Editoriale della domenica
L’Editoriale Millecolline
Pubblicato il 16/02/2025
Il ricordo non va narrato
É appena trascorsa la giornata del Ricordo delle Fobie tra silenzi offensivi, polemiche a denti stretti e rigurgiti d’odio come l’aver imbrattato il passaggio al vialetto che porta alla Foiba di Basovizza (Trieste).
Con scritte infamanti e razziste: Inneggiavano ai motti titini: “Trst je nas” (Trieste è nostra) e “Smrt Fasizmu Svoboda Norodom” (Morte al fascismo, libertà al popolo).
E non basta alle parole toccanti e di giustizia per le vittime delle Foibe, in Parlamento europeo scoppiava una vivace polemica a seguito di una richiesta di nove parlamentari di Slovenia e Croazia che scrivono alla Presidente Metsola: ”Completo disprezzo dei fatti, rappresentazione non veritiera”. (Contro la Mostra Foibe di FdI).
Stesse censure si sono verificate nella dotta Bologna. La sinistra chiede alla Meloni di dichiararsi antifascista e loro rifiutano di dichiararsi anticomunisti titini, stalinisti, il cui oscurantismo morale e l’atrocità di massa furono pari al nazi-fascismo.
Anche quando, dopo alcuni decenni di totale indifferenza e negazione, si sono raccolte le prime testimonianze, le loro dolorose storie, la vergogna di una brutta pagina della storia repubblicana italiana.
Storici, giornalisti come Pansa, hanno fatto conoscere meglio certe complicità e certe trame per confondere la Verità. Il negazionismo verso l’Olocausto si è esteso verso ogni fatto che possa cancellare anni di menzogne, di protervia, di eresie quasi incancellabili.
Perché questa infamia? Perché questa macchia colossale che contaminata ogni serena e debita conoscenza?
Recalcati scrittore ha scritto una condivisibile riflessione su “la Repubblica” dell’ 11 febbraio scorso dal titolo “Non basta ricordare il passato”, ma non ha affondato i suoi ragionamenti, mettendo in evidenza da un lato le positività dei difensori di un nuovo mondo e dall’altro sottolineando: “La nostra più alta responsabilità non è tanto quella del ricordare, ma quella dell’ereditare ciò che si ricorda, cioè nel dare senso al nostro passato”.
Vero! Ma chi garantisce questo passaggio?
Chi trasmette i valori del passato per renderli naturale continuità per il presente ed il futuro? La diaspora dei vuoti e partigiani partiti? Gli intellettuali smarriti e radical chic?
Le libere Associazioni che ardiscono ma non realizzano, autonomamente, le loro specificità se non in nome della ipocrita retorica della solidarietà ed accoglienza? E poi il Ricordo per renderlo vivo deve essere narrato? raccontato? Reso spettacolare con performance e luminarie varie, nelle scuole addormentate, nelle sale d’intrattenimento, in tribune d’onore?
Anche il Ricordo, purtroppo è stato trasformato in un format, un sequel che si ripete ogni anno fino all’esaurimento dei sopravvissuti e testimoni oculari.
Il Ricordo non è una favola che si racconta, ma è un soggetto di conoscenza.
É un vissuto che va contestualizzato e reso trasmettibile sia in pubblici incontri che per iscritto per lasciare tracce indelebili e motivi di ricerca comparata con ogni altro soggetto od oggetto che connoti l’atto e l’azione del ricordare.
Si ricordano le regole di comportamento non con le stesse caratteristiche di chi ricorda perché memorizza situazioni, circostanze, esperienze, pezzi della propria od altrui vita.
Allora il Ricordo non va narrato, va considerato come tutte le finalità educative e formative e fin da giovanissimi, come accadeva un tempo, ormai, lontano, nel desco familiare ed attorno al proprio/a Maestro/a a scuola per interiorizzare, riflettere e memorizzare frammenti di vita vissuta, non elaborata da esperti storici, ma tramandata con semplice maieutica per renderci nel tampo, a nostra volta, testimoni e difensori delle tante Spoon river che vivono attorno a noi, come passato, presente e futuro.
Franchino Falsetti