Le parole dell’Arte: Body Art

Una parola importante nel panorama della Performance Art

Body Art (per consultare i termini già pubblicati su Millecolline cercate su “Le parole dell’Arte”) 

Pubblicato il 12/11/2023 

Body Art

Nell’ambito delle diverse esperienze di Performance Art degli anni sessanta e settanta (del secolo scorso), la cosiddetta Body Art comprende tutte quelle ricerche di artisti che utilizzano il proprio corpo direttamente come “materia espressiva”. (a)

L’arte si fa corpo.

Non si utilizzano i “vecchi arnesi dell’arte”, non si ripetono più le stesse esperienze, si vuole trasformare, un po’ come fece per primo il dissidente Duchamp: ogni oggetto della realtà poteva diventare un oggetto d’arte, bastava rompere la sua funzione primaria: la sedia non per sedersi, ma come oggetto di arredamento; la penna non per scrivere, ma come oggetto che occupa un certo spazio di piacevolezza estetica, e così via per ogni oggetto della quotidianità.

Tutti possono esprimersi artisticamente al di là della loro funzione. Nuovi elementi materici su cui imprimere la propria volontà, rendendola “materia espressiva”.

Chiara Morini

Nella Body Art, l’artista intende sottolineare il proprio corpo, non solo per dipingerlo, ma anche per compiere violenze estreme come farà Chris Burdeu (Boulogne – Saint- Seine 1938).

Le performances più note sono quelle di Vito Acconci (italo-americano – New York 1940 – 2017, padre della Body Arttyio), esponente di rilievo, “poiché risultano sempre auto indagini sul corpo utilizzato come concreto sperimentale anche con valenze masochistiche e freudianamente regressive”. (b)

Vito Acconci

Questa arte ha coinvolto tanti artisti sia uomini che donne del movimento femminista.   

“Al pari di Artaud, molti d questi artisti vogliono provare tutte le possibilità che ci sono date per conoscerci per mezzo del corpo e della sua perlustrazione. […] Questi artisti non sceneggiano la storia di un personaggio, ma diventano essi stessi la storia e il personaggio. Cercano l’uomo –umano, che non castrato dal funzionalismo della società, l’uomo che sfugge al concetto di profitto. L’importante non è sapere, ma sapere che si sa.

È uno stato in cui la cultura non serve più a niente” […]. (c)

Questa ultima considerazione del geniale critico Lea Vergine, mi sembra fortemente significativa per capire le forme degenerative e gli sviluppi senza limiti avvenuti in questi ultimi trent’anni (come la scarnificazione dei cadaveri, trattati come viventi).

 

  1. Martina Corgnati – Francesco Poli, Dizionario d’arte contemporanea, Milano, Feltrinelli, 1994
  2. Corgnati, F. Poli, Dizionario dell’arte del Novecento, Milano, Mondadori,2008
  3. Lea Vergine, Dall’informale alla Body Art, Gruppo Editoriale Forma, Torino, 1983

 

 

                                                                       Franchino Falsetti

 

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