Inviti ad abbandonare il pensiero unico
Sono considerazioni come fossero Cattivi Pensieri per chiedersi altro: siamo tutti colpevoli ?
Pubblicato il 29/08/2022
I libri dell’estate consigliati dall’Innominato libraio
Si sa che alla vigilia dei rituali civili collettivi e di massa c’è sempre qual-cuno che viene commissionato per predisporre un elenco più o meno ra-gionato dell’editoria dei best seller, tanto cara al mercato ed al borsino del-le segnalazioni. Un circuito sempre più privato perché alla stragrande maggioranza degli italiani non interessa nulla, anzi né è completamente ignara. Ci sono i saldi, gli sconti last minute, gli svaghi come istantanee “dal guarda e scatta”, le combinazioni super economiche per crociere e viaggi in paesi sconosciuti, fino alle vacanze al rosso aragosta alle quali non si può mancare. Le letture sono i rotocalchi (usa e getta). Settimane enigmistiche e giochi impossibili (anche questi usa e getta) e le solite letture di gossip, di abbandoni e peccaminose rivelazioni, tanto per arrivare alle ore più impe-gnate: quelle dedicate al pranzo ed alla cena e tuffi anonimi tra la folla im-mersi in olezzi di fritti prodotti da ogni ricetta arcobaleno che inquinano in-tere spiagge e luoghi di ritiro immaginario. Ma, in tutta questa baraonda estiva, sul Corriere Bologna del 31 luglio scorso: una intera pagina curata dall’Innominato libraio, troviamo i consigli per gli acquisti di libri che sono “le basi per vivere nel nostro tempo”.
Tranne qualche nome, ormai, scolastico, come Pasolini, Austen, Wilde, Do-stoevskij (con la solita opera che non insospettisce nessuno “Il sosia”); il resto è pura attualità di vincitori di premi e coppe che ricordano il terribile Alboino. Poche righe di presentazione dei vari libri, stile libraio, ma nessun libro “classico”, nessun best seller d’epoca, nessun richiamo al passato let-terario, poetico, musicale, artistico, per incuriosire e, soprattutto, dare quel-la continuità che viene, di giorno in giorno, cancellata. Tutto è contempora-neo. Prevale, ancora una volta il Novecento. E vorrei aggiungere che non vi è ricerca di cosa leggere, ma del target, a cui ci rivolgiamo. Al solito lettore onnivoro. E tutto, caro libraio, tranne poche eccezioni, è il rifacimento del già letto, per chi ha letto, del già conosciuto, per chi conosce. I titoli sono divenuti degli anagramma. Si scrive per riassumere le letture fatte dagli al-tri.
A quando un ritorno alla lettura non solo per divertirsi, ma per ri-studiare il mondo in cui viviamo e di cui leggiamo solo il visibile, l’effimero, l’emozionale, il “raccontare” il nulla, gli esaltanti pensieri degli autori, lo straripamento giovanilistico, in cui il talento è di tutti, il magnete omologan-te che rende luccicante la parola, mentre il profondo pensiero, la riflessio-ne, il difficile sono immersi nella zona buia di un’ Epoca liquida e smarrita , dove essere persona significa essere solo presente sul registro dell’anagrafe.
Ancora una volta prevale la quantità, la scelta delle Case editrici, l’ossessiva pubblicità, perché è bello comprare. A pensare (male) ci pensa-no altri. Una volta sui vecchi tram c’era una targhetta “non disturbare il manovratore” chiunque esso fosse, anche un eventuale analfabeta. Ma per guidare non bisognava avere cultura, come vivere in questo tormentato e sconvolto mondo, non bisogna sapere criticamente, abbracciare con la mente l’eternità, come diceva il grande Eco, ma ubbidire ai consigli correnti, balneari perché queste letture non ci fanno pensare, non ci aiutano a capi-re il nostro tempo, ma ci rendono esseri vuoti, servi, privi di una testa pen-sante.
Franchino Falsetti