Editoriale della domenica
L’Editoriale Millecolline
Pubblicato il 15/09/2024
Il nuovo anno scolastico sta per ripartire…
Il Ministro dell’Istruzione ha presentato le nuove linee guida ed alcuni provvedimenti che entreranno in vigore con l’apertura del nuovo anno scolastico.
Il quotidiano La Stampa del 6 settembre 2024 ha dedicato una pagina sulle “riforme e le attese” che dovrebbero far fronte ad una gestione più funzionale e meno permissiva vissuta finora.
Indicativamente si possono ricordare: “stop al cellulare in classe” (ma limitatamente alle scuole elementari e medie); dovrebbero debuttare due nuovi percorsi per le scuole superiori, gli istituti tecnici con la formula 4+2 ed i licei Made in Italy (un fiore all’occhiello di questo Governo); non ancora definite le regole sul voto in condotta e le sospensioni; altre ancora incertezze sul ritorno della educazione civica e suoi contenuti e definizione delle tecnologie.
E poi il solito problema delle supplenti, le nomine “tempestive” (si parla che saranno oltre 200mila). Si può dire di più? No! Ancora una volta si procede per annunci, con la famosa frase “stiamo lavorando”.
Per la grande rivoluzione nel sistema scolastico italiano del Made in Italy non si conoscono i programmi ed i percorsi formativi. E, quindi, le Scuole democratiche del Bel Paese riapriranno i loro portoni imbrattati, secondo le solite abitudini vandaliche, di assenza totale rispetto a possedere la coscienza e l’identità di essere studente, di frequentare un luogo dove si impara, si cresce e si “diventa grandi”.
Nulla di tutto questo. Gli studenti sono solo nominali con lo stereotipo dello zainetto e dei libri trascinati col trolley. Si diffondono sempre più le voci di una scuola senza libri, senza quaderni, senza docenti.
Una scuola libera di vagare nei boschi, tra aule didattiche all’aperto, per sentire le empatie della natura, i flussi di una nostra atavica sensibilità ed ogni tanto qualche straniero ci suonerà non il piffero della rivoluzione ma i tamburi di evocazioni rituali che assolvono o condannano il tempo che trascende il senso del nostro essere e del suo divenire.
Ma per far fronte a questo dissolvimento della più prestigiosa Istituzione pubblica come quella della Scuola, da decenni viviamo di rattoppi, di idee roboanti a rotelle, di usi tecnologici come passatempi per arrivare alla fine delle ore della mattinata.
Anche senza riadattare alcune stravaganze rousseauniane, la scuola italiana, in particolare, è divenuta un luogo per disimparare e per accoglienza giornaliera. Poi si leggono scuole piene di geni, scuole piene di stranieri, scuole dove non c’è la presenza di un italiano che abbia voglia di varcare il fatidico e fantasioso portone per sentire un’aria diversa dai tavolini dei cibi artificiali.
Anche l’aria ha uniformato ed omologato gli ambienti. Ogni ambiente ha perso la sua identità: tutti odorano di cibo avariato. Che sia un sintomo da considerare tra le qualità che distinguono i luoghi del sapere, dell’amministrare, dalle pizzerie e ristoranti?
Sono considerazioni che sembrano ovvie, ma nessuno le considera: siamo diventati indifferenti anche nel saper vivere, in modo differenziato, le varie esperienze che fanno riferimento a strutture, a volte, secolari.
Persino le Pinacoteche odorano di popcorn: io ho visto, recentemente, i nuovi studenti camminare per le sontuose sale di antiche e storiche Ville d’Arte, con il fatidico zainetto e panini con la mortadella.
Questa è cultura saporita, condita, utile per digerire e non per dirigere interessi e conoscenza. I nuovi docenti come i nuovi studenti. Il turismo culturale è uguale al turismo gastronomico.
Un po’ come le riforme del Ministro o di questo Governo. La scuola deve divertire.
Tutti col sorriso e avremo i nuovi studenti promossi sul niente ma soddisfatti in attesa dell’arrivo degli italiani di seconda generazione. Questi saranno come l’arrivo della Cavalleria per salvare i coloni dai cattivi indiani.
Ma il risultano anche dopo diversi decenni non è cambiato. La società americana è ancora divisa in caste, proliferano le discriminazioni, le divisioni sociali, le segregazioni, le distinzioni di razza, anche se hanno tolto i divieti scritti sui cartelli pubblici o sulle porte dei WC.
Non si è ancora voluto rompere il muro della ipocrisia: la Scuola non è un corpo separato dallo Stato, dalla Società. La Scuola è un’Istituzione dello Stato deputata alla formazione dei nuovi cittadini, dei nuovi italiani.
Allora rifondiamo la nostra Società e riprendiamo i valori, gli ideali, le norme, le regole, i comportamenti civili perché la Scuola possa rifrequentarli, approfondire, applicarli e trasmetterli. Abbiamo bisogna di una Società nuova per avere una Scuola capace di educare, formare e di fissare i percorsi culturali per la vera e ritrovata toga del Civis ergo sum.