Editoriale della domenica
L’Editoriale Millecolline
Pubblicato il 14/04/2024
L’Italia si preoccupa delle libertà degli altri
In altri Editoriali ho espresso le mie riserve e preoccupazioni sulle dissociazioni politiche, culturali e sociali di cui questo nostro travagliato secolo intende abituarci.
L’anno 2000 segnò il sogno del genere umano nella speranza di un nuovo mondo, tra Congressi, Festival, promozioni turistiche intorno al Pianeta, fino a dare libera creatività su ogni attività intellettuale e produttiva di cui si poteva disporre.
Un anno fatale per l’entrata ufficiale dell’euro, ma un anno che sembrava quello della ricostruzione totale per riprendere a sorridere, a sentirsi felici e sognare quel “fatidico” benessere comune. Sembrò un sogno all’italiana, con un contratto ideale tra tutti i potenti della Terra, che con il XXI secolo la Pace avrebbe guidato le menti degli uomini “di buona volontà”.
Ma così non fu! L’attacco alle Torri gemelle dell’11 settembre del 2001, segnò l’inizio dell’Epoca delle vendette, della confusione, del disordine sociale, dei nuovi conflitti armati, della Pandemia, di una nuova Restaurazione e dello smarrimento dell’uomo terrestre vissuto finallora socialmente predisposto al suo benessere e diffusa opulenza.
In questi primi vent’anni del nuovo secolo troppe cose sono avvenute, troppe ingiustizie, troppi morti, troppe guerre, troppa arroganza ha governato e governa ogni piccolo o grande territorio (democratico e non), troppa volontà narcisistica, troppa indifferenza, troppe limitazioni di libertà, di espressione, di contestazione, di voglia di risolvere i disagi diffusi dei nuovi modi di vivere e di relazionarsi con l’altro e con la collettività.
Si parla d’integrazione verso le altre culture ed abbiamo cancellato i nostri modelli di aggregazione, di identità e di appartenenza e quindi di solidarietà. Siamo stranieri tra stranieri.
La Storia d’Italia non appartiene neppure alla Storia, ai libri testo, ai libri di scuola, alla cronaca che ci aiuterebbe a capire come mai siamo arrivati fin qui. La paura di cedere il potere non luminoso ha diffuso la cultura del pensiero unico, della cancellazione dei protagonisti che hanno fatto la Storia in ogni campo del sapere e del produrre.
Nel Rinascimento il grande artista e primo storico dell’arte Giorgio Vasari scrisse le Vite dei più importanti artisti che vissero principalmente a Firenze. Documento inestimabile che segnò l’importanza della memoria di chi lascia traccia ed esempi da imitare, continuare, perfezionare.
Oggi le Vite dei nostri illustri predecessori non interessano più.
Vengono sostituite da nuovi idoli della pubblicità, quelli inventati dai massa media, dal mondo dello spettacolo e veicolati sugli organi di stampa senza distinzione ideologica e morale.
Siamo passati dal merito al de-merito premiato ed imposto: chi fa le capriole ha un posto nelle Olimpiadi, chi urla e non canta è considerato maestro e vive di notorietà servile secondo i nuovi manuali per aver “successo”!
Un mondo fatto di cartapesta, di sabbia, si direbbe meglio, ma che ha trovato la guida più sicura nella ignoranza, come fenomeno collettivo, di massa, di proporzioni planetarie.
Se si considerasse il grado d’istruzione del mondo, saremo oggetto ad immediato ricovero. Oltre due miliardi di persone sono analfabeti totali e poi quelli semi-analfabeti, media acculturazione ed solo qualche centinaio di milioni di persone possono godere di livelli medi e superiori nella formazione e nella professionalità.
Ma a decidere il gruppo, a livello mondiale, si restringe notevolmente. E siamo nel XXI secolo. Il secolo dei diritti, della conoscenza, dell’intelligenza artificiale, delle straordinarie conquiste scientifiche e tecnologiche, nonché umanitarie.
In questa permanente contraddizione e dissociazione tra Essere e non Essere, vorrei fare ancora qualche piccola sottolineatura.
L’Italia si batte per le libertà degli altri popoli o singole persone che subiscono processi o vivono in condizioni disumane in altri paesi. Possiamo, in parte condividere questa presenza da buon Samaritano (noi della cristianità), ma cosa si fa per risolvere gli atavici problemi di negazione degli elementari diritti presenti nel nostro meraviglioso Paese?
Farò qualche accenno: le carceri italiane vivono situazioni “schiaviste”, sono sovraffollate ed in luoghi privi di dignità umana. Si rimedia promuovendo spettacoli, corsi di fotografia, inviti a frequentare esperienze a sfondo liberatorio psicologico (teatro – musica- arte – oggettistica), vanificando il sistema giudiziario italiano ed internazionale, facendo proliferando ogni sorta di associazione per il recupero o eventuali sconti di pena. Non sono un giurista, ma forse dobbiamo cambiare anche qui il nostro dizionario. Cosa significa: colpevole – pena – carcere – recupero nella società…
Ancora una volta i veri problemi non si affrontano, compreso la preparazione del corpo di vigilanza, e tutto procede nella confusione più totale. Si combattono i popoli sottoposti a dittature violente e con leggi anti liberali, ma in casa nostra si fa fatica a trovare un lavoro, una casa e poterla poi difenderla e sentirsi sicuro e protetto dalle leggi democratiche, figlie della Resistenza.
In Italia si vive alla giornata e nella paura della negazione ed emarginazione (dall’insopportabile ed incivile fenomeno del femminicidio agli abusi continui della burocrazia e delle leggi obsolete (fasciste) mai riformate del nostro sistema giudiziario.
Per finire, solo per ragioni di spazio, il mondo della Scuola e della Sanità. La Scuola vive una sua età di piena anarchia: si è confusa l’autonomia di gestione con l’autonomia direzionale dei contenuti dell’insegnamento, si è esercita il diritto alla libertà d’insegnamento senza capire che questo significa diritto di scelta metodologica e non di sostituzione del programma ministeriale o dei contenuti educativi e formativi previsti dai vari progetti di riforma; l’impreparazione professionale degli insegnanti italiani è abissale.
Anche in questa categoria alberga il virus della grassa ignoranza. Abbiamo insegnanti che non sanno insegnare.
L’università non insegna ad insegnare e tutto ritorna come prima: l’esperienza è maestra di vita (in minuscolo). Succedono episodi paradossali, incomprensibili in un Paese moderno e democratico, ma non sono affrontati, nessuno paga, tutto si giustifica e per finire arriva una rettifica dalle cosiddette autorità. Così vale per la Sanità. Un sistema sanitario inviato in tutto il mondo in pochi decenni si è sbriciolato.
Abbiamo perso oltre 50 mila dottori e centinaia di migliaia di infermieri. Rischiamo di realizzare un sistema privato e di allestire forni crematori più di quanto ne esistessero nel periodo nazista.
La morte non commuove nessuno. Più si muore più staremo meglio e più il flusso emigratorio potrà insediarsi permanentemente nel nostro non più bel paese (una pubblicità inesistente: oggi si vive di turismo museale, di mostre da mostrare e di dichiarazioni funamboliche dei vari ministri ed assessori ed addetti al settore), ma un approdo di conquista.
Molto ci sarebbe da aggiungere, ma ciò che mi preme è far notare che, noi italiani, dobbiamo occuparci di chi riceve avvisi di garanzia, di chi commette truffe per essere eletti, dei continui disastri ecologici, delle ingiustificate morti sul lavoro, dei nuovi analfabeti funzionali, della dispersione scolastica e relativi disagi prodotti dal nuovo male di vivere, di chi soffre senza assistenza, di chi diventa vecchio e deve solo attendere la morte.
Non siamo nati per essere usati e gettati; siamo nati per poter esprimere nel segno della Libertà comune la nostra esperienza individuale e collettiva per sentirci protagonisti di un sano e rispettoso vivere sociale. Questo possiamo ancora chiamarlo Futuro.
Franchino Falsetti