L’editoria italiana ha inventato il librificio
Cattivi Pensieri
Pubblicato il 14/11/2020
Dobbiamo andare indietro negli anni fino al fatidico ’68, quando i libri si moltiplicarono improvvisamente, sotto l’influenza della contestazione che voleva “sapere”, voleva trovare i suoi “breviari”. Nacquero così numerosissime case editrici minori ed alternative. Mentre le grandi e storiche case Editrici, nel clima di ribellione intellettuale, iniziarono un nuovo programma innovativo sulle scelte dei generi che fino allora in Italia non erano conosciuti e neppure richiesti.
Nacquero le edizioni di Stampa alternativa, di libri underground; molte edizioni “specializzate” nell’importare il fiume delle letterature straniere, in particolare dall’Europa e dall’America. E dalla Cina ogni corbelleria ed esaltante libretto di propaganda e slogan alla Mao occupavano le vetrine della neofita Libreria Feltrinelli di P.zza Ravegnana. Si inaugurò l’onda lunga dei libri contro, dei libri, sottilmente, sovversivi e contro ogni legalità e ordine sociale. Erano in bella mostra e molto diffusi nelle aule universitarie, dove i gli studenti dormivano volentieri con sacco a pelo a porta di mano.
I libri per studiare e superare gli esami erano scomparsi. Adesso tutto si stava liberalizzando: le lezioni venivano sostituite dalle Assemblee permanenti, dai dibattiti con i vari leader politici ed intellettuali del momento, compreso il controverso Jean-Paul Sarte. Ed i canonici libri di scienza e di sapienza vennero sostituti dai libretti scritti da Lin Piao, Mao, Castro, Che Guevara e dai nuovi intellettuali delle libere Università italiane ed europee. Nacquero gli instant book, i dazibao ed ogni forma di informazione diffusa dal mitico “ciclostile” che faceva concorrenza all’editoria ufficiale, per la sua rapidità ed aggiornamenti in “tempi reali”. Un tam tam di richiamo tribale. La vita si spendeva all’aperto. La casa non era più “dolce casa”. I giovani, gli studenti in particolare in tasca avevano un panino ed un libro od un fascio di ciclostilati da distribuire. Il mondo sembrava nelle nostre mani e tutto veniva sepolto dalla carta, da migliaia di fogli, di manifesti, volantini, e libri a prezzi “politici” per una cultura fatta di parole d’ordine e pericolosi indottrinamenti. Ed insieme a questo fenomeno di esplosiva editoria ufficiale e clandestina si moltiplicarono i giornali. La carta stampata quotidiana divenne negli anni settanta una quinta colonna delle nuove idee di attentato allo stato ( vedi nascita del terrorismo ) in continua lotta contro le testate tradizionali di appoggio governativo e di sostegno ad una classe politica ormai stanca e logorata come la Democrazia Cristiana.
Dopo la buia stagione del terrorismo italiano ( opposti estremismi – movimento del ’77 ), si arrivò ad una piena restaurazione e sconfitta di un stato di sofferenze e di ultime sfide al capitalismo più avanzato ed ormai vincente.
Arrivando alla stagione delle “mani pulite”, l’Italia, sembrò aprire una nuova pagina, ma proprio in quel periodo registriamo fatti impressionanti e dolorosi come la strage di Capaci e l’uccisione del giudice Borsellino. Un nuovo e vigliacco attacco alla democrazia ed alla nostra Costituzione. I giornali cominciarono a perdere importanza con la nuova e potente fonte Internet per ogni tipo di informazione planetaria. Entriamo nell’era del computer, dei network, dei social, tutto si rinnova e tutto si adegua ai nuovi mass media. Anche la tv e la radio devono cercare di ammodernarsi, anche se il duello con l’impero elettronico diverrà sempre più impari.
Il fenomeno della globalizzazione divenne la bussola per ogni orientamento nel campo degli acquisti, dei gusti e delle scelte voluttuarie, comprese la graduale sostituzione delle parole d’uso, che presto verranno definite d’antan. Come la parola “cultura”, “arte”, “educazione” , “tradizione”, “valori”, “formazione”.
Una nuova pianificazione che continua tutt’oggi, un cambio di rotta, secondo nuove imposizioni del politically correct e tendenze selvagge del mercato.
Ed il lettore italiano è ritornato al best seller, al libro scelto dalle combinazioni degli annuali Premi, concorsi, fiere nazionali ed internazionali, da una certa “cupola” che impone le proprie scelte senza conoscere nulla di quello che si diffonde.
Scelte che puntano sulla proliferazione degli scrittori improvvisati, voluti per perseguire un certo appiattimento, livellamento culturale, una diffusa certezza che tutti possano scrivere e tutti possano essere protagonisti. Anche per una sola settimana!
Anche la parola scrittore si è svuotata di ogni vero significato.
E nello stesso tempo è scomparsa la letteratura per ragazzi. Si sono creati processi di omologazione tra adulti, giovani, ragazzi e bambini.
Nessuno può più godere del proprio giornale, della propria rivista, del proprio libro.
Tutti appiattiti su un unico livello di lettura e le quattro stagioni della vita si leggono forse, ancora, guardando qualche fotografia.
Un formazione differenziata ed omogenea nelle finalità valoriali, di crescita e di maturità della persona, sta solo nella fantasia di qualche “spettinato” pedagogista.
Quello che importa oggi che anche l’Editoria italiana abbia inventato il librificio, cioè una fertile e lucrosa fonte di guadagno senza tener conto del significato del libro come educazione e formazione, ma di considerarlo come un tramezzino da sfamare senza averne esigenza e consapevolezza. Il libro senza qualità. Il famoso vuoto a perdere.
Ma tutti gli autori dalle casalinghe alle attricette, dai conduttori televisivi ai giornalisti frustrati, dagli eroi per caso agli abbonati ai premi letterari, da coloro che frequentano i corsi di scrittura creativa ai poeti del dopo cena, tutta questa immane corte di improvvisati e di vanitosi garantiscono alla Editoria ufficiale i successi della classifica settimanale tra i più venduti, non tra i più letti.
“La lettura di buoni libri è una conversazione con i migliori uomini dei secoli passati che ne sono stati gli autori”
( Cartesio )
Franchino Falsetti