Editoriale della domenica
L’Editoriale Millecolline
Pubblicato il 28/07/2024
Contro l’autoritarismo linguistico
È il grido d’allarme che ha lanciato l’Accademia della Crusca opponendosi “all’imposizione dall’uso del femminile e degli asterischi nella lingua italiana” (22 luglio 2024). Questo appello ed anche severe sottolineature sull’uso della lingua italiana, non è solo opportuna, ma salutare, sperando che venga ascoltato e che i continui “molestatori” della trazione linguistica e del corretto uso dei generi maschile e femminile non trovi motivo di continua deformazione fino ad arrivare all’insostenibile.
Ancora una volta l’invasione del mercato delle mode, del plurilinguismo, della cultura multicolorata, sollecita chi odia l’italiano a caratterizzare ciò che una volta si chiamava la grammatica ad un optional ed anzi a rintracciare motivi di autoritarismo da un lato e dall’altro lato a motivi di impoverimento della proprietà lessicale e semantica delle parole.
La lingua non è un fatto personale, non dobbiamo rendere “liberatorie” le parole che ad un certo mondo politicizzato sembrano gabbie “schiaviste”.
Non dobbiamo re-inventare una pedagogia popolare e sud americana dove l’apprendere vuol dire considerare la lingua uno strumento per colonizzare le menti deboli, emarginate per sesso e condizione sociale.
Nel recente passato questi sono stati, anche in Italia, temi cari ad una certa contestazione, quella che portava l’eskimo ed affollava le salette del Cineforum dove si costruivano i sogni “rivoluzionari” ben descritti dal geniale Luciano Bianciardi nel suo capolavoro La vita agra.
Tempo fa il senatore della Lega Manfredi Potenti presentò un disegno di legge (per fortuna ritirato) dal titolo: “Disposizioni per la tutela della lingua italiana, rispetto alla differenza di genere”.
Si voleva che si vietassero l’uso di parole (forzatamente al femminile), soprattutto, negli atti pubblici, come: “sindaca”, “questora”, “avvocatessa”, “rettrice”. Le parole, logicamente, sono molto di più e non solo da considerare negli atti pubblici.
È stato opportuno aver ritirato il disegno di legge perché la lingua di una Nazione non ha bisogno di leggi parlamentari perché sia usata secondo la propria storia, tradizione e cultura.
“Poco tempo fa un “rettore” ha introdotto ufficialmente il femminile sovraesteso nel regolamento del suo ateneo: ha abolito il maschile “rettore”. Mi pare che nessuno l’abbia obbligato a correggere una simile forzatura, che meritava come minimo un’interrogazione parlamentare, ha commentato Marazzini (Presidente onorario dell’Accademia della Crusca e professore emerito di storie della lingua italiana dell’Università Piemonte Orientale).
“In molti atenei già le autorità accademiche impongono ai docenti l’abbandono del maschile non marcato, e pretendono l’uso obbligatorio di asterischi e schwa. Per fermare queste imposizioni non si muove nessuno (basterebbe un richiamo del ministero)”. [Il Sole 24 ore – Patrizia Maciocchi – 22 luglio 2024]]
Il riferimento al ministero è d’obbligo perché le Università non hanno potere legislativo, come accadeva nelle scuole dei Soviet, ma godono di una particolare autonomia sui programmi di studi – attività didattica- amministrativa e gestionale. Tutti retaggi medievali che sarebbe meglio cominciare a rivedere, dal momento che alla fine sono tutti dipendenti statali!
L’ultimo decreto legge sulla scuola approvato dal Parlamento, riguarda: Corsi da Indire ai docenti per studenti stranieri – Addio call veloce – continuità didattica – insegnanti di sostegno – reclutamento del personale ATA negli Uffici Scolastici Regionali – Reclutamento Dirigenti scolastici .
Non mi è possibile illustrare ogni provvedimento ed altri non citati per ovvie ragioni, ma mentre ci si preoccupa di insegnare la lingua italiana agli stranieri (giustamente) abbiamo italiani che odiano la lingua italiana.
Ed il ministero non se ne preoccupa, anzi favorisce esperimenti, sperimentazioni, creatività di cui nessuno sa nulla e, nel frattempo, si costruiscono quegli atteggiamenti autoritari che nemmeno sotto il fascismo era praticati.
Noi vogliamo fare gli americani e parlare inglese: ma come certi ministri o deputati o dirigenti di ogni settore produttivo, cioè alla Sordi.
Ecco perché si vuole emigrare perché stiamo cancellando la nostra lingua nazionale e non sappiamo parlare quella che ci impone il governo italo-americano ed il mercato della globalizzazione inglese.
Ci rimane l’ironia del Capo dello stato Mattarella che nel discorso fatto (nella cerimonia di consegna del “ventaglio” di qualche giorno fa), con sorriso stretto, zufola: “Spero si possa ancora dire “sindaca” elencando le personalità colpite da attentati (citando la “Sindaca di Berlino”, usando al femminile).
(nota da Il Fatto Quotidiano – on line – 24 luglio 2024)
Franchino Falsetti