Chiese chiuse

Editoriale

L’Editoriale Millecolline

Pubblicato il 14/11/2021

Chiese chiuse

E’ un titolo preso a prestito dall’ultimo libro dello storico d’arte Tomaso Montanari, attento e caustico quanto basta per renderlo uno dei più brillanti docenti ed esperti italiani nel campo artistico e critico. Il libro è una miniera di osservazioni e di considerazioni, nonché una necessaria denuncia rispetto allo stato di degrado di moltissime chiese, in massima parte abbandonate, in piena degrado e prive di ogni vigilanza e protezione.

In moltissime di queste realtà religiose esistono dei veri e propri tesori artistici, senza essere di Raffaello e di Guido Reni.

Possiamo sentirci rattristati dell’inchiesta del nostro attento ed acuto storico dell’arte, ma nello stesso tempo invogliati a dire di più, ad uscire dalle strette maglie dell’estetica e dei patrimoni perduti od abbandonati.

Io, nel leggere con occhio critico, questo libretto di grande rilevanza culturale, ho fatto altri pensieri ed altre considerazioni. Le chiese chiuse non sono un motivo di condanna e di allarme, ma sono il segno di un motivato abbandono perché le Chiese non sono più la casa di Dio. Non sono più luoghi deputati alla preghiera, all’incontro, alla comunità cristiana. I cristiani non ci sono più. Possiamo ancora, per poco, non dirci post-cristiani, ma, ormai siamo arrivati anche a questo triste capolinea.

La Chiesa fino a qualche decennio fa, pur dando già segni di cambiamento, in senso negativo: scarsissime vocazioni, chiusure di Seminari secolari e di grandissimo prestigioso culturale, formativo ed artistico, la diffusione di ideologie contrastive, le ipocrisie ed i vantaggi personali dei “cristiani di sinistra”, le devianze e le cancellazioni della tradizione liturgica del Concilio Vaticano Secondo, il tramonto definitivo di una certa intelligenza cattolica, le chiese sempre più luogo di visibilità edonistiche e di ostentazioni delle griffe, le campane non suonano più a festa per inviare i credenti a recarsi nel luogo sacro per onorare e pregare le glorie di Dio nel rafforzamento della vita spirituale. Nessun richiamo più al sacro e nessuno più conosce le sacre scritture, nessuna cultura religiosa cattolica viene diffusa, coltivata, praticata; il crocifisso è diventato il pendaglio d’oro per catenine e per donne saccenti. Un amuleto contro il malocchio.

Le chiese chiuse sono l’ennesimo esempio, in questo Paese popolato da visionari ignoranti, delle possibili mortalità dei luoghi deputati, alla cultura, al culto, alla riutilizzazione di ambienti e strutture (come le Chiese chiuse), pensando da un lato al recupero finalizzato e proficuo e dall’altro lato a nuovi ambiti di ricerca e di rilancio per un nuovo Rinascimento.

Potrebbe essere emblematico, ma non troppo, quanto scriveva l’imprevedibile Marinetti, nel suo Manifesto del futurismo, a questo proposito, con straordinaria attualità.

“Noi non vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le accademie d’ogni specie[…] , vogliamo liberare questo paese dalla sua fetida cancrena di professori, d’archeologi, di ciceroni e d’antiquari. Già per troppo tempo l’Italia è stata un mercato di rigattieri. Noi vogliamo liberarla dagli innumerevoli musei che la coprono tutta di cimiteri”.

 

                                                                         Franchino Falsetti

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