Studio Segreto, il testo critico di Franchino Falsetti

Il 7 ottobre il nostro Franchino Falsetti ha visitato la mostra

Studio Segreto, dieci artisti in mostra a Bologna

Pubblicato il 18/10/2023

Dopo la nostra pubblicazione relativa all’inaugurazione della collettiva bolognese Studio Segreto raccolta in Sala D’Ercole abbiamo il piacere di pubblicare anche la nota critica di Franchino Falsetti.

Studio segreto    

È una Mostra che, per alcune considerazioni che farò di seguito, si presenta originale.

Dieci artisti, dieci docenti dell’Accademia delle Belle Arti e Liceo Artistico che invece di ritrovarsi in una Pizzeria, decidono di mettere insieme la loro maturità artistica, la loro esperienza, lo schema libero delle loro creatività ed il senso liberatorio nascosto nelle loro opere.

Questa mi sembra un’originalità che suggerisce anche come sia possibile uscire dal didatticismo professionale e certi percorsi legati all’insegnamento.

Entrando nella Sala d’Ercole (dove è esposta la Mostra) ho avuto l’impressione di trovarmi di fronte a modelli “speculari”. L’allestimento, volutamente, studiato non per meravigliare ma per entrare in una quadreria privata, appunto in uno Studio Segreto.

Si entra in uno Studio dove vive segreta l’arte e questa si manifesta non come ornamento o sovrastruttura, ma come ricerca di atmosfere, di emozioni, di sogni, come figurazione comunicativa del rappresentare anche l’intimità più profonda del sentire.

È una Mostra non di saggi, ma di artisti che, nelle loro diversità formative, hanno cercato di coniugare il passato con il presente.

Il mondo di ieri e la Contemporaneità. L’aggettivo segreto, potrebbe avere un doppio significato: quello di considerare l’arte priva di vincoli o di mode; pensare l’arte come linguaggio nascosto che aspetta la sua eclissi, cioè quella particolare scintilla che possiamo chiamare “finzione rappresentativa”.

Ho notato, quindi, una certa trasversalità che più che caratterizzare una collettiva, esprime armonie di coralità ideative ed espressive.

Mentre giravo, con curiosità, questo piccolo labirinto di immagini di un immaginario di mondi solitari e dei suoi oggetti nella loro casualità od identità, ripescavo, nella mia memoria, una massima sull’arte di Goethe che mi ha offerto spunti per cogliere meglio la poetica che si respira in questo Studio Segreto: “L’artista sta al disopra dell’arte e dei suoi oggetti: al di sopra dell’arte, perché l’adopera ai suoi fini, al di sopra degli oggetti perché li tratta come egli vuole”.

I mondi qui rappresentati non si intrecciano, si muovono autonomamente perché specchio di personalità artistiche differenti, anche se l’unità è possibile coglierla nello stile poliritmico e polisemico delle loro scelte tematiche.

Uscendo mi sono rivolto indietro chiedendomi se era tutto finito.

Il discorso delle figurazioni si è interrotto bruscamente: per ragioni di ordine alfabetico, il catalogo si apre con “La passeggiata” di Lidia Bagnoli, ma questo potrebbe essere l’incipit del nostro volume artistico, un esordio di evasione, di “paesaggi” artificiali, di camminare per rompere le staticità che ci opprimono.

E sempre il catalogo chiude con le funamboliche sperimentazioni tra realtà e sogno di Enrico Mulazzani. E qui sembra chiudersi il discorso. Sono rimasto immobile girando ancora gli occhi in modo rapsodico sui vari frammenti di scrittura del vedere la realtà concreta ed invisibile (intima), dove anche le sculture di Gualandi sembrano interrogarsi sul suo isolamento provinciale.

Tutti questi artisti non sono i famosi “dieci piccoli indiani”, ma nascondono segreti come la famosa “Incompiuta” del geniale Schubert: la forza della sensibilità rende la polifonia delle forme, dei colori e della composizione l’essenza e non il medium per considerare l’arte un percorso biografico della nostra Vita.

 

                                                          Prof. Franchino Falsetti

                                                          Critico d’Arte – Bologna

Bologna, 7 ottobre 2023

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