Miry in Poetry ci presenta un giovane poeta contemporaneo
Manuel Mazzara, prefazione di Miriam Bruni
Pubblicato il 15/12/2020
Andante grazioso
Mentre io sarò via conserva
e difendi – ti prego
quei giorni stupendi
se riesci. Lascia restino
appesi a quel muro, ingenui
e indifesi come appaiono ora
immortali che furono
lasciali ancora
*****
In quelle foto siamo noi
che ridiamo a un obiettivo
io cercavo gli occhi tuoi
era tuo quel mio sorriso
*****
Torna ben presto il mattino
a brillare di oro e di argento
Torna ben presto qualcuno
a riaccendere un cuore
quand’era ormai spento
Tre testi diversi, per introdurvi quello che chiamerei l’impressionismo poetico di Manuel Mazzara.
La forma dei versi e la musicalità, data dal fitto reticolo di rime e assonanze – ci ricordano, e riportano, alle filastrocche che leggevamo nei libri, da bambini. Il contenuto però è quello di un’esistenza adulta: ricama sotto gli occhi del lettore un disegno che tratteggia le vicende dell’autore su quel grandioso tappeto della maturità che è sempre in fieri per chi non si stanca di “attingere al vero e intraprendere il proprio sentiero”.
Copri le ferite con la vita che viene
il vento della sera spazza via le catene
il tempo galleggiando questa notte trattiene
e il sangue nuovo e antico spinge dentro le vene
Con i nostri bagliori e con la voglia di ieri
con la tenue paura verso i nuovi sentieri
La punteggiatura sembra non avere grande importanza, solo qualche maiuscola e qualche virgola. Tra le figure retoriche e stilistiche a sua disposizione, Manuel Mazzara si avvale perlopiù di anafore, anacoluti e enjambements. Molto presenti – e tintinnanti – anche le rimodulazioni di certe frasi a mo’ di ritornello, che di nuovo ci consegnano al “pianeta canzone”. Anche il registro linguistico, lo snocciolarsi delle frasi, è vicino all’oralità più che allo scritto, e più proseguivo nella lettura più mi si componeva nel cervello l’idea che questo libro si presterebbe con successo ad esser musicato, trovandosi come ad un crocicchio di generi, quello tra l’autobiografia e la canzone pop. Manuel stesso lo definisce “un lungo diario di vita” nell’incipit a un testo della terza sezione.
Restando nel paradigma musicale, direi che il tempo e il mood con cui si è sospinti dal testo stesso a leggere e partecipare sia riconducibile a un Andantino mosso o a un Andante grazioso.
Sì perché questo Diario in quattro stagioni è intriso della grazia e del brio che l’autore ha respirato nella sua fanciullezza e nei suoi molti ritorni al Giardino di casa, a seguito di viaggi e dilatazioni del proprio Essere Uomo…
É il Viaggio dell’Eroe che ora torna
al suo villaggio con la Spada
e forse un po’ più saggio
o solo un po’ più folle
alla fine del suo viaggio
saprà accogliere la sfida
ovunque vada
Non pago di stare rinchiuso nei riferimenti di una sola epoca culturale, né di una cultura del vivere unicamente occidentale, Manuel Mazzara decide di abbeverarsi anche a filosofie e spiritualità orientali, e questo lo emerge con molta chiarezza dai suoi testi, e lo porta, a mio avviso ad una bella e sana ricerca dell’equilibrio. Ne troverete molto, di equilibrio, in questo libro funambolico e marino: un equilibrio tra mente e percezioni, tra illusioni – accettate per quel che sono e quindi superate – e gratitudine per l’immensità del Destino che conduce ciascuno alla propria “melodia” e fa di ciascuno un destinatario di doni.
Respira, con l’universo che vibra
Sei una corda distante ma tesa
che resta sospesa come un’amante
nascosta in un giorno d’attesa
Rispondi a domande che restano
ancora e ripetono appena
Hai già visto la scena
Costante è un vociare
lontano e sottile, sensuale
sembra dire “Ti amo”
sembra dire “domani”
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Di quello che resta faremo
dovuta menzione, sappiamo
che quello che viene
è sempre un regalo
Cogliamo dei fiori di campo
dal fragile stelo
Guardiamo la vita in un lampo
una volta rimosso quel velo
una volta capito l’inganno
di un Io menzognero
E allora compongo le note
di un nuovo Bolero
C’è qualcosa di tipicamente Romantico in questa costante percezione del Tempo ed in questa forte “coscienza dell’Infinito”.
Amo il tempo che tiene
i pomeriggi d’inverno,
amo il tempo che viene
le righe dentro al quaderno
Amo i rintocchi di eterno.
“Sentiment du Temps” diceva la mia professoressa di francese del Liceo, introducendoci gli Autori di primo Ottocento, percezione di un vento cosmico che a volte muove, a volte aspetta, a volte ti dà modo di sostare a una finestra. E che l’Io scrivente dichiara appunto di amare.
La vena romantico-sentimentale sopracitata si avverte anche nella rilevanza data alla complicità di coppia,
a quella sorta di “walzer a due” cui l’autore dà parole e calore in molti dei suoi testi, tra cui segnalo Anima e sudore, Ho il profumo dell’estate, Un attimo prima che arrivi il mattino.
Qui di seguito altri versi ispirati dall’amore raggiunto:
Ti tengo con me tra i giorni miei
nei silenzi che tu soltanto sai
nei colori del tempo, nei profumi di campo,
nel leggero fluire del mio pianto.
So soltanto che tu sei qui con me
dentro ogni pagina ed ogni caffè
nel rovesciarsi dei fronti
tra tutti questi momenti.
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Mi piace quando prendo l’aria sulla faccia
se l’estate si avvicina
E ne sento il profumo già da prima
Ti respiro all night long
fino a che non fa mattina
Mi piace il cornetto con la crema
mi piace passeggiarti con le dita sulla schiena
Mi piace quel notturno fatto al piano
mi piace ascoltarti sul divano
Accanto a questo filone ve n’è uno dai chiari echi junghiani. Del resto il nostro pensare e raccontare la vita, nostra e altrui, non può che risentire di ciò che abbiamo letto, visto e ascoltato nel mondo e sul mondo, compresi i libri e le canzoni, di cui Manuel semina qui e là alcuni titoli, incapsulandoli nelle sue poesie in modo sempre molto naturale e fisiologico, leggero.
Se le albe e i tramonti sono perlopiù momenti di pace e meraviglia per il nostro Mazzara, ecco che vuole però dare un profilo anche a quelli più malsani e un po’ folli. Sentite se non vi è qualcosa di nettamente kafkiano in questi versi:
Sto male al mio risveglio
l’ho capito sono un pasto
Queste bocche vanno verso il sottoscritto
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E dentro la stanza quel formicolare
di inutili zampe, di troppe paure
di voglia di andare nel sole
di voglia di avere colore
di voglia di andare lontano e stare a sentire
liquore che emana calore.
Troverete poi molte poesie dal timbro riflessivo, meditativo, a volte malinconico, più spesso squisitamente contemplativo e aperto al Mistero.
I balconi di ferro
e le ringhiere bagnate
nei giardini di dietro
urla dei ragazzini
tra il profumo dei pini
e le magnolie assolate
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Come lama nei fianchi
colori da soffocare
Come un vecchio affannato
che piano si muove
uscendo da un sotterraneo
Questo è quello che provo
quando torno da te
Mare Mediterraneo
Lo scrivere di Manuel Mazzara è dunque tendenzialmente filosofico: un filosofico però che nulla ha di astratto o di pesante; trattasi infatti di un dire di facile assunzione, comprensione, un filosofico “andante” e “con moto” in cui il tracciato della ragione non riceve mai il primato ma, anzi, viene trasceso e abbracciato costantemente da un respiro più grande, quello a cui lo ha certamente abituato il vasto mare…
Se guardo indietro
vedo una collana di attimi
ma il laccio che intreccia le perle
non è del tessuto della ragione.
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E io resto ignaro dei giorni che verranno
di quelle cose che devono passare e passeranno
E poi ci saranno giorni in cui guarderemo indietro
per osservare la vita come appoggiati a un vetro
In queste molte righe il lettore si troverà davanti alla dolce pienezza di un Homo Viator che bilancia raziocinio, volontà, azione e sentimento, e sa parlare anche di miracoli avverati, perché certe volte le attese della vita lo trovano il compimento – a ben guardare – E quand’anche così non fosse, l’esigenza resta quella di tra-scrivere il proprio andare, cercare, vedere, sentire.
Attenderò, attenderemo
che il miracolo si avveri
che la gioia irrompa nuova
e che la musica pervada
ogni intimo segreto
che fiorisca la speranza
che continui senza tempo
questa vita e la sua danza
Ne sarò testimonianza
Così come la vita concreta di ognuno, le strofe di Manuel Mazzara non sono però tutte del medesimo valore estetico: alcune risultano meno curate e meno riuscite, intendo dal punto di vista lessicale, grammaticale o strettamente poetico. Ma forse è una scelta deliberata: lasciar correre la penna come la vita che andava tratteggiando…E in questo vi ho trovato un valore aggiunto, più che un difetto.
E allora anche noi come Manuel possiamo ora sussurrare a chi amiamo:
La mia anima ferma dentro al tempo ricorda
del funambolo i passi, sempre appeso alla corda
Serve forza e equilibrio per restare lontano
per non essere presi come un pesce nell’amo
Ed è sopra lo scoglio che io penso, che voglio
nella notte perduta dai pensieri mi spoglio
del passato perduto getto via anche l’orgoglio
resta fisso nel tempo un sapore che colgo
I pensieri ed il giorno alla fine li spengo
dentro a un soffio di vento, come un filo d’argento
Tutto il resto non serve e lo lascio andar via
come un tempo dannato, come malinconia
E la notte ti accendo come fossi già mia
******
Testo critico di Miriam Bruni per le pubblicazioni Millecolline
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