Stefano Fanti, una vita per la musica – VIDEO Prima parte –

A pochi giorni dalla scomparsa del musicista bazzanese pubblichiamo una nostra intervista sulla sua vita

Beppe Stefani ha curato l’intervista a Stefano Fanti

 

Abbiamo trovato una vecchia incisione di Stefano Fanti del 1976 un’altro modo per ricordarlo.

 

Pubblicato il 03/05/2020

Tutto iniziò da un appuntamento tra Angelica, “una bellissima ragazza” di città, e un bazzanese che a quei tempi non aveva ancora raggiunto la maggiore età; erano gli anni cinquanta, anni di fermento, speranze e ricostruzione; questo fu il contesto primario. Il bazzanese in questione era il giovane Stefano Fanti, batterista in erba, il luogo dell’incontro era un bar della città di Bologna mentre il motivo era incontrare una ragazza di città ma l’attesa del suo arrivo si faceva snervante. Angelica non arrivava e il giovanotto di provincia, giunto dalla “lontana” Bazzano, pian piano si rendeva conto che, probabilmente, lei non sarebbe arrivata mai quell’appuntamento. “Mi ha tirato il bidone” pensava fra sé e sé Stefano mentre cresceva in lui l’intenzione di abbandonare quel locale di Via Nosadella. Sconfortato da quella situazione uscì finalmente da quel bar e contemporaneamente sentì una musica; meglio, sentì suonare la “sua” musica(!). Un palazzo vicino ospitava una festa danzante (a quei tempi liberi si poteva fare); Stefano rientrò nel bar che aveva appena lasciato, ordinò due cognac per farsi coraggio, uscì di nuovo, entrò nel portone di quel palazzo, ne salì le scale ed entrò in quella festa. Da quel momento in poi nulla sarebbe stato come prima.

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Per chi ha visto Slinding Doors la situazione sarà già chiarissima: in quei minuti poteva concretizzarsi un appuntamento con una bella donna e se così fossero andate le cose Stefano non avrebbe potuto incontrare l’evento che gli avrebbe fatto vivere una vita in musica. Da quel momento in poi una porta gli si era chiusa di fronte, doveva aspettare un’altra corsa e gli eventi sarebbero cambiati.

Stefano Fanti, intervistato da Beppe Stefani (ph. R. Cerè)

Mentre scrivo Stefano Fanti non è più fra noi; Beppe mi ha detto che quasi certamente l’incontro che abbiamo avuto con Stefano due anni fa all’Albergo della Rocca è stata l’ultima volta in cui ha potuto liberamente respirare l’aria della sua Bazzano e del suo dialetto di confine. 

Si diceva che fosse già ammalato ma io non sono riuscito a vederne i sintomi in quella mattinata calda di fine autunno. Arrivato in sala, Stefano, si era messo seduto comodo ed aveva iniziato a chiacchierare con Beppe su come avrebbe dovuto essere condotta l’intervista in funzione del poco tempo che aveva a disposizione. Sembrava il solito vecchio leone, un po’ burbero e un po’ distante da tutto.

Io non lo conoscevo bene; lo conoscevo come ci si conosce fra paesani che si “incrociano” sulla via ma lui sapeva della mia inclinazione fotografica e forse per questo motivo aggiungeva al saluto quel suo strano cenno di mezzo sorriso.

Stefano Fanti, intervistato da Beppe Stefani (ph. R. Cerè)

Aveva scelto di seguire una vita non comune, osteggiata dal pensiero dominante e mal compresa da molti che abitavano il paese; molti anni trascorsi a suonare la sua batteria e a cantare in giro per l’Italia, poi nelle navi da crociera, gli incontri con musicisti e personaggi più o meno famosi. Era difficile pensare, da fuori, che in un personaggio come Stefano si potesse racchiudere tutto questo. Forse per questo motivo, pur amando il suo paese senza dimenticarsi del suo dialetto, quando si permetteva di ritornare assumeva un aspetto burbero; forse pensava: -“Quello che ho di fronte crederà di me che sono uno zingaro che fa un lavoro da zingaro. Uno di quelli che sono sempre in giro”. Circondato dalla compagnia numerosa dei sui ricordi e sotto il cielo del suo paese quasi fosse uno straniero.

Un esempio di diversità creativa, una scelta controcorrente; Stefano probabilmente fece tutto quello che per lui e per i suoi tempi fosse consentito fare (immagino) senza mai trascinarsi in eccessi, come se fosse rimasto sempre quel ragazzino che incrociava le strade di Bazzano in cui, se compivi qualcosa di storto, c’era sempre qualcuno che diceva:- “Cinno, so chi sei e conosco tuo padre, se fai ancora una volta questa cazzata non ci metto niente a dirglielo e allora per te saranno guai”.

Una vita, oltre ottanta anni.

Non ci incroceremo più sulle strade di Bazzano.

 

 

Articolo composto da Roberto Cerè per la rivista Millecolline

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