Editoriale
L’Editoriale Millecolline
Pubblicato il 29/08/2021
In Italia prevale il premio non il merito
É dagli anni settanta del secolo scorso che nel nostro Paese si sono centuplicati premi e riconoscimenti alla memoria, mentre la scuola e gli ordini professionali cominciavano a mostrare le prime grandi crepe della loro decadenza ed inutilità.
Un tempo, ormai remoto, le medaglie, le alte onorificenze, le pergamene scritte in elegante e perizia calligrafia, i famosi encomi pubblici e scritti, rispondevano ad particolari esigenze: mettere a conoscenza di un più vasto numero di persone l’eccellenza, l’eroismo, l’intelligenza superiore, la qualità professionale in ogni arte e mestiere, il sacrificio umanano nel salvare vite inermi ed innocenti e nella distinzione del sacrificio eroico durante le diverse guerre sostenute per la Libertà e l’Unità d’Italia.
Non in un millennio ma in poco più di quarant’anni, a cavallo tra il secolo scorso e l’attuale (da ricordare come l’immane catastrofe dell’attentato alle due torri gemelli del 2001), é l’epoca della cancellazione della cultura, la censura legalizzata, l’irrisolvibile tragedia della Pandemia, causa contagio, artificiale o no, del Coronavirus. Tuttora in corso, tuttora problematico, minaccioso, mortale.
In questi pochi decenni, soprattutto, il mondo occidentale, ciò che resta delle antiche civiltà e della tradizione di popoli orgogliosi, irridenti ed inventori di nuova scienza, è stato travolto da un’onda di barbarismi, di mode dell’attualità, del consumo immediato, dei desideri più sfrenati, della voglia di rompere con il passato, anche recente, di riscoprire aforismi di culture lontane, primitive, di dipingersi il corpo, di tatuarlo, di torturarlo, di vedere la morte attraverso l’uso precoce della droga, dell’esperienze più trasgressive e distruttive, vivere di sfide estreme, senza confini. Tutto fuori da ogni legalità, precauzione, osservanza di regole, di rispetto, di riflessive considerazioni.
Una distonica parentesi che non trova soluzioni. La vita la perso la sua “unicità” di sistema e di orientamento e viviamo in modo frammentato, disordinato, arbitrale, in mille rivoli e tutti conoscono una regola segreta: ignorare gli altri.
E in questo marasma dell’indifferenza e dell’ignorarci che fioriscono le ambizioni individuali ed associative.
Si vive facendo finta oppure immaginiamo di…
E poichè le Accademie in Italia non esistono più, le Università hanno finito, da tempo, il loro aureo ruolo, ecco la nascita di miriadi piccole università private, dirette dai fuoriusciti delle Università statali o da chi pensa che chiunque possa istituire luoghi, (come diplomificio oppure luoghi a perdere, ma di durata sufficiente per qualche effetto speciale e per portarsi a casa un agognato “premio” alla cultura od al proprio riconoscimento professionale). E così dalle università on line a quelle dirette da cooperative o gruppi di potere (secondario) la mappa dell’istruzione ha cambiato colore e tutti sono sicuri di ricevere primi e riconoscimenti alla carriera, come quelli ufficiali, ormai sbiaditi, delle istituzioni pubbliche e private che continuano con rinnovate spinte commerciali.
Persino nelle feste dell’Unità, così denominate, si sono inventati targhe, coppe e altre cianfrusaglie sonore che ricordano i riti e le processioni medievali.
Ed il merito? Questa magica parolina non appare. Non è il curriculum a fare il merito, ma il contrario. Saper essere, saper fare, saper progettare, avere riscontri non tra colleghi, ma di pubblico, di massa, di riscontro nella propria vita quotidiana, di avere conoscenza che ciò che si diffonde serve non per scrivere un libro ma per vivere meglio, per capire questo nostro breve soggiorno su questa terra, questo è il Merito.
Non servono le recenti invenzioni delle “lectio magistralis “, dei Festival delle idee, della filosofia, della letteratura, della poesia e le allucinanti biennali dell’arte, per pensare che noi non abbiamo smarrito la “bussola”. E’ l’illusione di chi pensa di essere “altro”.
Ed invece tutto è cambiato e tutto non è valutabile o selezionabile.
Il grande critico letterario, intellettuale, saggista di grande talento Harold Bloom, scriveva nel suo mirabile “Canone occidentale”:
-“Dopo una vita trascorsa a insegnare letteratura in una delle maggiori università d’America, ho poca fiducia nella possibilità che l’istruzione letteraria sopravviva al suo attuale malessere. Iniziai la mia carriera didattica oltre cinquant’anni fa in un contesto accademico in cui predominavano le idee di T.S. Eliot, idee che mi mandavano su tutte le furie e contro le quali ho lottato con tutte le mie forze. Oggi mi ritrovo circondato da professori di hip hop, da cloni della teoria gallico-germanica, da ideologi del genere e di vari credi sessuali, da innumerevoli multiculturalisti, e mi rendo conto che la banalizzazione degli studi letterari è irreversibile”.
Attiviamoci!!!!!
Franchino Falsetti