed alla sottomissione mascherata di leggi imposte per un ritorno ad uno schiavismo “democratico”, cioè illudere di essere liberi nelle scelte e nella nostra programmazione di vita.

Ci siamo dimenticati della libertà.

Si pensa di imporre la regola dei 30 all’ora, ma ci si dimentica della libertà, cioè di verificare non i dati elettorali, ma l’unità di un Piano regolatore che armonizzi le scelte e qualifichi il benessere di tutti.

Non è un divieto che modifica il nostro comportamento e non sono solo le bugie istituzionali che possono giustificare scelte scellerate o prive di architetture urbanistiche. Non possiamo accettare più che la demagogia salga in cattedra e che allievi imberbi siano i difensori salutisti ed intoccabili.

La democrazia vuol dire governo del popolo, governo partecipativo, governo le cui decisioni siano condivise in maggioranza e per il benessere dei cittadini e non per aumentare il grado di invivibilità e di ostilità all’interno di una Comunità in cui tale diritto-dovere viene esercitato.

Il XXI secolo si è caratterizzato di questa sotterranea disubbidienza civile, direi disubbidienza ad ogni autorità, soprattutto quella parlamentare.

Ci siamo dimenticati di applicare le leggi. Viviamo secondo l’arbitrarietà di alcuni tribunali (o singoli PM) che invece di applicare la legge la interpretano, ma in senso politico non in senso legislativo. Mi riferisco a recenti episodi denunciati sulla stampa nazionale.

Ci dimentichiamo come è organizzato uno Stato democratico. Le varie Istituzioni, i vari poteri previsti non devono agire come satelliti autosufficienti, ma come corollari di una Centralità che si chiama Stato, Parlamento, Nazione, Patria.

Ci siamo dimenticati della Costituzione.

Non l’applichiamo ma vogliamo modificarla. Anzi cancellarla!

Parliamo di autonomia senza avere cultura e formazione su questa importante opportunità democratica. Imitiamo di Stati Uniti d’America ma non abbiamo la stessa storia e neppure le stesse esperienze.

Un Grande paese che ha copiato dall’Europa e poi ha condizionato l’Europa come potenza economica, industriale, militare e culturale.

Abbiamo voluto essere americani, come la famosa e satirica canzone di Carosone, dimenticandoci di essere italiani, eredi di una Cultura millenaria che ha dato, in ogni campo delle attività culturali e produzioni tecnologiche e scientifiche le basi delle Civiltà moderne.

I primati italiani non sono eguagliabili e il mondo intero parla italiano (dall’arte alla musica, dal teatro al cinema, dalla letteratura alla poesia, dalla scienza alle produzioni industriali, tecnologiche, scientifiche ed economiche).

Ma tutto questo riempie le pagine delle riviste di statistica o dei libri di micro e macro economia.

Abbiamo dimenticato la nostra Storia, il nostro primato educativo, i nostri modelli scolastici.

Vogliamo il Made in Italy ed è stato un fallimento senza eguali. Pensiamo di essere unici su questa terra e collezioniamo catastrofi di ogni tipo, mentre l’orgoglio provinciale vuole il ponte sullo Stretto.

L’Italia, in questi decenni è stata svenduta agli stranieri, non solo quelli che vengono con le carrette, ma quelli che con i loro investimenti hanno comprato i nostri territori, Castelli, marchi della nostra florida industria (quella del famigerato ventennio) che abbiamo preferito cedere per sentirci meno fascisti!

Perché questo io penso delle fabbriche storiche come: Giotto, Fila, Prebistero, Perugina, ed altre. Le nostre produzioni industriali. I territori più belli della nostra Italia sono in mano a cinesi, russi, americani, tedeschi, francesi. I nostri pacifici invasori del XXI secolo.

Come è possibile parlare italiano, quando nelle nostre scuole non si parla se non una comica imitazione? 

Inutile avere La Crusca o la Treccani, quando sono solo registratori di cassa. In Italia anche la lingua italiana è un optional: è uno strumento non per comunicare o meglio pensare per comunicare, ma un elenco cripto per la messaggeria dei telefonini e per imparare dagli inglesi ad indovinare il pensiero che si vuole esprimere.

La lingua itanglese ha storpiato e reso ridicolo l’uso della nostra identità linguistica.

Questi sono i maggiori limiti della cosiddetta locomotiva Italia, limiti che si ripetono, con alterne vicende, dall’Unità d’Italia e non troveranno mai soluzione (come il divario sempre più crescente tra Nord e Sud) se invece di dimenticare cominciassimo a ricordare per fare, per ricostruire, finalmente, il sistema anzi la società italiana.

                                                                                                                                      Franchino Falsetti

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