EDITORIALE Millecolline. Perché scrivere?

Editoriale della domenica

L’Editoriale Millecolline

Pubblicato il 15/09/2025

Perché scrivere?

Sono convinto che questa domanda potrà sorprendere qualche lettore in attesa di leggere qualche commento sulle drammatiche situazioni dell’attuale assetto mondiale.

Nei ricorsi storici non possiamo che preoccuparci e sperare che lo scenario, da terza guerra mondiale, che si sta affermando, sia solo una necessaria fase per ricostruire identità nazionali che si stanno sbiadendo anzi smarrendo nella incapacità politica di alcuni storici Paesi europei.

Ed ecco perché scrivere?

La stampa fino all’entropica esplosione dei mass media e loro corollari e canali web, aveva rappresentato lo strumento per sentirsi non solo informati ma per essere formati.

La Stampa faceva opinione: gli articoli erano scritti per convincere da che parte stare, mostrando ragioni ed ogni debolezza delle varie situazioni politiche e sociali.

Era uno strumento di partecipazione: si manifestava nelle piazze con le copie dei giornali in mano che sventolavano come bandiere e tutti cercavano di scoprire le testate a sostegno dei vari raggruppamenti più o meno bellicosi.

Lo scrivere aveva uno scopo ben preciso: educare le coscienze per saper scegliere o per trovare nelle parole le spiegazioni e non le informazioni di oggi. Oggi non si scende in piazza con nessun giornale.

La cultura è stata sostituita dalle notizie e si manifesta sulle informazioni ricevute, trasmesse via internet, in modo anonimo o da agitatori di agenzia o verbalizzate nelle aule scolastiche o sedi sindacali.

Scrivere non è solo circostanza, attualità, l’aforisma del presente, un modello burocratico per riempiere della carta; scrivere è una presa di contatto con il lettore nel saperlo coinvolgere nelle dinamiche sociali quelle che ci riguardano e ci devono infiammare perché la cosa pubblica non sia, come in Italia, oggetto di retorica esclusiva di chi ci governa.

E questo sollecita le deviazioni censorie di cui leggiamo tutti i giorni: il lettore deve intuire ciò che accade; tutto è strutturato in modo demagogico e strumentale. Si scrivere senza completezza dell’informazione e si scrivono gli editoriali come fossero “pezzi” di scrittura creativa per meglio infangare o assolvere i vari presenti colpevoli o nemici, nuovi attori della vita politica italiana (è una nostra antica prerogativa scrivere per essere interpretati).

Altri elementi strutturali che stanno condizionando la scrittura pubblica sono quelli imposti dalla cultura woke, dal pensiero unico, che cancellano persino la lingua italiana, la sua grammatica e sintassi, Ma, in particolare, le parole d’uso comune dove il sessismo prevale sulla conoscenza linguistica e la sua filologia.

La stampa usa “avvocata”, “sindaca”, “assessora”, “architetta”, “segretaria” (in senso politico), “ministra”, “storica”, “critica”, e mille altre deformazioni al femminile e questo appiattisce ed omologa ogni significato e descrizione.

Inoltre non spiegando più i fatti, non volendo ricercare la verità, non sapendo più investigare la materia del conoscere, si è sostituito lo scrivere in modo compiuto, con il racconto orale e scritto.

Oggi si racconta la realtà (vedendola) ed anche quando non la si vede, il racconto (favolistico-automatico) prevale.  Avrei molte altre cose da dire, ma non voglio annoiare nessuno.

Ho ritenuto, comunque, scrivere un Editoriale sull’opportunità dello scrivere, perché è necessario essere consapevoli che le cose sono cambiate radicalmente e la povertà culturale che abbiamo in questi decenni concretizzata e burocratizzata, ha cambiato il nostro costume, la nostra esperienza comunicativa, la pratica dello scrivere per capire, la nostra identità nel sentirci maturi protagonisti dell’agire pubblico.

“Posso dire che scrivo per comunicare perché la scrittura è il modo in cui riesco a far passare delle cose attraverso di me, delle cose che magari vengono a me dalla cultura che mi circonda, dalla vita, dall’esperienza, dalla letteratura che mi ha preceduto, a cui do quel tanto di personale che hanno tutte le esperienze che passano attraverso una persona umana e poi tornano in circolazione. È per questo che scrivo. […] (Italo Calvino, Una pietra sopra, Einaudi 1983)

 

Franchino Falsetti

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