Editoriale Millecolline. Un prof. che ha lasciato un segno nei suoi studenti

Editoriale

L’Editoriale Millecolline

Pubblicato il 12/03/2023

Un prof. che ha lasciato un segno nei suoi studenti

Sembra una pagina del libro “Cuore”.

Su La Stampa del 4 marzo scorso al prof. Umberto Gastaldi, ex docente di filosofia al Liceo Gobetti di Torino, è stata dedicata un’intera pagina per riproporre una significativa e commovente intervista.

Il fatto: i compagni di una classe mista del liceo Gobetti di Torino (anno scolastico 1979-80), si sono messi in contatto per rintracciare il loro professore di cui non avevano più notizie. Lo hanno rintracciato in un ospedale di Vicenza, ricoverato per Covid. Il prof. Umberto Gastaldi pensionato. Ha 82 anni. Tutto è nata da una sua ex studentessa, Nicoletta Bertorelli, che volle connettersi su Facebook per “condividere una frase del suo professore che le era tornata in mente: -”Non si può suscitare l’interesse per la filosofia. Mi accontento di non spegnere l’interesse che c’è”. (dall’articolo di Simonetta Sciandivasci).

Avendo verificato che da diversi giorni non era attivo l’account del prof, fece partire un tam-tam di immediata efficacia. Tutti alla ricerca del professore e in poco tempo lo rintracciano in un ospedale di Vicenza. Da alcune settimane i suoi ex studenti sono i suoi angeli custodi.

Commento: come dicevo all’inizio sembra una pagina del libro “Cuore”, dove oltre gli insegnamenti ricevuti da ricordare si esprimono quegli affetti, quella riconoscenza e stima che innalzano la figura dell’insegnante e lo rendono determinate per l’educazione e la formazione. Nella lunga intervista molti sono i punti che riguardano il futuro della scuola ed i relativi contesti che l’hanno cambiata. Anche se il prof. Gastaldi si dimostra ottimista.

Alla domanda: -“E’ preoccupato per il futuro della scuola?” Così risponde: -“A me piace la tecnologia. Mi affascina l’informatica. Ma ho paura che, per dar spazio a queste cose, se ne tolga all’umanità, all’improvvisazione, alla creazione. La scuola è e deve rimanere il luogo dell’invenzione di sé stessi, perché è lì che avviene il nostro primo incontro tra noi e mondi sconosciuti “.

Una intelligente e pedagogica risposta che risponde al suo filosofare, ma ad una sicura visione prospettica della vita. Quella che in questi ultimi decenni è scomparsa.

Questo professore non è un Pécuchet  contemporaneo, è forse uno dei silenti “combattenti” che ha ancora la vocazione dell’insegnamento e di aver a cuore i suoi ragazzi non per organizzare “maratone”  per diffondere un dopobarba o una cipria notturna, ma per renderli responsabili e coscienti del tempo che vivono e di trasmettere a loro, soprattutto, gli strumenti e le conoscenze di difesa e di comprensione di ogni insidia malevola alimentata dalle condizionanti fenomenologie dell’assenza del pensiero e del pensare.

Il professore, alla domanda sempre della giornalista curatrice del servizio, se “lei è protagonista di una magnifica storia d’amore”. Così risponde: -”No. Platone diceva che l’insegnamento è un rapporto. E aveva ragione: è un rapporto di conoscenza, e conoscenza è un esercizio d’amore “.

Mi sembra che la sua filosofia, la sua visione della Vita stia tutta in questa superba frase. Non c’è amore, se non c’è come si intendeva un tempo la vocazione all’insegnamento, non c’è conoscenza, non c’è formazione, non c’è maturità.

E inoltre la filosofia ci aiuta a capire l’esistente senza ansie e paure.

Come ci ricorda una rara intelligenza della nostra intellettualità Maurizio Ferraris, in un magistrale articolo dal titolo “Perché abbiamo bisogno della filosofia” (La Stampa.21 febbraio 2019): “E’ bello e utile capire cosa c’è nel mondo, cosa sappiamo di quello che c’è e cosa possiamo fare rispetto a questo mondo”.

Pertanto, senza trarre alcuna conclusione, per non rendere sola astratta o solitaria (intima) questa antica disciplina della conoscenza è necessario non dimenticare che pensare si traduce nel fare ed i bisogni della vita “impongono progetti del fare, dell’agire, di rendere fruibile quel sapere che vive dentro di noi”.

Invidio i suoi ragazzi per l’amore che hanno verso di lei e per aver acceso quella fiaccola di Verità che arderà sempre nei loro cuori.

                                                                                                                                                                                                   Franchino Falsetti

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