Editoriale
L’Editoriale Millecolline
Pubblicato il 16/04/2023
L’uomo contemporaneo ha cambiato i suoi modelli di vita
Non solo in Italia ma in ogni angolo della Terra dove l’uomo respira ancora l’alone della propria civiltà, le tracce visibili del cambiamento hanno fatto sbocciare i fiori di una nuova umanità.
Il segno stigma di questo nuovo processo non caratterizza quel desiderato ritorno all’ “umanismo” delle rinascite, delle riconquiste valoriali ed intellettuali, piuttosto, alla filosofia dell’abbandono, della rinuncia, della negazione, della cancellazione. Tutti termini che un tempo valevano per le cose materiali, oggi valgono anche per quelle morali, etiche, religiose.
Un esempio, tra gli ultimi, più inquietante ci è fornito dai terribili tre anni di Covid e relativa Pandemia.
Tranne qualche libertà ad effetto virtuale come la famosa passeggiata solitaria nel silenzio e nel deserto della piazza di San Pietro in Vaticano dall’enigmatico papa e locali preghiere di qualche timoroso sacerdote, l’uomo contemporaneo (puro prodotto del consumo e della globalizzazione) ha accettato ogni imposizione, restrizione della sua libertà, ogni limitazione di protesta, per rivolgere, con terrore, l’attenzione su sé stesso, sul suo stato di salute a costo di alimentare gli istinti più primitivi della sopravvivenza.
In questa dimensione della solitudine provocata dalle istituzioni pubbliche, dal nostro Parlamento, l’uomo contemporaneo ha inciampato nei luoghi dell’abisso della morte senza avere la giusta consolazione degli affetti ed il calore dei propri cari.
In tutta questa tragica e pandemica situazione l’uomo contemporaneo, moderno, bionico, virtuale non ha rivolto gli occhi verso il cielo: non ha rivolte preghiere, non ha cercato alcuna protezione divina. Anzi da molti settori ideologici si diffondeva che eravamo stati colpiti dalla maledizione di Dio. E quindi era inutile pregarlo.
Mentre le chiese si svuotavano e non si celebravano neppure i precetti fondamentali. Io sono stato e sono testimone a Bologna di Chiese letteralmente chiuse ed altre private delle solite panche ed inginocchiatoi. Un deserto delirante. Un abbandono desolante. In quel dannato periodo siamo rimasti senza Dio.
L’uomo contemporaneo stava vivendo un’esperienza senza precedenti e senza aiuti e sollievi non solo materiali (vedi i mirabolanti vaccini) ma morali per sentirsi ancora utile, ancora Uomo/Donna in piena dignità nella sua tormentata fragilità.
Ma alla fine ha prevalso la mutazione antropologica avvenuta in questi ultimi decenni: vivere come se fosse l’ultimo giorno.
Ma vivere senza credere, senza aver fede in nulla.
Ognuno ha preferito la propria solitudine, la propria disperazione.
Hanno tutti creduto nel miracolo della scienza e dei suoi imbonitori. Siamo stati soggiogati per oltre due anni in un martellamento quotidiano dei mass media: i messaggi erano di annientamento della personalità di ognuno di noi. Siamo stati considerati solo delle provette e carne da macello.
In un attimo ci siamo ritrovati servi, nuovi schiavi dello scientismo e del falso buonismo dei governanti.
All’uomo contemporaneo è mancata la Parola, quella particolare comunicazione che viene dai sentimenti, dal rispetto, dalla considerazione che tutti siamo esseri umani e tutti avremmo potuto sentirci protagonisti del nostro destino nella coralità della preghiera, nel sostegno della solidarietà, nel garantire a tutti la buona morte secondo la cultura e la religione dei vari popoli.
Oggi abbiamo condizioni diverse ma il contagio non è stato debellato. Si gira ancora con la mascherina ( altro palliativo ) e molte sono ancora le prevenzioni e prescrizioni.
È certa che questa terribile esperienza ha condizionato il genere umano e per la prima volta l’uomo contemporaneo ha preferito non ascoltare il suo cuore e sostituire la parola Fede (Dio)
con la parola Salute (Vaccini).
“In questi ultimi secoli di globalizzazione religiosa legata alla societas cristiana, abbiamo smarrito la fede e siamo tornati a essere una religione, abbiamo riacquisito un linguaggio religioso e perso quello della fede. La fede significa la manifestazione di Dio nella nostra umanità, un’umanità teofanica”. (Marko Ivan Rupnik, gesuita sloveno, teologo, artista mosaicista, docente)