VIDEO – Anteprima, il Funerale della Saracca 2017 a Oliveto

Il 12 marzo 2017 tornerà la festa popolare che non è un rave party

 

 

Anteprima in data 6 marzo 2017

Se volete vedere le foto del Funerale della Saracca edizione 2017 cliccate qui.

Tutti sanno che lo scrivente ha sempre affermato che la primavera non si può considerare prossima se non si è andati al Funerale della Saracca.  Quest’anno, dopo uno strano 2016, ritorna la festa popolare più tradizionale della Valsamoggia; certo ci sono tante festa in valle ma, a parte La Processione del Cero a Monteveglio, non ci sono feste tradizionali comparabili a questa che deriva dalla lontana e breve dominazione spagnola: El Entierro della Sardina.  Questa festa ispanica fu ricordata anche da Francisco Goya e ad Oliveto in Valsamoggia si è mantenuta nel tempo. La saracca (sardina) fu, per secoli, il nutrimento povero delle tribolate popolazioni locali nei secoli scorsi e in inverno era quasi sempre accoppiata ad uno “schiaffo” di polenta per poterla insaporire nei freddi mesi dell’inverno.

Il Funerale della Saracca trova quindi la sua forza nel dichiarare la fine dell’inverno tribolato e l’inizio della primavera in cui ognuno pone speranze di tempo migliore e buon augurio. Questo è il senso del gioioso funerale olivetano che termina con il discorso benedicente di un improbabile e sgangherato curato che, dall’alto della croce infonde una benedizione “pagana” ma sentita e dedicata a tutti. Dopo un 2016 trascorso in sordina con un funerale per pochi intimi ecco che, quest’anno, il Funerale della Saracca ritorna al suo splendore paesano grazie al Comitato Organizzatore olivetano, alla Compagnia L’aj Strecà un Po ed il Comune di Valsamoggia.

El entierro de la sardina - Francisco Goya
El entierro de la sardina – Francisco Goya

Inutile negare che la festa olivetana ha la polenta, la saracca, la musica e il buon vino come principali ingredienti ma è proprio quest’ultimo ingrediente che ha dimostrato di essere un arma a doppio taglio: troppi ospiti di questa festa popolare sono talmente lontani dallo spirito originale da scambiarla in una sorta di rave party a buon mercato. Sbagliato. Certo, in anni nemmeno tanto antichi, i contadini e i residenti di questi luoghi trascorrevano giorni interi lontano da casa perchè “itineranti” nel raccogliere il vino e il cibo che avrebbero poi bevuto per allietare questa festa. Il vino può essere il motore per socializzare ma non può essere adottato come un semplice sistema per sballare fingendo di divertirsi. Sappiamo bene che, per anni, fino al mattino seguente, gli organizzatori hanno dovuto raccattare “ospiti”,  distrutti dall’ubriacatura, sperduti fra le acaciaie e i campi.

 

Testo e fotografie di Roberto Cerè per Millecolline

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