Editoriale
L’Editoriale Millecolline
Pubblicato il 18/06/2023
Liberiamoci
In questo editoriale vorrei che si ragionasse in modo semplice ed ovvio. In questi giorni a Bologna si è svolta l’ennesimo raduno delle teste d’uovo (vuote), degli abbonati ai mass media e ad ogni sistema di visibilità, qualunque sia la natura politica del’Emittente. Si chiama la Repubblica delle idee, di cui ho parlato diffusamente e criticamente un anno fa. Le cose non sono cambiate e tutto si muove nell’inganno di ciò che non è possibile realizzare. Amiamo le sagre paesane e queste manifestazioni da strapese (di vecchia memoria), fingendo di esprimere il disappunto, la critica, il disagio, il malumore, il mugugno degli italiani insoddisfatti (contro tutto e tutti) radunano i microfoni della tuttologia intellettuale già conosciuta ed inascoltabile in ogni tribuna televisiva e social.
Si atteggiano a profeti del futuro ignorandone l’esistenza. Sono portavoce di sé stessi ed ostentano, oltre la vanità di apparire, la supponenza e la vacuità di ciò che trattano con “autorità” vanificando ogni aspettativa. La voglia di contare, di essere protagonisti di un pubblico anonimo in cerca di consolazioni, incapace di liberarsi dalle abitudini (un tempo contestate), di essere ascoltatori passivi ed incapaci di reagire o interagire con i profeti del super mercato che rinnega ogni concorrente che la pensi diversamente. È il vecchio e vuoto stile del cineforum, con nuove scenografie e con nuove illusioni di cambiare il mondo.
Liberiamoci di questi rituali ancestrali che non ci aiutano a farci capire i nuovi modus vivendi e riprendiamoci le utopie, i sogni dell’avvenire, come ci ricorda con convincenti affermazione il poeta Anatole France, citato dal grande filosofo Zygmunt Bauman: “Senza le utopie dei tempi andati, gli uomini vivrebbero ancora nelle caverne, infelici e nudi. Sono stati gli utopisti che hanno tracciato le linee della prima città […]. Dai sogni generosi nascono benefiche realtà. L’utopia è il principio di ogni progresso, il tentativo di un futuro migliore”.
L’universo distopico delle manifestazioni come quelle predisposte in ogni non luogo della convivialità moderna trova nei mass media la sua “naturale” correlazione e continuità.
Le famose tribune politiche che scandivano i momenti elettorali o programmi di seria cultura formativa fanno parte dell’archivio storico della Rai ma, nel frattempo, sono nati il Talk show, gli intrattenimenti dei cosiddetti opinionisti (da cantanti a filosofi da strada, da giornalisti pennivendoli a conduttori tuttologi).
Tutto si è trasformato in spettacolo, in piccoli quadretti di una storia infinita, che è la vita, ma non si parla di noi, dei nostri problemi, di come risolverli. Si parla senza cognizione di causa, ma con precise consapevolezze di “emergere” sostenendo posizioni personali e di sicuro effetto mediatico.
Come per le manifestazioni ideologiche di piazza, panacee di ogni consolazione autoreferenziale, così nei programmi di informazione e discussione politico-culturale ci si affida all’empatia delle conduttrici (tutte, rigorosamente, donne) e delle loro doti di amabilità per raggiungere l’agognato gradimento del pubblico.
Ma il pubblico cosa ha capito in tutti questi anni da questa corte di stipendiati? Tutti evitano di spiegare perché alla fine si dovrebbe agire. Mentre si preferisce descrivere, personalizzare i problemi come fossero vecchie reliquie del conoscere attraverso la domanda: immaginiamo di essere…
Liberiamoci anche di questa zavorra. Guardiamoci un bel film degli anni quaranta e cinquanta, dove era ancora possibile imparare vedendo ed ascoltando. Ed ancora la parola aveva il vero senso del comunicare in modo compiuto ed era chiara la trama ed i dialoghi erano come fiori di soave bellezza (e questi ci facevano ancora sognare). Se è vero che non solo la scuola è l’unica deputata all’insegnare e all’imparare, allora costruiamo nuove realtà formative e trasformiamo le attuali povertà di linguaggio, di pensiero, di espressione e di educazione in occasioni o luoghi di arricchimento culturale per saper decidere e consapevolmente agire.
Franchino Falsetti