Editoriale
L’Editoriale Millecolline
Pubblicato il 26/09/2021
La “cancel culture” è una malattia
Sono ormai alcuni decenni che anche in Italia è arrivata una delle epidemie più mortali esistenti su questo Pianeta.
Una malattia di cui non si parla volentieri e quando qualcuno ne parla o ne scrive, anche sulla carta stampata, sembra di leggere un incipit di una storia a puntate sulla famosa rivista futurologa Urania.
Come ci ricorda con molta efficacia il filosofo divergente francese Alain de Benoist, siamo entrati in una Nuova Inquisizione ed egli ci riassume i fondamentali di questo ipermoralismo e purificazione etica, lessicale e linguistica a partire dagli ultimi anni Settanta del secolo scorso quando si parlava volentieri di “terrorismo intellettuale”, negli anni Ottanta di “polizia del pensiero”, negli anni Duemila di “pensiero unico”.
“Ma si tratta sempre dello stesso fenomeno: la proscrizione di fatto delle idee non conformi, la marginalizzazione di coloro che si situano al di fuori del circolo virtuoso della doxa dominante”. (A.de B.)
Sempre dall’America, da dove arrivano questi illuminanti progressi del pensiero democratico, mi piace ricordare che la biografia ufficiale del grande scrittore Philip Roth è stata ritirata perché il suo autore è stato accusato di molestie sessuali!!
Sarebbe interessante ed importante tracciare la storia di questa sorprendente evoluzione della morale e della società, dei diritti e dei doveri, delle regole e dei comportamenti. Si scoprirebbe come dietro questa rapida metamorfosi di “gloriosi secoli”, ancora presenti nel nostro immaginario collettivo, si nasconda la voglia ancestrale della “decostruzione”, della “destrutturalizzazione”, dei radicali cambiamenti.
L’uomo nasce nella culla della precarietà esistenziale e vive la sua breve vita nell’insicurezza, nell’incertezza, nel desiderio che essere diversi dalle precedenti generazioni dia “titoli” rassicuranti alla propria solitudine, al proprio innato taedium vitae. A costo di negare il passato recente o remoto, si sceglie questa linea luminosa che fa parte di una nuova cometa invisibile della Storia dell’Umanità.
La “cancel culture” ne è quindi il tangibile segno di questo irrequieto malessere e della più pericolosa malattia chiamata politcally correct, perché prevale l’illusione della mala educazione e formazione, che se ne può fare a meno. Si cambia non per migliorare ma per non sentirsi obbligati a ripetere sacrifici e quel sistema organico che regolava le società precedenti.
Persino la lettura e le opere del grande Shakespeare sono ritenute pericolose. Sono nel frattempo scomparsi dalle Università americane: Dante, Ovidio, l’Iliade (perché maschilista) e Virgilio.
Prevalgono gli “insegnamenti” sulla transfobia, su programmi freak, sull’attualità di pura evasione: dalla danza alle performance, seguendo in modo ossessivo il brain storming (il lavaggio del cervello) della serie mondiale dei “Saranno famosi”.
Tra tutti gli appelli inutili che leggiamo da molto tempo, importante sarebbe un appello contro ogni dittatura, censura del pensiero, delle idee, delle menti libere e della Storia del passato e delle tradizioni dei popoli.
Franchino Falsetti