Editoriale
L’Editoriale Millecolline
Pubblicato il 22/01/2023
Vivere o morire è come non esistere
L’editoriale domenicale può apparire come un’omelia laica. Non è così, anche se le intenzioni sono sempre quelle di fornire elementi di riflessione e di maggiore approfondimento su fatti o eventi che ci riguardano e che vengono trattati come “coccodrilli volanti”, cioè con la naturalezza dell’abitudine, dell’ovvietà e dell’indifferenza.
La società del benessere come quella italiana (con relativi contrappesi) dalla fine degli anni sessanta del Novecento ha, di fatto, modificato, antropologicamente, i nostri sentimenti, quel “timoroso” microcosmo che orientava e regolava modi e visioni della vita. Eravamo sensibili ad ogni evento che rientrasse in quell’immaginario collettivo che ci rassicurava ma nello stesso tempo continuava ad intimorirci, a farci, comunque, partecipi di quegli eventi naturali, come la morte, degni di profonde riflessioni e di rispettosa solidarietà. Erano eventi di Comunità e colpivano, emotivamente, anche se non ci coinvolgevano direttamente.
Leggere un incidente mortale sul giornale, guardare un disastro in televisione, venire a conoscenza della morte improvvisa di un amico o di un vicino di casa, ci scuoteva e ci rendeva apprensivi per diversi giorni. L’educazione ricevuta non ci lasciava indifferenti. Si veniva formati con quella rosa di valori, dove il rispetto della vita non era separato dalla sofferenza e dal lutto. Il mercato delle cose inutili o futili, ha provocato, in seguito, una rottura dei valori sostituendoli con forme ed oggetti transazionali, sviluppando livelli di immaturità e deprivazioni culturali. Le nuove generazioni in questi ultimi cinquant’anni si sono ossidate, hanno perso ogni tipo di sensibilità umana ed hanno atrofizzato i campi motivazionali, i perché dell’essere, del divenire, del cooperare, del sentirsi parte integrante delle stagioni della vita. Abbiamo perso il “rito”, quella ritualità che scandiva ogni evento della Vita: dalla nascita alla morte.
Il consumismo e ciò che resta di una certa globalizzazione ci hanno resi scettici, abitudinari, muti di fronte ad ogni “segnalibro” della nostra esistenza. La spettacolarizzazione dei fatti, degli eventi e della cronaca ci hanno allontanati dall’incanto, dalla commozione, della “vita è meravigliosa”. Tutto è finalizzato dalle leggi del neo capitalismo, che ha declassato l’identità di Uomo ed ha pianificato ogni sentimento e vitalità.
Vivere o morire è come non esistere, soprattutto, sotto gli effetti della Pandemia, delle nuove pesti, dei nuovi contagi, delle guerre guerreggiate e di quelle artificiali che abbondano sui mass media.
La morte non esiste più. Esiste il morire. E si muore in mille modi fino a negare la sacra sepoltura e ripristinare le orrende dissacrazioni delle fosse comuni. E ciò che più inorridisce che, oggi, a partire dai bambini, che attraversano la strada come se fossero dei fantasmi, ai giovani che ogni fine settimana, senza alcun amore per la Vita, muoiono come farfalle in volo, ai drammatici fatti di cronaca come i femminicidi, omicidi, suicidi, alle infinite morti per Covid, non si versi una lacrima. I giornali denunciano le stragi del sabato sera, la tv non ne parla mentre le Comunità interessate organizzano sagre di fiori, applausi, come per demonizzare un’ingiusta scomparsa di avventure invece di vivere il dolore come fatto educativo, affettivo, formativo, culturale e sociale.
Questi sono i valori che possono ridare quella dignità perduta, quella sensibilità inaridita, quel senso di socialità che possa ridarci il valore autentico del sacro della nostro nascere e morire?
Franchino Falsetti