Editoriale Millecolline. Non possiamo ricordare un anno di guerra

Editoriale

L’Editoriale Millecolline

Pubblicato il 26/02/2023

Non possiamo ricordare un anno di guerra

In questi giorni del conflitto russo-ucràino ne parlano solo i mass media, in particolare i soliti giornalisti disseminati in ogni emittenza pubblica e privata. Martedì scorso il Corriere della Sera ha confezionato un esclusivo dossier intitolato “Guerra” con un sottotitolo (geopolitica + storia + economia).

Non sono uno storico, né intendo soffermarmi su dati di cronaca o sui racconti degli inviati (da 0 a 90 anni), nei sui vari reportage o documenti “cantati” sempre dall’esercito parallelo dei giornalisti d’occidente, perché siamo di fronte a schemi preconfezionati del format favolistico o se si vuole di rendere questa tragica guerra un contenzioso retorico dove non prevale la Verità ma lo stile del passa parola. Abbiamo vissuto un anno leggendo e guardando tutto per non capire niente. Come sosteneva il grande filosofo Vico che: l’uomo fa tutto senza comprendere (Ferraris), di conseguenza leggiamo, vediamo senza capire nulla. Non è una forzata equazione è un’amara constatazione che faceva dire ad un altro geniale intellettuale Ennio Flaiano che “gli italiani guardano i titoli e leggono le fotografie”. Si legge in questi giorni che, a seguito di una ricerca compiuta all’Università La Sapienza di Roma, che un bambino su cinque non è capace di scrivere in corsivo. Un dato su cui riflettere molto su come noi apprendiamo, sui contenuti che ci vengono imposti per l’apprendimento, su come conosciamo e capiamo non solo realtà concreta, ma ciò che muove i segreti ingegni del potere dell’uomo sull’uomo.

La guerra russa-ucràina inizia nel 2014 e non all’alba del 24 febbraio del 2022. Una storia lunga, dove i giostrai non sono stati i russi, ma gli americani, insieme alla NATO che ha installato le sue basi missilistiche nei paesi ex sovietici, hanno fatto nascere un governo fantoccio, fino ad arrivare all’ex comico che ha rotto le uova nel paniere, trascinando in questa guerra da Orlando il furioso l’intera Comunità europea non per arrivare alla Pace, ma per alimentare una guerra di potere non solo tragica ma sanguinaria, con atrocità d’ambo le parti inenarrabili.

Per raggiungere la Pace bisogna capire e non lasciarsi guidare dalla letteratura con cui i giornalisti hanno disegnato, commentato e tuttora commentano, paragonando, per esempio, questa “improvvisa” aggressione russa sul mite stato della Ucràina come l’attacco dell’11 di settembre 2001, che cambiò il ruolo degli USA e il modo di vivere dell’Occidente.

Qui, in questa guerra delle beffe, cosa cambierà il mondo una volta finita? Abbiamo solo mostrato i muscoli cartapesta e non d’acciaio, perché troppi intrecciati sono gli interessi della mobile geopolitica e dell’economia mondiale.

Perché nessuno ha indicato negli USA il ragno tessitore di questa guerra da soldatini di piombo? Sono morti oltre 100 mila soldati russi per quale motivo? Per soddisfare mania di espansione, di avidità, di ritorno a vecchie forme imperialiste, zariste? I giornalisti hanno raccontato alla Verne una storia alla Michele Strogoff o quella più rivoluzionaria di Pugaciòff.

Non sono molto calanti ma dànno l’dea delle animosità guerresche e dell’eterna insoddisfazione verso la legalità, la cooperazione e la convivenza sociale e politica.

Il grande filosofo francese, dall’alto dei suoi 100 anni compiuti, nel suo ultimo libro “Di guerra in guerra”, appena uscito (per i tipi dell’Editore Raffello Cortina), ha scritto: ”Una pace senza vincitori né vinti col Donbass condiviso tra russi e ucraini”, come per dire questo sarà il compromesso da pagare. Ma è solo un semplice ragionare. Vi sono altre più gravi considerazione: che questa guerra è una guerra pilotata dalla menzogna, dalla non verità, dalla propaganda americana e suoi alleati per riuscire a conquistare l’Ucraina come cuneo perforante e stabile nel cuore del medio oriente e nel prospettare la frantumazione dell’attuale stato russo, della sua storia, della sua arte, della sua elevatissima letteratura, poesia, teatro e musica. Non possiamo essere tutti talebani!!! La religione quando si fa ignoranza e dittatura del pensiero compie le più nefaste cancellazioni e distruzioni delle testimonianze storico-culturali come dei suoi fedeli (ritenuti indegni – infami).

Questa guerra ha accentuato l’odio non solo razziale ma umano, della esistenza dell’altro. I russi non potranno partecipare, per esempio alla prossima Biennale d’arte di Venezia. Questo è l’ultimo manifesto di persecuzione per raggiungere l’obiettivo della cancellazione, dell’inesistenza di questo popolo e della sua determinante presenza storica millenaria.

Ma questo odio politico montato come le calunnie è sostenuto e diffuso dai mass media. Leggiamo dispacci e pizzini, ma i giornalisti rimangono “servili” al potere dello sterminio che non è la Russia ma gli USA e l’intera politica americana ed occidentale, ormai, decadente, inappellabile, con evidenti comportamenti dittatoriali che condizionano le rispettive autonomie delle nazioni che compongono la stessa Comunità europea…

Pertanto non sono necessari i dossier per ricordare un anno di guerra costruita per alimentarla e non per chiuderla al più presto con ragionevolezza e rispetto. Per trattare la pace ci vuole un clima di pace, di distensione, di ripristino e riconoscimento delle reciproche identità, in particolare di quella russa.

Evitiamo di trasformare la Russia in una nuova Israele. Stiamo assistendo al disprezzo consumato durante il tempo nazista contro gli ebrei (che avevano l’unica colpa di esserlo).

Bisogna cominciare a pensare alla giornata della memoria, perché tra non molto dovremmo aggiungere il disprezzo umanitario degli USA e degli europei accecati dal compromesso ma non dalla giustizia e dal desiderio di volere per tutti i democratici la Pace.

“Il suddito ideale del regime totalitario non è il nazista convinto o il comunista convinto, ma l’individuo per il quale la distinzione fra realtà e finzione (cioè la realtà dell’esperienza), fra vero e falso (cioè i criteri di pensiero) non esiste più”. (Hannah Arendt nel suo libro: Le origini del totalitarismo, 1951)

 

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