EDITORIALE Millecolline. La scuola come centro d’accoglienza

Editoriale

L’Editoriale Millecolline

Pubblicato il 11/06/2023

La scuola come centro d’accoglienza

Ricordando, anche polemicamente, la figura e l’opera di don Milani (ricorre quest’anno il centenario della nascita) non si può non cogliere anche dal suo problematico messaggio e dalla sua sofferta missione che la Scuola è una cosa seria e che può divenire, in mani servili e strumentali, un pericoloso veicolo di limitazioni, emarginazioni, selezioni, fonte d’interessi, incompiute e maldestre formazioni.

La sua Lettera ad una professoressa ne è un chiarissimo esempio di come non deve essere la Scuola di Stato: la scuola di tutti, la scuola che non va considerata come un dopolavoro, né tanto meno una realtà educo-formativa frequentata solo da una casta privilegiata. “La vecchia media era classista soprattutto l’orario e per il calendario. La nuova non li ha mutati. Resta una scuola tagliata su misura dei ricchi.

Di quelli che la cultura l’hanno in casa e vanno a scuola solo per “mietere diplomi”. Una spietata denuncia verso l’immobilismo della scuola di Stato e delle sue sordità rispetto al mondo che cambia, alle nuove esigenze di rinnovamento e di ristrutturazione del modello – scuola – alla vigilia della contestazione studentesca e delle rivoluzioni culturali esplose nel mondo Occidentale mettendo in discussione le sue millenarie tradizioni.

Da quel tempo di entusiasmi politici che tutto sembrava possibile ed accessibile si è sviluppato con la stessa rapidità un processo reazionario ed involutivo ed in questi ultimi decenni a sostituirsi, anzi a modificare strutturalmente ed antropologicamente sia il valore dell’Istituzione scolastica in un Paese democratico (in ogni ordine e grado compresa l’Università), sia i protagonisti docenti e studenti nei loro rispettivi ruoli, funzioni e professionalità (professione docente – professione studente), sia in una visone più complessiva dei modus vivendi.

Non voglio soffermarmi, anche perché in altre occasioni ho avuto modo si soffermarmi sui mutamenti sociali e culturali del XXI secolo, ma è certo che la scuola ha perso la sua identità: non è più un ambiente, una comunità del saper e del conoscere, per imparare ad apprendere e per saper scegliere, consapevolmente, il proprio futuro professionale o di lavoro.

In questi ultimi decenni la scuola si è svuotata dei contenuti che erano stati rivalutati con le riforme degli anni settanta, ottanta e novanta del secolo scorso.

Ma queste riforme brillavano apparentemente ed invece sono state una Cavallo di Troia, perché all’interno non c’erano soldati armati ma mendicanti da trasportare. Riforme senza contenuti formativi ma manifesti di destabilizzazione, di negazione dell’Istituzione scolastica, la sua povertà strutturale e strumentale.

Un immenso parcheggio giornaliero, con noia surrogata dai telefonini in uso persino durante le lezioni e con diffusi episodi (mai conosciuti in Italia prima) del famigerato bullismo, delle aggressioni ai docenti o coltellate, innamoramenti tra docenti e studenti, tutto oggetto di dibattiti, di improvvisate valutazioni dei soliti esperti (i nuovi eroi televisivi).

Parole vuote.

Tutto continua, nessun ha il coraggio di prendere decisioni risolutive. Nel passato si sosteneva che la Scuola condizionava, installava e corrompeva le menti degli studenti. 

Si discuteva contro l’uso capitalistico della scuola. Ma la Scuola funzionava ed è riuscita a rispondere anche se si trovava, ormai, sepolta da molte macerie e sottoposta a continui attacchi e demolizioni. Oggi non abbiamo neppure le macerie: la scuola italiana si è trasformata in un centro di accoglienza.

Tutti possono frequentarla, tutti possono non frequentarla, al posto dei libri, arrivano i pannoloni, non i pannolini. Si istituiscono al liceo un nido per aiutare una studentessa mamma a non perdere l’anno scolastico (una geniale idea in una scuola di Ravenna – liceo artistico)

Il preside del liceo artistico Nervi-Severini:  -“Non volevo perderla, basta un po’ di creatività” (La Repubblica, lunedì 5 giugno 2023)

Vorrei rispondere che al liceo artistico non ci si iscrive perché si sa tenere in mano un pennarello. In questi ultimi, sempre fatidici anni, abbiamo massificato i Conservatori ed i Licei artisti, nonché le Accademie delle Belle Arti ed Arte drammatica e danza.

Abolito per demagogiche e qualunquiste sentenze del politico corretto, che non esiste il talento, che non esiste il merito, che non esiste la competizione e la qualità professionale. Pertanto tutti possono essere e fare tutto.

Ma per chi? Per che cosa? Chi valuterà chi? E questi che parlano di creatività, dove si sono formati? Chi li ha giudicati? La scuola non è un luogo neutrale: è un apparato che riproduce la cultura e formazione prevista dal ministero, dallo Stato.

Per continuare a scendere questo rovinoso degrado, sempre su “la Repubblica” del 5 giugno 2023, si sintetizzano le iniziative per i diritti (non di studio aggiungo io):

  1. Carriera alias. Ben 222 scuole che provvedono tutele per gli studenti in transizione. Pioniere è stato il liceo delle arti di Trento. (Si riproduce una piccola foto con studentesse riprese ad una “manifestazione per il congedo mestruale”);
  2. Tampon box – Sempre più scuole, grazie ai collettivi di studentesse, hanno nei bagni distributori di assorbenti gratuiti;
  3. Congedo – Il primo liceo a introdurre con delibera il congedo mestruale è stato proprio il Nervi- Severini di Ravenna.

-“Non chiedono chi sia la più brava”, dice il coach delle cheerleader della University of Kentucky, T. Lynn Williamson, a proposito delle case farmaceutiche che vengono a bussare alla porta per reclutare rappresentanti per le vendite. “Vogliono le cheerleader più appariscenti, movimenti esagerati, sorrisi esagerati, entusiasmo esagerato. Ragazze che siano in grado di far fare alla gente quello che vogliono”. (Joel Bakan, assalto all’infanzia. Prefazione di Chiara Saraceno. Come le Corporation stanno trasformando i nostri figli in consumatori sfrenati, Serie Bianca Feltrinelli, Milano, 2012).

Franchino Falsetti

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