Clarence ci accompagnerà al parco della luna

ANTEPRIMA. Calcara in Valsamoggia (Bo). La rassegna teatrale 2016 di Scene dal Parco della Luna giunge alla sua sesta edizione aprendo il “sipario” domenica 17 aprile 2016 ed avrà un accompagnatore ideale ed ispiratore uscito dal Riccardo III di William Shakespeare: CLARENCE.

Clarence, rassegna teatrale. (ph. via Scene dal parco della Luna)
Clarence, rassegna teatrale. (ph. via Scene dal parco della Luna)

Abbiamo chiesto ad Enrico Petronio Nicolaj, direttore e curatore della della rassegna, di raccontarci qualcosa in anteprima nel giorno della conferenza stampa ma, per non farci mancare nulla, abbiamo sbagliato l’orario di arrivo (arrivando in netto anticipo) e trovandolo comunque disponibilissimo anche se, quasi, in pigiama ci siamo detti che si poteva comunque procedere; bastava aspettare il termine della prima colazione… Buona visione

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Cento piccoli strumenti in mostra in Rocca

Gentilissimi, inoltro in allegato il comunicato stampa relativo alla mostra “Cento piccoli strani oggetti sonori” la mostra di strumenti antichi tradizionali delle Alpi Occidentali nata dalla collezione del musicista Valdostano Alessandro Boniface. La mostra inaugurerà domenica 10 aprile 2016 alla Rocca dei Bentivoglio e rimarrà esposta fino al 8 maggio 2016, quando si concluderà con il concerto dei Troveur Valdotene, il gruppo che riunisce la famiglia Boniface.

Un saluto cordiale
Elisa Schiavina

 

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MOSTRA DI STRUMENTI MUSICALI ANTICHI 

Cento Piccoli strani oggetti sonori, dalla Val D’Aosta in mostra alla Rocca dei Bentivoglio, 10 aprile ore 17

100 strumenti per raccontare la storia di generazioni di musicisti e di una tradizione musicale che affonda le sue radici nel folk delle Alpi Occidentali: la Rocca dei Bentivoglio ospita la mostra “Cento piccoli oggetti sonori. La bouque que sonne – il legno che suona” che inaugura il 10 aprile alle ore 17 e continuerà fino a domenica 8 maggio, concludendosi con un concerto inserito all’interno della rassegna Corti, Chiese e Cortili.
Musica e divulgazione, tradizione ed innovazione nell’arte: ci sono tutte le caratteristiche della Fondazione Rocca dei Bentivoglio nella mostra che darà l’opportunità di ammirare da vicino strumenti musicali antichi e di apprezzarne anche le sonorità in contesti musicali che riprendono la tradizione popolare.
Domenica 10 aprile alle ore 17 si potrà scoprire come da cinque generazioni, la famiglia Boniface di Aymavilles in Valle d’Aosta si occupa di valorizzare, raccogliere e interpretare la storia musicale delle Alpi occidentali. Ciò che lega il bisnonno Grat Boniface, il nonno Jérémie, il padre Felice, Alessandro e i suoi figli Rémy e Vincent oltre alla parentela, è la costante presenza accanto a loro di uno strumento incredibile: l’Organetto Diatonico, o Fisarmonica Diatonica.
Alessandro è curatore e proprietario di una raccolta che testimonia in maniera tangibile l’origine dello strumento fisarmonica, poi definitivamente brevettata nel 1829 da Cyril Demian e da allora strumento espressivo adottato dalle tradizioni musicali in tutto il mondo.

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Cento piccoli strumenti musicali (Ph. via Fondazione Rocca dei Bentivoglio)

Nella forma, nei colori e soprattutto nelle sue sonorità, la fisarmonica è strumento conosciuto e facilmente riconoscibile, tuttavia pochi ne conoscono l’origine. La raccolta di Sandro Boniface, forse unica nel suo genere, vuole testimoniare il percorso storico compiuto per arrivare all’assemblaggio dello strumento come lo conosciamo oggi.
Come per ogni manufatto l’origine ha luogo nell’osservazione della natura, così anche per l’ancia libera furono gli alberi, con le loro foglie scosse dal vento che producevano suoni ad ispirarne la riproduzione.
Da questo l’uomo prese spunto per realizzare le prime semplici lamelle flessibili ricavate da giunchi o piante simili che, fatte vibrare avvicinandole alla bocca producevano dei suoni inconsueti, una storia comune che ci parla anche di uno strumento molto particolare: lo “Scacciapensieri”. E’ noto che già nel 2900 a.C. nelle regioni oggi note come Laos, Vietnam e Cambogia, l’uomo inventò uno strumento musicale chiamato Cheng, indicato come il progenitore di tutti gli aerofoni ad ancia libera.
La collezione di Sandro Boniface vanta alcuni esemplari che testimoniano queste antiche origini, e come gli altri pezzi anche lo Cheng può essere ascoltato dal vivo, insegnandoci con chiarezza il principio sonoro della fisarmonica.
Nella raccolta si possono contare più di 80 strumenti, di cui 30 appartenenti all’epoca compresa tra il 1831 e il 1870, essa si presta ad esposizioni in forma di museo-vivente, infatti tutti gli strumenti sono funzionanti e mostrati in azione, Sandro stesso ne illustra l’uso e le sonorità.
Oltre ai prototipi legati alla storia della fisarmonica, si possono ammirare e conoscere altre famiglie di strumenti ”inconsueti”, che appartengono ad un passato musicale, fatto soprattutto di artigianato, oggi riproposto dalle nuove generazioni protagoniste della scena world music, sempre più spesso contaminata da altri generi musicali: il rock, il jazz, la pop music.
Nell’esposizione antichi strumenti come la cornamusa e la ghironda (di cui sono presenti prototipi di varie provenienze a testimonianza della loro capillare diffusione), i vari flauti di legno, osso e metallo, le percussioni antiche come il “Tambour de Caèima”, che sostituiva le campane al tempo della Quaresima nelle chiese delle Alpi, e altri strumenti della liturgia religiosa delle Alpi, come il “Tubbo Bordòn”, simile al corno tibetano, la cui funzione di  comunicazione tra genti lontane diventava l’unica via di collegamento e diffusione delle idee.
La Fondazione Rocca dei Bentivoglio abbina alla mostra anche un percorso didattico per le scolaresche, per accentuare l’aspetto divulgativo dell’esposizione e per avvicinare i bambini alla bottega artigiana che permette di trasformare il legno in strumento musicale.
La mostra durerà fino all’8 maggio e si concluderà con un concerto dei Trouveur Valdotèn alle ore 18 presso la Rocca dei Bentivoglio, quando alcuni dei più significativi strumenti esposti durante la mostra saranno suonati direttamente da Remy e Vincent Boniface. Il concerto è inserito all’interno della rassegna musicale Corti Chiese e Cortili, che quest’anno compie i 30 anni di attività.

La visita alla mostra è compresa nel percorso di visita della Rocca dei Bentivoglio e del Museo “A. Crespellani”.

Info e orari di apertura:
tel. 051 836442/05
museo@roccadeibentivoglio.it
www.frb.valsamoggia.bo.it

 

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Hopper è a Bologna, a Palazzo Fava.

A Bologna dal 25 marzo al 24 luglio 2016, presso le meravigliose sale del Palazzo Fava, Via Manzoni 2, è visitabile una mostra di Edward Hopper, uno dei più significativi pittori americani del ventesimo secolo.

Hopper e le iconiche della modernità

Art di New York, a cura di Barbara Haskell in collaborazione con il critico d’arte Luca Beatrice. La mostra è composta di sessanta opere che mostrano le diverse realizzazioni tecnico-compositive e la prodigiosa abilità, anche, come disegnatore. Diversi sono gli “studi” ad acquarelli od a carboncini di riferimento ad opere di alto prestigio pittorico.

Si potranno ammirare alcuni capolavori come: South Carolina Morning (1955), New York Interior (1921), Le Bistro or The Wine Shop (1909 ) e lo straordinario quadro intitolato Soir Bleu (  opera che ha quasi due metri  di lunghezza ), simbolo della incomunicabilità e della alienazione umana.

Autoritratto. Edward Hopper.
Autoritratto. Edward Hopper.

La mostra di Hopper è stata articolata in sei sezioni, distribuite sui due piani del Palazzo Espositivo, tenendo conto di un ordine tematico e cronologico. E’ una sintesi che ci permette, in modo molto piacevole, di entrare nella poetica di Hopper, seguendone i vari periodi: dagli anni ’30 agli anni ’50, fino ad alcune incisive immagini della sua ultima produzione. Infine è possibile soffermarsi ed apprezzare alcune  “composizioni preparatorie o studi” con l’uso abile delle diverse tecniche usate dall’artista: l’olio, l’acquarello, il carboncino e l’incisione.

Hopper  pittore americano (1882-1967), famoso per la sua reticenza ed innamorato del suo luogo di nascita ( Nyack – piccola cittadina nello Stato di New York  e la stessa New York dove si stabili dal 1913 fino alla morte 1967),  uscì dal suo radicato e geloso mondo newyorkese solo tre volte, per recarsi in Europa ( dal 1906 al 1907, dal 1909 al 1910 ).

L’esperienza francese, soggiorni parigini, sarà quella che maggiormente segnerà la formazione dell’artista, sia per la realizzazione dei suoi maggiori capolavori, sia per un suo arricchimento culturale ed artistico.

Lo scrittore e critico d’arte John Updike , in un famoso saggio, definisce i quadri di Hopper : “calmi, silenti, stoici, luminosi, classici”.

La poetica di questa grande artista possiamo trovarla e ben sintetizzata con le sue stesse parole, scritte in una lettera inviata a Charles H. Sawayer, direttore della Addison Gallery of American Art (1939) : “ Per me figura,colore e forma non sono mezzi per raggiungere il fine, sono gli attrezzi con i quali lavoro, e non mi interessano in quanto tali. Mi sento attratto, soprattutto, dal vasto campo dell’esperienza e delle sensazioni, del quale non si occupa né la letteratura, né un tipo di arte meramente artificiale. […]

Morning sun. Edaward Hopper.
Morning sun. Edaward Hopper.

Il mio obiettivo nella pittura è sempre usare la natura come mezzo per provare a fissare sulla tela le mie reazioni più intime all’oggetto, così come esso appare nel momento in cui lo amo di più: quando i fatti corrispondono ai miei interessi e alle immagini che mi sono creato in precedenza. Perché io poi scelga determinati oggetti piuttosto che altri, non lo so neanche io con precisione, ma credo che sia perché rappresentano il miglior mezzo per arrivare ad una sintesi della mia esperienza interiore”.

Il suo immediato e sincero realismo evoca le sensazioni “epidermiche e sensuali” di certi impressionisti, a lui molto cari e considerati, come , per le opere di Edgar Degas, che gli suggerirono il modo di descrivere la semplicità degli “interni” e la spettacolarità delle “inquadrature” quasi di stampo fotografico.

Un elemento distintivo di tutta la sua opera è la luce , che crea non solo una magica presenza aurorale, ma permette all’artista una certa progettualità compositiva ed una particolare atmosfera della visione della realtà. Sono piccole sequenze di vita nella loro naturale disposizione e sceneggiatura. I soggetti sono le “cose” di ogni giorno, sono le presenze animate ed inanimate che agiscono sulla nostra quotidiana percezione e sulle nostre abitudini. Un rapporto con gli oggetti in modo rassegnato, come se si guardasse un infinito desiderio, senza determinate finalità.

Hopper vive e ci fa rivivere in un clima esistenzialistico, quello stesso in cui si agita la coscienza ed il tempo dell’Europa tra i due drammatici conflitti mondiali ed il declino, inesorabile, della cultura occidentale.

E’ l’artista della crisi, del dramma dell’essere, di quello che verrà designato come il “dramma dell’assurdo”.

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South Carolina morning. Edward Hopper.

I suoi quadri non sono solo testimonianza, ma sentimento dell’immediato : una fotografia dell’istantanea di ciò che non possiamo possedere, di ciò che ci sfugge, di ciò che ci rendere fragili protagonisti di un mondo senza più certezze e conoscenze rassicuranti.

E’ il poeta della fragilità, della solitudine come metafora dell’esistenza, quella entrata nel cono d’ombra dell’inquietudine esistenziale e dei rapporti virtuali .

E’ vita americana che viene resa visibile nelle sue sofferenze ed inutilità quotidiane : lo sguardo nelle sue opere, non è vedere l’invisibile, ma scoprire linguaggio nascosto che, ormai, ha invaso la nostra realtà interiore come contrasto alla distraente visibilità.

Le opere di Hopper vivono ,profeticamente, anche nella nostra contemporaneità, poiché l’alienazione non è circoscrivibile, anzi, si è trasformata nella cultura dell’abbandono, dell’atarassia, contaminando ogni paese occidentale e, nel fenomeno della globalizzazione, ogni popolo del nostro “ammalato” Pianeta.

Un’opera, particolarmente significativa, può essere uno dei suoi grandi capolavori : Soir bleu (1920).

 

 

Il titolo si ispira al primo verso della poesia Sensation di Artur Rimbaud, dove si esaltano i piaceri del vagabondaggio.

Hopper -Soir Bleu - 1920
Soir Bleu. Edward Hopper – 1920

Le sere blu d’estate andrò per i sentieri,

Punzecchiando dal grano, a pestar l’erba fine:

Sentirò, trasognato, quella frescura ai piedi,

E lacerò che il vento bagni il mio capo nudo”.

Hopper trasporta questa poesia costruendo una scena ( quasi filmica ) collocando sulla terrazza d’un café parigino un gruppo di personaggi eterogenei: una prostituta ( figura che sovrasta l’intera scena), il protettore, una coppia di borghesi, al centro un personaggio barbuto che siede accanto ad un avventore  e di fronte un pierrot.

E’ una evocazione di momenti felici trascorsi a Parigi. Un’opera che venne censurata e posta , arrotolata, in uno scantinano della sua abitazione. Venne ritrovato dopo la sua morte.

Hopper - Estate
Estate. Edward Hopper

Si coglie un senso di “addio” alla spensieratezza delle esperienze giovanili e dei suoi soggiorni parigini ed europei, ma, nello stesso tempo, si può cogliere il filone che l’artista riprenderà: quello di un viaggio silenzioso, senza parole, in pieno ascolto con il proprio mondo interiore.

Hopper -Nighthawks

“Non dipingo quello che vedo, ma quello che provo”. ( E, Hopper )

 

 

Franchino Falsetti

Prof. Franchino Falsetti all'interno di un quadro di Hopper. ( Cortesia organizzazione mostra di Edward Hopper.a Bologna )
Prof. Franchino Falsetti all’interno di un quadro di Hopper. ( Cortesia organizzazione mostra di Edward Hopper a Bologna )

 

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Dietro le quinte: TeatrAnda – VIDEO

Bologna, 16/03/16. La compagnia TeatrAnda è al Teatro Dehon e sta facendo le ultime prove di “Nessuno è cchiù felice ‘e me!”, una commedia in 2 atti di Eduardo De Filippo, che vedrà il suo debutto il giorno dopo. Millecolline ha seguito il dietro le quinte di questa commedia e ve le racconta. Buona visione.

Produzioni Millecolline

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