Editoriale della domenica
L’Editoriale Millecolline
Pubblicato il 31/03/2024
Buona Pasqua
Per un momento ho pensato alla gioia che si diffondeva nelle scuole quando si avvicinavano le vacanze di Natale e di Pasqua. Tutt’altra festività si respirava. Oggi non esistono queste emozioni.
Il calendario e le agende sono prive di ogni ricorrenza tradizionale, comprese queste basilari date che non dovrebbero essere mai cancellate. Acquistiamo calendari commerciali con gli asterischi per le fiere e le sagre.
Non vivo di sottomissione.
I musulmani preghino e siano rigorosi tra di loro. Nessuno può ancora una volta stravolgere la Verità e nessuno può pretendere che la convivenza sia un atto compromissorio o di convenienza (vedi i recenti e mortificanti episodi avvenuti in diverse scuole italiane, dove l’arbitrarietà e non l’autonomia, di un preside può crearsi il suo giorno di vanagloria).
La convivenza è l’incontro delle diversità e del rispetto di queste nel relazionarsi e nel costituirsi comunità. La libertà e la reciprocità sono valori non trattabili. Sono valori che caratterizzano l’azione democratica e i suoi obiettivi di conoscenza e di rispetto per le rispettive tradizioni.
Noi, da tempo, non siamo più italiani.
L’Italia è proprio diventata una cartina geografica. Un territorio di approdo, di smistamento, di invasioni multietniche, di dispersione dei nostri Beni culturali, di commercializzazione di ogni utile od inutile souvenir, senza la squillante voce di un Claudio Villa o le vecchie cartoline dei ricordi per gli innamorati.
Gli episodi di intolleranza o di nichilismo di cui siamo, purtroppo, ogni giorno inermi spettatori ci allontanano da nostri modelli di vita.
Stiamo cominciando a parlare al passato prossimo e tra non molto al passato remoto.
La realtà, già prima dell’avvento dell’intelligenza artificiale aveva perso il suo smalto, il suo arabesco di emozioni, di evocazioni, di condizionamenti per scandire il tempo del fare, del vedere, del conoscere. L’esperienza, maestra di vita? Non più.
L’esperienza, oggi, va monitorata e selezionata. Non possiamo più vivere pensando che tutto può esserci utile. La vita è stata trasformata in un super mercato: bisogna guardare la marca, la provenienza e leggere le istruzioni per l’uso.
E poi valutare se acquistare oppure no.
Così il nostro nuovo modello di vita: ognuno prova ad essere un unicum sia nel bene che nel male. Ma la banalità del male ha mille volti, mille sfaccettature e si muove sul terreno molle dell’indifferenza, dell’assenza del giudizio, del timore che questo “non si fa”.
Il permissivismo ha condizionato i politici, i governanti, i responsabili dei settori pubblici e privati. Una catena di irresponsabilità che, silenziosamente e pericolosamente, sta cambiando la nostra sensibilità e il nostro saper discernere (discriminare, cioè scegliere ciò che ci rende migliore da ciò ci uniforma a comportamenti dissennati, trasgressivi, offensivi delle buone maniere, del senso dell’onestà e della responsabilità).
Viviamo la nuova Babele, non solo dei linguaggi, ma delle morali scellerate, degli atti viscerali, della nuova pedagogia della distruzione e dell’odio.
Le parole ribelle e contestazione fanno parte di vecchio dizionario. Oggi prevale la rabbia, la destrutturazione, il vandalismo spettacolare, l’ignoranza in cattedra, il vivere alla giornata godendosi al massimo il proprio tempo perso.
Mi chiedo come questo Paese possa ancora andare avanti. La famosa locomotiva Italia è da tempo ferma in stazione e al suo posto si è riverniciata la zattera del vivere e lasciar vivere.
Un ritorno a livelli di primitività morale che può solo esprimere l’ansia, l’angoscia, il panico dell’esistenza. In altre occasioni ho parlato di un’Italia malata, ma forse l’intero Occidente è ammalato!
Assistiamo a conflitti che sembrano durare perché alla sera se ne parli sui media, come fossero puntate di un fotoromanzo.
Possibile che nel XXI secolo i popoli della Civilizzazione non siano capaci di mettere a tacere ogni arma, ogni belligeranza, ogni sete di potere?
La parola Pace è una bandiera logorata dalla menzogna e dalla non Verità. Ci dobbiamo abituare a vivere immaginando di fare, di realizzare, di progettare benessere, pace, convivialità. Ed invece abbiamo teorizzato l’effimero.
Il Piccolo Principe del geniale Saint-Exupéry, chiederà al geografo, ripetutamente, “Che cosa vuol dire “effimero”? Poiché questa parola ricorreva nelle risposte del geografo mentre commentava il suo registro (i resoconti degli esploratori). Alla fine dopo tanto insistere, il geografo rispose: “Effimero vuol dire “minacciato di scomparire in un tempo breve”.
Auguri per una radiosa Pasqua ed auspicata Rinascita ai miei 25 lettori e spero a tanti altri anonimi ma interessati.
Franchino Falsetti