Editoriale
L’Editoriale Millecolline
Pubblicato il 23/04/2023
Come vorrei il mio 25 aprile
Questo editoriale uscirà con due giorni d’anticipo rispetto alla giornata che ricorda la Liberazione da parte degli Alleati e dei partigiani–patrioti di varia appartenenza politica democratica, fino alla caduta del fascismo dispersi per l’Europa o rinchiusi in carcere e perseguitati dal regime mussoliniano.
Da diversi mesi in Italia, in particolare, con le vittorie elettorali della destra policroma, si è riaperta un’antica ferita, mai rimarginata (vedi i libri dell’indimenticabile giornalista Pansa) dove sulla Resistenza e post resistenza si nascondono ancora molte verità ed alcuni “fucilatori” oggi sono persino festeggiati nel loro centesimo anno di vita. È qualcosa che ci lascia ancora esterrefatti. Mentre infuriano guerre in ogni parte del mondo, mentre la pace è continuamente minacciata e calpestata, una parte del popolo italiano, alcuni partiti reticenti e spergiuri, continuano ancora a dividere l’Italia tra: fascisti e antifascisti.
Non voglio entrare nelle polemiche artefatte di questi mesi dopo la vittoria della Meloni (di destra ma non fascista) perché questa è una Rivista di Arte e di Cultura (Millecolline) dove mi onoro di scrivere fin dalla sua nascita, ma è certo che, non basta inventarsi il nemico, bisogna anche saperlo abbattere con ogni mezzo a disposizione, compreso l’odio, la menzogna e la fantasia stravagante di un novello Esopo. La Liberazione dell’Italia dal nazifascismo è una data sacra che ha segnato la fine della seconda Guerra Mondiale e tutte le sue infamie, atrocità ed inciviltà.
La Liberazione è il nostro anno 0 (zero): da qui nasce la nostra Repubblica, la nostra democrazia e la rinascita del popolo italiano nel rispetto della sua illuminante Costituzione liberale e repubblicana, scritta da tutti i partiti del secondo Risorgimento.
Il panorama elettorale di oggi, la scomparsa dei partiti tradizionali della Costituente, l’avvento delle liste civiche, dei gruppi e gruppetti, delle chiese di fuori porta e della nuova corte dei miracoli, hanno innescato nuove forme di lotte, di protesta, di negazionismo e di alterazione (strumentale) della verità dei fatti accaduti in un particolare momento (delicato) della vita politica italiana.
Ormai i grandi testimoni sono morti tutti e non tutti sono morti ricordando e denunciando le nefandezze compiute fino al 1946. (Un esempio eclatante sono le foibe su cui si stanno scrivendo solo dei romanzi e noi rischiamo di ricordare solo degli “intrecci” narrativi di un terribile e disumano periodo della storia italiana e slovena). Non sono le polemiche delle botteghe ingrassate che fanno la Storia, sono le onestà intellettuali, la voglia di diffondere la verità, il far conoscere anche le nostre coscienze sporche (da qualunque parte esse siano protette).
Si vuole riconquistare il tempo perduto, gli anni dedicati all’effimero ed alle carriere promosse e sostenute dal potere dei mass media: viene avanti cretino non era più una comica battuta, ma una triste realtà. Tutto era ed è banalizzato e filtrato dal gradimento dell’audience o delle fruttuose aggregazioni giovanili e non. Il mondo è oggi in mano agli influencer. Persino il papa tenta di esserlo (è visibile ogni giorno su tutte le tv di stato e private).
Sono automi che non dicono nulla, non conoscono nulla, ma appaiono come antiche figure santificate e condizionano migliaia di fan e quella che si definisce “opinione pubblica”.
Nelle civiltà altamente industrializzate questi sono i nuovi idoli e questi sono gli esempi che si offrono ai giovani ed alle giovani generazioni. Inutili le prediche retoriche degli psicologi con i loro bestseller costruiti con i cartigli perugina. La complessità della vita contemporanea ha bisogno di ben altre culture e terapie che sorridere o teorizzare la felicità annunciata e brillantemente trattata da Epicuro.
Nell’età dei replicanti, degli scrittori e scrittrici a plagio continuo e vuoti come la società a cui appartengono, quali sogni di libertà possiamo avanzare o contrastare? I cattivi maestri continuano la loro demolizione o meglio la loro rottamazione con la complicità della macchina sanguisuga dei mass media onnipresenti e di rocambolesche visioni virtuali.
La destra cerca di livellare e la sinistra e cerca di riscrivere la Storia: “Il PD riscrive la storia: ora vuole trasformare l’eccidio di Marzabotto in festa dei migranti” – “La sindaca Cuppi, ex presidente dem: “Il 25 aprile qui non vogliamo né La Russa né Meloni”. E invita il medico di Cutro e l’ONG Mediterranea. Ma cosa c’entrano?” (Libero, 15 aprile 2023). E così si vogliono riscrivere i libri di storia (dal fascismo all’antifascismo). La scuola parla con il megafono dei sobillatori da strada ed in queste settimane molti licei e scuole superiori sono occupati per parlare dell’uomo nero. La didattica non esiste. Il programma scolastico non esiste. La cultura non esiste.
L’educazione non esiste. La formazione non esiste. Nel frattempo però sospendiamo i docenti che fanno pregare gli alunni (non come in un convento) o quelle che scrivono lettere da condannati a morte oppure l’Ultima generazione che imbratta i monumenti e i capolavori dell’arte rinascimentale italiana. Tutti a guardare. Tutti a ridere. Tutto risolto in battute del rimpianto storico Varietà. E la polizia resta a guardare. Ma chi ci difende allora? Le leggi italiane per chi valgono? Esistono queste leggi che mettano fine, in modo energico, a queste forme di vandalismo autorizzato?
Tutto questo e tanto altro ancora non rappresenta il 25 aprile, l’Italia liberata dalle atrocità, nefandezze, soprusi, violenze, arbitrarietà. Lo spettacolo continua, siamo il paese del panem et circenses ma ( non so cosa accadrà in questi giorni di attesa ) è certo che dovremmo vergognarci di sventolare la bandiera Tricolore, perché il 25 aprile del 1945 potrà essere la festa di tutti gli italiani se saremo davvero capaci di ricostruirla nella continuità dei suoi valori, ideali risorgimentali, un ritorno alle leggi morali che non devono essere solo un patrimonio intimo per ciascuno di noi, ma di unità per la ritrovata grandezza di essere un vero italiano.
“Se si vuole che la democrazia prima si faccia e poi si mantenga e si perfezioni, si può dire che la scuola a lungo andare è più importante del Parlamento e della Magistratura e della Corte costituzionale”.
(Piero Calamandrei)