EDITORIALE Millecolline. Non si può più sognare. Cosa ci resta

Editoriale

L’Editoriale Millecolline

Pubblicato il 27/08/2023

Non si può più sognare. Cosa ci resta

Nei giorni ferragostani ho provato a non leggere i giornali, a non guardare la tv, a non ascoltare le radio locali e nazionali e qualche estera, ma dopo un paio di giorni non ha resistito a riprendere le vecchie abitudini e leggere ed ascoltare i palpiti di questo vecchio mondo.

L’informazione non ci sorprende più. Ci sono in questo periodo catastrofi di ogni tipo in Italia ed all’estero, ma tutto ci lascia indifferente.

Persino i giornalisti lettori nei vari telegiornali mostrano una certa disinvoltura passando da uno stupro al crollo di una palazzina, alla morte di alcuni sciatori, ai turisti al mare e poi questa allarmante catena di morti per “malori improvvisi”.

Infine immagini turistiche molto casarecce: nessuna eleganza nello scrivere le cose che vedremo. La sintassi del vedere si legge solo sui classici saggi di un Roland Barthes o di Paolo Fabbri.

Il format ha condizionato, in modo conformistico, lo stile della comunicazione; una certa omologazione del parlato che cerca di spiegare quello che vediamo. E molto spesso non si capisce nulla.

Sembrano le riprese amatoriali del nostalgico super8. I vandali continuano a deturpare i nostri patrimoni. Ma non succede nulla.

Ho visto l’immagine di una ecologista arrabbiata colta in flagrante, seduta a bordi della magnifica Fontana di Trevi, che veniva consolata da due poliziotti, i quali, in un paese normale l’avrebbero dovuta caricare su un cellulare, arrestare e processare per direttissima. Invece siamo ritornati alla sicura tradotta, dove si arriva quando si arriva, dove si interviene per supportare, in modo terapeutico, l’inconscio demotivato, quello che un tempo (scherzosamente) si definiva il disimpegno attivo, con frasi rassicuranti date a chi ha perduto la mamma per strada.

Ma questo segno di eccesso di permissività mostra una diffusa diseducazione e decadenza di civilizzazione.

Viviamo la sindrome delle parlantine, del mi viene in mente, ma non si opera, non si dà alcuna concretezza, non solo per difendere i valori fondamentali della persona, ma si denigrano chi li sostengono e chi li difendono. 

Diffusa la parola empia: “il Re è nudo”, si sono scatenate reazioni solo di tipo viscerale e nessuna ponderazione e saggia decisione perché il Re nudo non divenga oggetto di arbitrarietà, vandalismi, violenze, abbandoni, persino legittimate abiure od ostracismi di complicità per un oscuro cambiamento epocale.

Ma non ci sono solo notizie di costume, di “prove d’orchestra” per vedere come meglio arrostire il contribuente. Sì, perché oggi non siamo più cittadini democratici post fascisti, ma contribuenti. La nostra vita viene regolata dagli uffici dell’anagrafe e dei tributi, nonché dalle Imposte dirette.

Ho visto, con una certa costernazione, i volti di coloro che continuano a cercare di richiamare l’attenzione del Governo e delle realtà locali circa gli aiuti necessari per la ricostruzione dei disastri provocati dalle sciagurate alluvioni nelle zone della Romagna e di altre regioni italiane (Veneto–Lombardia-Liguria).

E questi non sono racconti.

Impossibile raccontare le tragedie di questo tipo. Ma prevalendo l’indifferenza noi non siamo più sognatori e dell’avvenire non c’importa nulla. Anzi, partendo dai giovani, è letteralmente sconosciuto.

Il futuro è stato rinchiuso nello schermo televisivo e cinematografico dove, preconizzando scenari apocalittici, si presenta il futuro come un’unica necessità di sopravvivenza.

Cioè chi non sa sognare deve cercare di evitare il baratro che è sotto di lui. Ed ecco spiegato il famoso particulare del grande Messer Guicciardini. Padre della praticità e dell’effimero. 

Saper ancora sognare significa poter pensare per ipotesi e non per progetti.

I troppi progetti esistenti non sono frutto di chi ha studiato la “grammatica della fantasia “, ma di chi vuole, razionalmente, pianificare la realtà e renderla servile fino a trasformarla in modelli surreali ed evanescenti.

Proprio come è la nostra vita di oggi: tutto scorre in modo evanescente senza lasciare traccia e questo consente ai giovani disadattati sociali di esprimere ogni negatività, poiché insieme alla perdita del sognare abbiamo perso il senso della Vita e quelle certezze motivazionali che ci rendevano consapevoli e responsabili dei cambiamenti reali ed utopici. Il cosa ci resta non vuole il punto interrogativo perché il ci resta è quello che siamo diventati: degli smarriti!

 

Franchino Falsetti

 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *