EDITORIALE Millecolline. Unisex primo j’accuse per l’omologazione

Editoriale della domenica

L’Editoriale Millecolline

Pubblicato il 04/08/2024

Unisex primo j’accuse per l’omologazione

Si dice che nulla nasce per caso. E questo riguarda anche il nostro modo di vivere, le nostre abitudini, i nostri comportamenti.

Ho avuto modo di rivedere alcuni film degli anni cinquanta del secolo scorso, in particolare sul mondo giovanile anglo-americano e francese.

Mi sono soffermato su un film che molti ricorderanno e che contiene tutti i germi che hanno poi prodotto la caduta delle ideologie dominanti del mondo borghese e la costellazione delle culture popolari. Il film da cui ho preso spunto per questo Editoriale è “Peccatori in blue jeans “(Les tricheurs, 1958). Un capolavoro del regista intellettuale francese Marcel Carnè.

Negli anni cinquanta altri film come “Gioventù bruciata” (1955), “Scandalo al sole” (1959), “I Peccatori di Peyton Place” (1957) avevano affrontato ciò che stava esplodendo tra le nuove e vecchie generazioni.

Tra quelle che avevano fatto e sopportato i disagi e le tragedie della Seconda Guerra Mondiale e le nuove (i loro figli) che vivevano i beni di un consumismo affrettato, disordinato, una religione del benessere immediato (a tutti i costi).

In questa cornice del piacere materiale come valore guida e motivo di contestazione (anche violenta) tra padri e figli inizierà la separazione tra le generazioni e cominceranno a trasformarsi quelle realtà aggregative come la famiglia, i luoghi di incontro per studiare, per sperimentare le proprie sfere affettive e sentimentali.

Dall’amicizia all’Oratorio le nuove generazioni preferivano i dancing, i drive in, i bar per iniziare le seduzioni dei nuovi vizi di massa del bere e del fumare al suono dei nuovi intrattenimenti sciamani come il gioco dei flipper ed il frenetico jukebox (oggetto cult delle successive generazioni anche alla periferia dell’Impero). Queste distrazioni prodotte dalla cultura industriale trovarono nella cinematografia il modello più indicato per una efficacie diffusione e imitazione.

I giovani italiani che vedevano i film sopra citati uscivano dalle sale di proiezione sconcertati.

Io ricordo accese discussioni con i miei compagni di scuola sul significato di certe sceneggiature, di certi astiosi comportamenti tra genitori e figli, di una presentazione imposta di un nuovo modo di essere giovane, di considerare la società, di vivere le proprie esigenze di crescita e di maturità, in modo dissacrante ed aggressivo. In questi film i sentimenti producono solo semplici e facili attrazioni e poi tutto deve risolversi nell’ottenere soddisfazioni sessuali a qualunque costo.

La donna smette di essere l’oggetto del desiderio e diviene l’oggetto su cui sperimentare ogni forma di violenza o di complicità a delinquere.

In quegli anni si accentuano i processi di omologazione tra i due sessi attraverso l’insidia della Moda che veste i giovani allo stesso modo: abiti casual, jeans, magliette, camicie sgargianti, scarpe sportive, eliminando persino gli accessori distintivi (borsette, cappellini, gioielli, orecchini, orologi, anelli, portafogli).

Indossare l’essenziale, senza dover essere obbligato a mostrare la propria identità e la propria diversità. Si arriverà a far crescere ai giovani persino i capelli. Ed avremo la stagione dei capelloni che creerà ulteriore confusione per riconoscere il giovane dalla giovane: erano uguali!

La rottura generazionale, l’invito a vivere in branco, l’abbandono precoce dalla famiglia, la scelta predicata dai poeti on the road, l’esaltazione della libertà individuale, la disgregazione dei cardini della Società, il diffondersi di pedagogie autarchiche e anarchiche, libere da ogni obbligo d’apprendimento sistematico, di conoscenze scientifiche, fatte di educazioni alla emotività, alle esperienze sensoriali, al trasformare un parco naturale in una nuova aula didattica.

Il contatto con la Natura per raggiungere gli ideali dello Zen o altre predicazioni derivate dal contagio della fratellanza e dalle tecniche di contemplazione dei monaci buddisti. Un breve excursus, molto parziale, per evidenziare ciò che ha concorso all’attuale disagio giovanile, alle nuove emarginazioni, nuove disgregazioni, dispersioni, incapacità di avere coscienza della propria identità.

In quei film -e in particolare in quello del geniale regista Carnè- i giovani sono tutti protagonisti e tutti omologati: la violenza, la separazione generazionale, la promiscuità tra donna e uomo, caratterizzano una stessa volontà di essere e di agire. L’unisex non solo nella moda ma nella cultura esistenziale ha provocato la perdita della “virilità” nell’uomo e della “femminilità” nella donna. E la nascita, oggi, dell’intersex. Perché, quindi, meravigliarsi? Se si sviluppano effetti collaterali, come la blasfema apertura delle Olimpiadi di Parigi 2024…?

In stridente contrasto con il relativo silenzio del Vaticano! Una dimostrazione che anche la religione cattolica si è politicizzata e parlano solo gli scomunicati.

Il malessere giovanile nato come reazione ad una visione ipocrita della vita da parte del capitalismo e dei suoi allucinogeni aggettivi, ha deviato sui binari commerciali del consumismo più sfrenato e più conformista.

Oggi il fenomeno delle baby gang trova ragazzi e ragazze uniformati con gli stessi obiettivi, con le stesse devianze, su una stessa reciprocità di ruoli violenti e su uno stesso sprezzante cinismo che caratterizzavano la gioventù ricca e disinibita descritta da Marcel Carnè.

 

                                                                               Franchino Falsetti

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