EDITORIALE Millecolline. Le parole sono come il vento

Editoriale

L’Editoriale Millecolline

Pubblicato il 05/11/2023

Le parole sono come il vento

Ci siamo! Adesso possiamo riprendere le parole infette delle Cassandre italiane ed europee. Il mondo delle antiche Civiltà è entrato, ufficialmente, nel suo tunnel di decadenza e di buio senza attenuanti.

Il titolo non è un’equazione, ma il sottolineare con la vecchia matita rosso e blu, che le parole possono essere vane, ma in questi tempi in cui ritornano i Cavalieri dell’Apocalisse, le parole che abbiamo letto e stiamo leggendo sono come il vento perché un tempo furono inascoltate ed oggi sono foriere di tempeste distruttive non più isolate ma diffuse come il gioco del domino.

In Francia è ritornato l’antisemitismo, così in Germania ed in Gran Bretagna. In Italia con ebrei illustri che hanno scritto gli orrori dell’Olocausto, premiati e conosciuti dal mondo politico, scientifico, letterario e scolastico come Primo Levi, Rita-Levi Montalcini, Liliana Segre (senatrice a vita), l’antisemitismo manifesta il suo odio nelle principali città italiane.

A Roma città capitale politica con il Vaticano accanto, sono state profanate le pietre d’inciampo davanti alla Sinagoga e le manifestazioni di piazza a Bologna, Milano, Roma urlano la parola Pace ma sostengono i Palestinesi e bruciano le bandiere dello Stato d’Israele.

A Parigi l’infamia antisemita ha riproposto le stelle di David su case e negozi di ebrei.

C’è chi ha scritto sul quotidiano la Repubblica un’opportuna riflessione dal titolo: Il ritorno della peste. Ma non è sufficiente.

Ciò che preoccupa e spaventa, dopo migliaia d’incontri nelle scuole italiane per parlare di Resistenza, di antisemitismo, di odio “razziale”, di “mai più le atrocità naziste, mai più campi di sterminio, mai più persecuzioni verso gli ebrei, i deboli, i minorati, gli handicappati, i “diversi”, l’umanità emarginata e senza identità sociale e civile”.

Ebbene in questi giorni di guerre sanguinose nel medio Oriente, dove non vengono risparmiati nemmeno i bambini, in molte città italiane la piazza torna ad essere luogo di odio e di terrore.

Sul quotidiano il Giornale di domenica 29 ottobre 2023, si leggono articoli e titoli come: “È il corteo dell’odio (manifestazione a Roma). Inni all’Intifada” e insulti alla Meloni. Rimossa la bandiera con la Stella di David. Gli attacchi del 7 ottobre sono del tutto dimenticati. “Tutta colpa di Israele”.

Ed ancora: ”L’antisemitismo ora si infila nelle scuole. Lezioni politicizzate. Uno studente ebreo nel mirino del prof”.

“Un insegnante tiene discorsi contro lo Stato ebraico e addita uno dei ragazzi. E a Padova un alunno si traveste da SS. Premiato ”Il Ministro Valditara: “Ci siamo attivati, nessun spazio per la discriminazione”.

Questi alcuni titoli espliciti, altri quotidiani di orientamento negazionista rendono meno efficaci le agitazioni del mondo studentesco e del mondo politico. Adesso si ritorna a parlare di governo fascista e di altre assurdità che muovono le parole della democrazia ed allarmano l’intero mondo civile dell’Occidente (compreso gli Stati Uniti).

Ma al di là di come la carta stampata ed i mass media stanno seguendo queste nuove bestialità e rancori millenari di Stati sempre in guerra, ciò che mi ha stupito è che i nostri giovani negli incontri con i sopravvissuti dell’ultima guerra mondiale, quelli usciti dai campi di sterminio, i protagonisti della Resistenza fino a qualche anno fa ancora in vita, che cosa hanno prodotto? Aule universitarie strapiene di studenti per ascoltare le testimonianze della Segre ed ancora prima quelle di Primo Levi, a cosa sono servite?

Ma gli studenti di ogni ordine grado che partecipavano così numerosi (con i loro insegnanti) cosa ascoltavano? Erano solo presenti (fisicamente) a questi mirabili incontri di sofferenze e di insegnamenti per una vita migliore, per un’educazione del rispetto e per una Nuova Società capace di comprendere la cultura dell’altro e della convivenza pacifica e fraterna.

Gli episodi di intolleranza e le manifestazioni di odio razziale (non etnico) dimostrano che erano esperienze che servivano per usare il modello dell’apparire, dell’effimero, dello spettacolo.

Molte fotografie, molti selfie, domande precotte, sentirsi gratificati come quando fosse intervenuto Robert De Niro o Pupi Avati. Visti e dimenticati.

Un triste fallimento per chi ha sostenuto la cultura della scuola aperta, dell’offerta formativa, della scuola laboratorio, della scuola come partecipazione, della scuola come formazione, della scuola sensibile alla storia recente ed all’ascolto delle parole di Maestri di Vita che la Scuola, in particolare, ha, di fatto, scritto sulla sabbia.

 

                                                                   Franchino Falsetti

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