Editoriale
L’Editoriale Millecolline
Pubblicato il 25/06/2023
Senza titolo
Avevo pensato di continuare sulle riflessioni del tempo che viviamo e delle sue sempre più incomprensioni.
Un tempo tra i libri per ragazzi ce n’era uno, piuttosto triste, intitolato: L’incompreso. Senza alcuna similitudine forse si potrebbe cercare di decifrare le contemporanee Civiltà aggiungendo l’aggettivo incompreso. Ecco perché ho preferito non dare alcun titolo a questo Editoriale che potrebbe essere una sonda ideologica per evitare le sabbie mobili, quelle che ci circondano non solo nel nostro cammino quotidiano.
Può essere stimolante immaginare di scrivere una favola mescolando queste parole:
Differenze – Aggressione – Discordia – Globalizzazione
Identità – perdita di Rispetto – Omologazione
Tradizioni – Cancellazione – Miti – Successo – Solitudine.
Sono le parole che maggiormente ricorrono in questi ultimi anni ed alle quali sono affidati significati ridimensionati ed adattati alle nuove povertà dei nostri modelli comportamentali e di vita.
Non sarebbe una favola, come un tempo con personali ben caratterizzati, dove le eventuali azioni rispondevano ad esercitare il male o il bene, la dolcezza o la gentilezza, il tramandare od il valorizzare dei valori di tradizioni e la necessaria continuità. Insomma le favole con sviluppi tematici (della narratività) ma con sguardi attenti alle conclusioni, al significato della favola, alle loro morali, senza “moraleggiare”.
I personaggi a volte erano parte del conoscere e dell’agire dell’uomo: il lupo e l’agnello (per esempio) erano simboli universali e tutti ridevano delle loro innocenze o si intimorivano delle loro malvagità. È certo che una favola con questi personaggi si sapeva già come andava a finire. Il bene doveva sempre vincere.
Ecco la grande morale: il bene deve vincere sempre.
Questo non accade oggi, da quando l’uomo ha conquistato la modernità e le sue indipendenze, direi quello strano cinismo che ha ucciso la fantasia, la creatività onirica, il sogno. Il saper volare e guardare le cose anche dall’alto e non solo dal basso o alla propria altezza, molto spesso nana ed oscura.
Nelle favole, racconti popolari, che distinguono ed accomunano tutti i popoli della terra, si nasconde la saggezza, il senso pratico della vita, una filosofia che ci conduce e illumina la nostra esistenza. E ci aiuta a raggiungere il vero delle cose che percepiamo, la verità degli obiettivi che riguardano le nostre ricerche per raggiungere il bene comune, il piacere della convivialità, il pensare che questa nostra avventura su questa Terra fa parte di un magico racconto, quello si perde nell’eternità.
Ma per completare il quadro delle parole “apocalittiche”, in questo contesto di radicali trasformazioni del nostro peregrinare, la parola “insicurezza” è la parola chiave che attraversa quelle considerate e rende precario ogni nostro desiderio di potere scrivere su pagine rose la nostra storia.
La favola che si potrà scrivere, purtroppo, ci riconduce ad una criticità sociale e culturale che questa parola disegna il presente ed il futuro: quel futuro che un tempo era il nostro cordone ombelicale nella società e nelle sue prospettive ed oggi è scomparso all’orizzonte della Vita.
Chi spara alla professoressa riceve 9 in condotta e promosso con la media dell’otto, chi viene bocciato e i genitori si rivolgono al TAR. Le scuole si trasformano in asili nido. Le studentesse madri si presentano gli esami di maturità con il figlio in carrozzina e tutto il personale scolastico si improvvisano crocerossine perché la studentessa svolga il tema d’italiano.
I giudizi potete darli anche voi: forse diventa difficile scrivere una favola di redenzione con questi titoli.
Non ricordo bene se erano i somari o i cavalli che guardavano i treni passare!?