EDITORIALE Millecolline. Bologna una città smarrita

Editoriale della domenica

L’Editoriale Millecolline

Pubblicato il 21/09/2025

Bologna una città smarrita

Le preoccupazioni internazionali, i minacciosi venti di guerra anche sulla vecchia Europa, i conflitti biblici e le disfatte di un genere umano, ormai, logoro e governato da esseri famelici in cordata da mutuo soccorso, non mi distraggono per parlare, in poco spazio, della mia Città, sottoposta in radicale cambiamento e pronta ad essere sostituita.

Non voglio sintetizzare le pagine auliche del bolognesissimo drammaturgo Testoni nello scrivere le mirabili pagine di “Bologna che scompare” (oltre un secolo fa, molto in sintonia con le amarezze di oggi), ma, semplicemente, come un improvvisato cronista che ama camminare sotto i portici di vetusta seduzione libresca, perché, come questa unica testimonianza di ingegneria storica al mondo, tante altre realtà vivono solo sui libri di fotografie ad uso turistico e commerciale.

La propaganda non ci salva e non salva neppure la nostra Bononia, la città dotta e grassa per eccellenza.

Anche queste antiche ed invidiate qualità, oggi sono compromesse dalla concorrenza, dalle complicità della convivenza musulmana che fa togliere la carne di maiale ai tortellini (il piatto dell’identità bolognese insieme alle tagliatelle col magico ragù fatto di carni miste e con tanto di ricette depositate alla Camera di Commercio di Bologna).

Ma ciò che più addolora il bolognese che ha visto e vissuto il secolo scorso, è la silenziosa cancellazione della presenza culturale del Centro storico (il famoso Quadrilatero) che viene fotografato nelle sue evidenti architetture e piazze, ma i negozi, le vecchie botteghe artigiane, la parlata altisonante bolognese, non esistono più.

Il Centro della Città era il polmone della bolognesità, era il luogo in cui i giovani spendevano le ore di svago dagli studi, le donne casalinghe (massaie) entravano a contatto con i mercati di tradizione, dove spesso si fermavano a raccontare le proprie storie, i propri affanni, le proprie preoccupazioni. I negozianti si affacciavano e si intrattenevano con i clienti sul ciglio dell’entrata.

Il centro era la meta di tutti.

Tutti volevano andare in Centro e tutti volevano vivere sul Crescentone di Piazza Maggiore. L’Agorà della Città di Bologna. La palestra degli improvvisatori e delle libere espressioni.

I famosi “capannelli” per ascoltare chi con una cassetta della frutta, usata come podio, urlava la propria rabbia, oppure cercava di incantare i passanti, mentre nugoli di picconi volteggiavano fino a tarda sera. Tutto respirava di vita, di comunioni di idee, di accesi dibattitti senza nessun pericolo.

Si ascoltava e si socializzava e qualcosa rimaneva in noi, ritornando nelle nostre case.

E nelle strade come Via Rizzoli, via Ugo Bassi, Piazza Galvani, via Zamboni, via degli Orefici, via Farini, Piazza Minghetti, via Clavature, via Indipendenza, erano presenti i luoghi della educazione e formazione: cartolerie, librerie, cinematografi, giornalai (con tutta la stampa estera), giocattolerie (di grandi qualità), bar di tradizione storica (con le loro attrazioni e gruppi di frequentatori storici).

Non trascrivo nessun nome perché non sto scrivendo appunti per una guida turistica esperta di ciò che non c’è più. Ma, come dicevo, sono un nostalgico cronista che solo quelli della mia generazione potranno dare un significato ad un nome o luogo del passato prossimo, ma le nuove generazioni non potranno che rimanere mute.

Non hanno potuto conoscere il passato recente e quindi non posso che vivere l’attuale presente, fatto di sventramenti, di infiniti cantieri, di cancellazioni di un intero mondo, fino a ieri, la vera nostra identità.

Lo scenario che pulsava di incontri, di amicizia, di frequentazioni, di contatti culturali e sociali è stato cancellato ed al suo posto si è insediato l’ordinario: Bologna è diventata violenta, insicura, prima di riferimenti.

La città educante, quale era la nostra Bologna, non esiste più e tutto fa pensare che con gli eccessi della modernizzazione, avremo una città sostituita, anonima, in cui governerà il silenzio e la paura e le bellezze artistiche saranno le nuove Cariatidi che serviranno per delimitare i percorsi stradali a testimonianza del loro antico splendore.

È da tempo che rientro a casa rattristato perché mi sento ospite, oppresso, limitato, sorvegliato, punito nella mia Città. Bologna non è più vivibile, non è come recitava il vecchio refrain “a misura d’uomo”.

È diventata una Città di frontiera, una sorta di Forte Alamo dove i momenti di convivialità sono i ristoranti, le pizzerie, ogni sorta orgiastica di degustazioni, divertimenti di comunità conditi con le sagre dei pensieri sotterrati.

 

Franchino Falsetti

2 thoughts on “EDITORIALE Millecolline. Bologna una città smarrita

  1. Complimenti dottor Falsetti: “…divertimenti di comunità conditi con le sagre dei pensieri sotterrati” è una definizione fulminante, intensamente poetica e drammaticamente vera! Anche se a volte non sono in accordo con le sue opinioni, la leggo volentieri perché lei butta sassi (a volte anche macigni) in uno stagno di idee immobili.

  2. Grazie Milla per il commento. Anch’io in alcune cose non sono propriamente d’accordo con il prof. ma Millecolline è una piazza aperta ai pensieri.
    Saluti,
    Roberto Cerè

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