EDITORIALE Millecolline. Il consumismo è l’antidoto alla ribellione

Editoriale

L’Editoriale Millecolline

Pubblicato il 12/11/2023

Il consumismo è l’antidoto alla ribellione

Può sembrare un’ovvietà! Se ne parla da oltre mezzo secolo, da quando anche alle nostre spiagge arrivò il boom economico. E l’Italia cambiò rapidamente adeguandosi alle mode ed ai nuovi imperativi morali e materiali.

Ci furono gli ultimi episodi da fronteggiare con il terrorismo e la violenza inaudita degli attentati ai servitori dello Stato nel nome di uno spirito rivoluzionario che proveniva da altre culture e con mire di trasformare l’Italia in una colonia cinese o sovietica in una geografica politica ormai ridotta ad una bandiera rattoppata sventolante in alcuni paesi recidivi delle Americhe latine.

Il Cile fu l’ultima resistenza che si consumò nella difesa degli ideali democratici e delle cristiane tradizioni.

Era ancora presente il credo laico di popoli evoluti che avevano capito tutti i rischi del cosiddetto capitalismo ed il ritorno di una nuova borghesia dominante che andava sostituendo ogni dignità, ogni diritto umano, ogni individuale affermazione, ogni libertà di sognare modelli di vita differenti (vedi la morte delle utopie).

Il mondo sembrò dividersi di nuovo in blocchi in cui si delineavano nuovi sistemi demolitori dei nostri destini. Tra questi “Convitati di pietra” della Contemporaneità si sarebbe seduto il mondo della malavita, dell’illegalità, dei fabbricatori di morte.

Da decenni che si combatte questa serpe velenosa, ma ci si scontra con un muro di gomma perché la “Piovra” ha tentacoli invisibili e talmente radicati nella società civile che sarà il male del XXI secolo con tragiche conseguenze.

I Potenti della Terra hanno perso la loro lucentezza, la brillantezza del potere. Si sono mescolati ed hanno mescolato i marchi generazionali di grande tradizione industriale e produttiva. Eliminando le diversità sociali, hanno eliminato le diversità di mercato.

Tutto deve essere livellato a senso unico (globalizzazione) e non deve esserci più concorrenza, emulazione, competitività. Un mercato universale per soddisfare le prime necessità del vivere.

E così nasce il consumare senza pensare. Il pensiero unico. Un’unica soluzione, obbligata, per vivere.

E questi modelli di omologanti, nel tempo, si sono estesi in ogni settore virale dell’organizzazione di una società democratica (dalla scuola, alla sanità, dalla politica, alle Amministrazioni, dagli Organi di Difesa, ai Coordinatori territoriali, di assistenza e protezione civile…).

Una silenziosa rivoluzione dove il più debole ed indifeso resterà l’Uomo (nei suoi millimetrati genere e sotto genere).

Questa “livella” universale ha addormentato lo spirito libero e la naturale contestazione di fronte a queste imposizioni anticamera di ogni ingiustizia, maltrattamento, segregazione ed emarginazioni.

Si sono scoperti valori come: accoglienza e solidarietà, ma è un nuovo mercato dei buoni sentimenti, forme mascherate per costruire una scala dei valori, una sorta di slogan pubblicitari. Anche la povertà ed i miserabili sono fonti di ricchezza.

In questi ultimi vent’anni si chiusero migliaia di fabbriche ed imprese e milioni di lavoratori furono stai licenziati.

Le loro contestazioni erano la riproposizione dell’antiche sfilate: cartelli, urla, tamburi, fischietti e bandiere. Qualche timida occupazione, sitting davanti al Ministero del Lavoro e poi tutti a casa. Ci sono i problemi di ogni giorno: provvedere al mantenimento della famiglia, pagare le bollette, fare la spesa, trovare qualche nuovo motivo (economico) per andare avanti.

Tutto nell’indifferenza dei più fortunati, dei governanti, persino dei sindacati. A proposito che senso hanno ancora queste organizzazioni nel radicalismo sociale di oggi e domani?

Un esempio scandaloso fu la decimazione prodotta dal Covid (con qualche suicidio), di migliaia di risorse economiche per l’Italia e per il benessere di tutti. Ed anche qui tutti tacquero.

Si aspettavano i finanziamenti europei! E sappiano le puntate successive. Perché questa continua spettacolarizzazione del disagio, dell’impotenza, della rassegnazione, del dover quasi sorridere dopo le disastrose alluvioni? Il fatalismo al posto della rivoluzione. Tanto purché se magna! L’automobile e le pizzerie hanno sostituito la difesa della propria dignità morale, civile e religiosa.

A quando una disobbedienza civile per riportare i primati dell’Italia, le sue gloriose fabbriche ed industrie?

“La comunicazione ideale secondo Habermas – non so se lo pensi ancora, ma fino a due anni fa lo pensava – è quella che porta verso il consenso, ma il consenso significa che tutti la pensano allo stesso modo”.(Zygmunt Bauman, Il buio del postmoderno, 2011)

                                                               Franchino Falsetti

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