Editoriale
L’Editoriale Millecolline
Pubblicato il 06/03/2022
Gli studenti non sanno più manifestare
La Scuola è il male oscuro della società italiana. Si potrebbe dire che con vicende più o meno fortunate, soffre, in modo endemico, dall’Unità d’Italia. Vi è un’abitudine che potremmo definire storica che questa particolare e fondamentale Istituzione vive di passaggi ereditari.
La scuola di oggi è lo specchio di ieri con una variabile costituita dalla pandemia o dalla mala gestione del coronavirus o Covid-19. Soltanto ieri su un interessante dossier sulla Scuola a cura de il Manifesto (1992), dal titolo Scuolificati (un probabile neologismo “che sta ad indicare tutti coloro che hanno a che fare con la scuola, la usano o ne vengono usati, la difendono o la vogliono buttare”), con molta amarezza si definiva la scuola come “negletta”, “sfasciata”, “inutile”. E si aggiungeva, quello che valutiamo con preoccupazione oggi, che esiste “un’ignoranza che è solo l’altra faccia della suddetta caduta d’interesse”.
Poiché non sto scrivendo un saggio, ma un Editoriale sveglia, tralascio vari corollari che interagiscono e rendono ulteriormente complicato e complesso quella necessaria ed urgente progettazione nazionale meglio definita col termine “ristrutturazione” o “ricostruzione” dell’impianto Scuola, abbandonando ogni zavorra nostalgica, ogni seriale processo di formazione, ogni indebita indifferenza che lascia gli studenti nell’illusione di poter decidere qualunque cosa e su qualunque cosa.
Siamo di fronte alla Scuola della non lettura, del non studio, della non ricerca, della non conoscenza degli strumenti di base del comunicare, del sapere, del fare. Gli “oggetti” dell’informatica non informano, non formano, ma divertono. I nostri studenti si divertono inventando nuovi segnali di fumo, nuovi lessici gergali, nuovi dizionari imitando i famosi autori flaubertiani Bouvard e Pécuchet, ricercatori di semplicità, dilettantismo e banalità espressive e comunicative.
La Pandemia ha dato un colpo mortale a questa sgarrupata Istituzione dell’educazione e dell’istruzione pubblica, privata e parificata. La Scuola ha smesso di funzionare in modo attivo, gli studenti hanno subito forzate assenze per diversi mesi dal contatto fisico e dalle relazioni socio- affettive con i coetanei. Le lezioni si sono state artificiali ed inesistenti. La partecipazione si è azzerata, ed in questi ultimi due anni si è tirato a campare.
Mentre i governanti inventavano i banchi a rotelle, le mascherine sì, le mascherine no, la presenza a distanza, la didattica a distanza, tutto in piattaforma, la Scuola in poco tempo si è trasformata in un non luogo, in un qualcosa di fatiscente, un semplice pro-memoria. E poi , improvvisamente succede un grave lutto per il mondo scolastico, la morte di un giovane studente durante l’esperienza scuola e lavoro.
Poi è emersa, con i venti della primavera, la polemica dell’ ombelico velato messo in bella mostra, con gonne inguinali ed altre mostrine di femminilità in eccesso. Tutte micce detonanti per scendere in piazza e riprendere vecchie ed osbolete abitudini come quella dell’occupazione e manifestazioni, dei cortei che hanno invaso, sciamando, le pubbliche piazze. (a Scuola, anche se decaduta nella sua dignità, tutti devono vestire con rispetto e decoro. E le provocazioni non devono essere oggetto di solidarietà o di provvedimenti dissennati come la sospensione o il licenziamento dell’insegnante che ha espresso un negativo apprezzamento).
Desidero, infine, ricordare un vero protagonista anticonformista come l’ intellettuale, il letterato, il poeta, il saggista, regista e politico del secolo scorso, Pier Paolo Pasolini, nel suo centenario della nascita. Possono ancora essere importanti le sue parole nel famoso: “Vi odio cari studenti” e nella poesia censurata: il “PCI ai giovani” (che vi invito, studenti e non, a leggere e rileggere): “Perché la massa degli studenti “dissenzienti” (come essi amano definirsi con un termine stupido. Ovvio e terroristico) è la massa dei giovani del neo-capitalismo. Questi “dissenzienti” vogliono fare le riforme in un giorno anziché in un decennio, e vogliono che siano mille anziché una. Questi nobilissimi Pierini non vogliono accettare pedissequamente il sistema, pretendono di comandarlo.[…]”.
Le manifestazioni di queste settimane, svolte in tutta Italia, hanno dato esempio di immaturità, incapacità e senso di irresponsabilità. La violenza ha sostituito le idee, la vera protesta dovrebbe essere quella di rivendicare le condizioni per studiare, per prepararsi adeguatamente alle proprie scelte professionali e sociali.
E’ opportuno ricominciare a parlare di futuro con gli attuali giovani e con le generazioni che verranno. Altrimenti la Scuola diventerà un grande parcheggio in attesa che gli studenti diventino maggiorenni e di obbligarli a richiedere il reddito di cittadinanza.
Sarebbe la fine del popolo italiano, della sua Civiltà millenaria dal suo sublime ed insuperabile luminoso Rinascimento.
Franchino Falsetti