Editoriale della domenica
L’Editoriale Millecolline
Pubblicato il 16/11/2025
Infobulimia
È un nuovo neologismo registrato dalla Treccani per indicare una sovraesposizione mediatica: un fenomeno sempre più esponenziale che può essere considerato come una forma di sindrome di dipendenza alla connessione.
“La circolazione di una quantità sovrabbondante di informazioni che produce un sovraccarico cognitivo in chi le cerca e vi accede, con effetti di confusione e frustrazione”.
È una nuova malattia sociale che colpisce tutti coloro che maturano l’ansia dell’accumulo o della dipendenza del tic passivo nel voler rincorrere stimoli subliminali del proprio inconscio cognitivo.
È un effetto drammatico del consumismo che trasforma l’informazione in un qualcosa di commestibile, di gastronomico, di forme bulimiche di una sorta di vorace alimentazione di ciò che viene trasmesso su qualunque canale o connessione della informazione.
È la malattia dell’obesità informativa che non è utile per la conoscenza e la formazione, ma per colmare la propria incapacità a saper selezionare l’informazione ed il suo mondo pre-fabbricato.
La realtà costruita sull’ambiguità delle parole, sulle immagini deformanti e sulla liquidità dei messaggi crea una sorta di brain storming che porta a vere e proprie cause di disadattamento sociale ed impoverimento cognitivo.
E ciò che non viene spiegato oltre alla necessaria semantica del termine coniato, riguarderebbe che l’eccesso dell’informazione produce isolamento ed inevitabili processi di incomunicabilità e di immaturità nel comprendere ogni fenomenologia del comunicare con proprietà espositiva e nell’agire con competenza e non sotto condizionamenti mediatici.
Ma quello che mi colpisce, quando si codificano nuove parole, che sono lo specchio di nuove tendenze o comportamenti, è a chi ci rivolgiamo?
Ad una massa informe di individui che esprimono una determinata categoria di appartenenza, di separazione dal contesto sociale, di disturbati mentali o di bulimici ossessionati dalla inarrestabile proliferazione dell’informazione?
Mentre usciva questo nuovo neologismo, segno di decadimento della cultura del nostro secolo super tecnologico ed informatico, Ernesto Galli della Loggia, noto e serio intellettuale, editorialista del Corriere della Sera, trattava con varie e intelligenti considerazioni il tema da lui intitolato: Un Paese che scorda la lettura. (Corriere della Sera, 13 novembre 2025)
“[…] Ad esempio che l’Italia è un Paese ignorante. Siamo infatti tra gli ultimi in Europa come numero di diplomati di scuola superiore, al penultimo posto per numero di laureati (il 42 per cento degli iscritti all’Università abbandona dopo il primo anno) e con forti squilibri tra Nord e Sud (nel Mezzogiorno solo un giovane su cinque è laureato)”.
E continua, con dovizia di oggettive valutazioni offrendoci un quadro di una Italietta che pensavamo non esistesse più. Per essere ottimisti!
Mentre tutto ciò che della Loggia ci ha ricordato era ben noto ed io stesso, in molti miei Editoriali, ho trattato con viva preoccupazione.
Ma l’infobulimia quanto incide su questa endemica malattia italiana: la mala educazione e la sgarrupata Istituzione scolastica?
Come si può pensare di rattoppare il sistema scolastico italiano con le emergenze sociali? Può l’educazione sessuale nelle scuole risolvere il dramma culturale e sociale del femminicidio?
Non c’è limite alla stupidità, come non c’è limite a condizionare le nuove generazioni ad essere dipendenti (infobumilici) delle informazioni per essere condannati all’ignoranza ed alla perdita della propria identità cognitiva, professionale, sociale.
Franchino Falsetti
