Editoriale Millecolline. Ho nostalgia dei vecchi cine club

Editoriale

L’Editoriale Millecolline

Pubblicato il 24/04/2022

 

Ho nostalgia dei vecchi cine club

Per una volta mi sia concesso non commentare fatti di cronaca o divagare su tematiche ricorrenti che ci preoccupano o ci coinvolgono quotidianamente. Una breve parentesi! Una piccola boccata d’aria legata ad un’altra epoca, quelle che molti, per fortuna, continuano a ricordare e, forse, ad aver un po’ di nostalgia. Erano gli anni cinquanta del secolo scorso. Si viveva in pieno fermento sociale e culturale e moltissime erano le iniziative che venivano pensate e programmate per riemergere dalle macerie degli effetti drammatici della seconda guerra mondiale. I bambini ed i giovani vivevano finalmente senza alcuna preoccupazione: tutto ci entusiasmava e fiorente era ritornata per esempio la musica italiana e quella che stava invadendo l’intera Europa proveniente dal frenetico continente americano. La vecchia canzone melodica rinasceva con l’invenzione del Festival di San Remo ma, nel frattempo, veniva “selvaggiamente” e gradualmente superata e sostituita dalle nuove tendenze e rivoluzioni ritmiche. Nascevano i gruppi musicali di ogni tipo di formazione e le colonne sonore della nostra vita si moltiplicavano tra gli entusiasmi e le isterie irrefrenabili, soprattutto, delle nuove generazioni “repubblicane”.

In tutto questo tourbillon di nuove esplosioni del ritorno alla spensieratezza ed alla voglia di vivere, tra le attività che riempivano il tempo libero dei giovani e nostalgici impegnati, riprendeva, con nuovo vigore, una particolare esperienza, ancora per pochi anni, del cine club o cineforum.

C’erano ancora associazioni italiane e straniere che almeno una volta al mese programmavano la visione di un film dessai, cioè impegnato e poco conosciuto od estraneo alla nostra cultura, con l’intento di aprire un dibattito subito dopo la proiezione, rigorosamente seguito in assoluto silenzio. Vorrei ricordare due associazioni culturali bolognesi di lungo corso: l’Associazione Italo-Francese, con sede in Strada Maggiore e poi l’Esagono. Entrambe curate per un lungo periodo da un amico carissimo che voglio ricordare Alberto Roatti. In entrambe le Associazioni porterò inseguito anche il mio contributo ed il mio impegno professionale. Ciò che però mi preme che in queste due realtà di alto livello formativo il Segretario Alberto, grande appassionato ed ottimo conoscitore di film, praticamente, sconosciuti al pubblico italiano (venivano proiettati film francesi in lingua, film tedeschi in lingua, film giapponesi in lingua con didascalie, film italiani).

Per me è stata come una scuola di perfezionamento. Non erano film di nicchia, né di propaganda o di noiosa perdita di tempo, come venne, magistralmente, descritta ed esagerata dall’indimenticabile Paolo Villaggio. Il cine club se è fatto con serietà e rigore metodologico può essere ricordato, con nostalgia, come la funzione educativa del “cortile”. Era un appuntamento molto atteso e si partecipava con entusiasmo, trepidazioni e orgoglio aggregativo. In alcuni casi si producevano delle tessere per registrare la frequenza e per offrire agli interessati un “documento” prezioso che ci rendeva soci privilegiati. Si trattava, in effetti, di un piccolo gruppo, non solo interessato ma agguerrito, con presenze di veri cultori ed ottimi recensori. Nulla era affidato al caso. Erano i tempi dell’astrattismo linguistico “nella misura in cui “, nella retorica del linguaggio politico e della sottolineatura gestuale: un vedere parlando. Erano gli ultimi sussulti di un’epoca che stava per cedere il passo alla rivoluzione culturale del ’68. Ma in quel periodo esperienze come il cineforum ha rappresentato una palestra di formazione e di maturità. Si sono ascoltati esperti, ma si è stati coinvolti a prendere la parola, anche solo per fare una domanda o chiedere dei chiarimenti. Un sentirsi diversi, una scuola per stare insieme, con pareri diversi, interpretazioni diverse, ma tutto nel reciproco rispetto e contenti di aver vissuto una proposta formativa, un modo per sentirsi più sicuri nelle nostre relazioni sociali e culturali.

Poiché sono convinto che gli eventi siano da rapportarsi al proprio tempo, oggi potrebbe essere fuori luogo, ma sarebbe ancora una attività di grande valore educativo se si svolgesse nelle scuole con inevitabili nuovi ed efficaci cambiamenti. Un tempo, ormai, lontano nelle scuole si proiettavano film significativi sul piano pedagogico e valoriale. Ebbene oggi, di fronte alla perdita di ogni distintiva identità, si potrebbero dedicare due ore alla settimana di filmologia, con proiezioni, letture critiche, opinioni di amatori ed esperti e poi libera discussione. Sarebbe una efficacia esperienza per imparare meglio la lingua italiana (es. film d’epoca dove i doppiatori erano maestri nella impostazione e pronuncia – nessun film con parlate dialettali o gergali), per sapersi esprimere, per entrare nel merito critico e tecnico delle strategie del linguaggio filmico e saper interpretare, argomentare, valutare. Imparare, cioè, a leggere la realtà mediante un altro tipo di scrittura, criticamente, senza sentirsene condizionati. Facendo attenzione a non cadere nelle scelte consumistiche e di mercato globalizzante.

 

                                                                                                                                                               Franchino Falsetti

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