Editoriale
L’Editoriale Millecolline
Pubblicato il 02/04/2023
Abbiamo creduto e ci hanno allontanati
Come avrete notato e mi rivolgo ai miei 27 lettori e sostenitori ed a tutti coloro che vorranno aggiungersi, le mie riflessioni non rispondono all’antica tradizione del citare il pensiero altrui, nel senso di renderlo come copia conforme a quello che si vuol sostenere, amo le scorribande che contengono le migliaia di pagine lette ed assimilate. La mia convinzione, essendo un prodotto della storia, è quella di non essere un replicante e nemmeno un imitatore.
Un conto è commentare un testo, un conto è cercare di rileggere, idealmente, molti testi sul pentagramma del cromatismo inventivo e creativo. Cioè saper usare il metodo dell’induzione per comporre tavole prospettiche che ci consentono ogni ri-elaborazione e sentesi espositive di ciò che si vuole trattare o, semplicemente, comunicare. Così nasce il pensiero e così si ogni forma di giudizio e valutazione. Poi si può aver il piacere di ricordare un vero progettista di idee e nelle calzanti opportunità si potrà citarlo.
Questo prologo inusuale per un editoriale ma necessario per rendere più accesa la vostra attenzione (mi auguro anche per tutto quello che leggerete con maggior consapevolezza!).
Un tempo, non molto lontano, le Società si organizzavano secondo sistemi di valori, di insegnamenti, di prove di esperienze, di esami da superare (non solo scolastici), di esempi da seguire, di molte letture consigliate o rese obbligatorie nell’arco del tempo degli studi di formazione (morale ed etica), partecipazioni a manifestazioni che consolidavano i valori di nazione, patria, famiglia, amicizia, essere educati al senso di appartenenza, all’orgoglio di essere nati in Italia (“il nostro bel suol d’amore”).
La Scuola è il raccordo fondamentale per conoscere i riti della Tradizione, i nostri Padri, le regole sociali, la pedagogia della conoscenza e della convivenza, il passato che riflette il futuro.
La lista sarebbe lunga, ma io mi fermo qui. Questo mondo, la generazione degli oltre settant’anni, l’ha conosciuto bene. E con l’azione della tabula rasa del consumismo e del conformismo, in massima parte è stata allontanata, emarginata, deprivata di quel sistema socio -culturale che li aveva formati.
E noi ci avevamo creduto! A partire dalle poesie dei grandi dimenticati, come: Capuana, Gozzano, Pascoli, Carducci, Panzacchi, Angelo Silvio Novaro, Ungaretti, D’Annunzio, Schwarz, Deledda e mille altri ancora che leggevamo con trepidazioni ed a volte con la mano destra sotto il mento per incominciare a volare con le incantate e sognanti parole dei sentimenti, delle irrinunciabili illusioni.
Ogni testo raccontava storie da ricordare, da imparare a memoria e tutti nascondevano una morale, un insegnamento, consigli non per gli acquisti, ma per diventare più maturi e più convinti.
Con questi autori e con mille altri del passato prossimo e remoto: le pagine immortali di Silvio Pellico, di Giuseppe Mazzini, di Massimo D’Azeglio, di Edmondo De Amicis, di Collodi, di Vampa , e tanti Campioni della ricca letteratura per ragazzi si completava l’opera della formazione del ragazzo e responsabile cittadino italiano. Ma quelle letture furono vera formazione? Trascorsi oltre 150 anni dall’Unità d’Italia, con una certa amarezza, alla luce di ciò che accade oggi, dove l’utero in affitto è determinante per la salvezza di un nuovo popolo dimezzato sul suo passato e cancellato sul suo presente e futuro.
Noi abbiamo creduto che la vita fosse vissuta di sinergie dell’Essere e del Divenire (Essere e tempo), ed invece, era solo un castello fatto con le carte dei Tarocchi che ci hanno dissociato e negato ogni nostra libera aspirazione e convinzione da poterle tramandare.
Noi, dopo la seconda guerra mondiale, con le liberalizzazioni e le pillole liberticide, abbiamo minato quelle fondamenta, che seppur non di cemento armato, avevano le ingenuità del fare e del pensare come medium della significazione, del poter, comunque, trovare soluzioni anche consolatorie. Ma la grande diga della Vita, costruita nei secoli, un bel giorno si è squarciata e siamo stati invasi da ogni virus mortale prodotto dalle Società più avanzate e progredite: dal consumismo al globalismo, dal pensiero unico alla cancellazione culturale, fino al trionfo dell’uomo massa e della sua alienazione.
Ma il finale non è stato ancora scritto, certo che chi ha avuto la fortuna di conoscere cose diverse, autori diversi, mondi diversi, la propria Cultura, sono oggetto di diaspore. E quelli che ancora vivono nel proprio intimo quelle luminose esperienze, vengono allontanati, quasi condannati a chiudere la loro vita nel ghetto degli indesiderati. Ed è quello che sta avvenendo per la nostra gloriosa lingua italiana. Non sono le Accademie che difendono la lingua di un popolo, ma la stessa Nazione che si fa capofila e garante
(tramite la sua Costituzione) di tutelare ogni aggressione demenziale e personalizzata sulle difese di presunte categorie considerate deboli o subalterne.
Sarà questo caldo argomento che vorrò trattare nei prossimi editoriali, per evidenziare che i dizionari delle lingue non possono essere declinati al femminile od alla negazione delle identità che sono solo due (uomo e donna) e non centomila (arcobaleno). La prospettiva di nuove Babele della lingua nazionale o dei linguaggi settoriali sono segni di una nuova preoccupante povertà culturale.
Franchino Falsetti