Un pomeriggio di musica e solidarietà a Novellara (RE)
I Nomadi, e il loro NOMADINCONTRO 2024
Pubblicato il 19/02/2024
Novellara, 18 febbraio 2024, sono davanti alla biglietteria di Nomadincontro 2024:
Ro. “Quanto costa il biglietto?”
T. “Trenta euro”
Ro. “Si possono fare fotografie?”
T. “Certo, nessun problema”
Ro. “Allora mi faccia un biglietto”
Non ci potevo credere; in un mondo dominato da impresaglierie che pelosamente limitano a zero le possibilità di fotografare ai concerti (per chissà quali norme di sicurezza tipiche di un regime insicuro) ci sono ancora possibilità per affermare che gli eventi si possono raccontare attraverso immagini di chi fotografa in modo indipendente.
Allora si può fare. Non è una invenzione di alcuni boomer “superati” dalle contemporanee normative (altrettanto pelose e limitative).
Sono arrivato presto per riuscire a capire “come siamo messi” in questa situazione che per me è completamente nuova.
Dopo aver pranzato, grazie alle cucine da campo della simpatica Pro Loco di Novellara, mi dirigo verso la tenda entro la quale avverà il concerto dei Nomadi.
Una volta “visionata” la geografia del luogo mi accorgo che un capannello di persone si è assiepato lungo una transenna; sicuramente stanno aspettando i musicisti, una buona occasione.
Eccomi appoggiato alla transenna in un posto che mi pare ottimale; seguo alcuni discorsi ed aspettative sul concerto intanto che si scherza e si ride con i Carabinieri del servizio d’Ordine.
Tanto per darvi la misura di quanto fosse serena e distesa la giornata di questo “popolo nomade”.
Ed è a questo punto che decido di concentrarmi sul racconto di come vivono il concerto le persone che seguono la musica dei Nomadi.
Conosco la reputazione di correttezza e spontaneità di questo pubblico, che ammira fino in fondo la coerenza del gruppo musicale di Novellara, e so anche che potrebbe rientrare negli annali di etica italiana. Per questo motivo mi dedicherò meno alle foto del palco (tanto chissà quante ne avranno già fatte).
La posizione scelta è estremamente laterale, nessun fotografo sceglierebbe una postazione fissa così defilata ma a me certe regole cominciano a “venire su per una braga”; vediamo se sgarrare premia.
Attorno a me sembra che si conoscano tutti e si fanno da parte se qualcuno vuole fare una foto dall’ennesima transenna accanto a cui siamo accalcati.
Faccio caso al fatto di essere dietro ad una prima fila femminile. Spero che i miei movimenti fra obiettivi e batterie da cambiare non interferiscano con alcune parti “sensibili” (vista l’estrema vicinanza). Sorrido pensando a cosa potrei dire se accadesse un “tocco di classe” dovuto al paraluce del mio 85mm F/1,8.
Una mamma, ogni tanto, si infila fra di noi per accertarsi che la propria figlia di 12 anni al massimo, con una fascia dei Nomadi attorno alla fronte, si trovi a suo agio e la ragazzina le risponde come sempre: “tutto a posto”.
Il pubblico è veramente oltre ogni spiegone sociale che potrebbe fare uno di quei tromboncini televisivi che disquisiscono sul “gap generazionale” e sulle ragioni per cui si sono persi i legami affettivi.
Ma proprio oltre.
Il concerto ha inizio. Compaiono bandiere, striscioni, braccia levate e canzoni a squarciagola; in fondo è un concerto e tutti gridano il nome del musicista che preferiscono, che canta o che fa un assolo. Un concerto, come è sempre stato ogni concerto.
Poi ci sarà chi mi chiederà: “Come mai le foto sono in bianco e nero?” e io risponderò come sempre: “Perché mi piace così (poi se vuoi la foto a colori te la converto in un attimo, tanto lavoro in RAW…)”.
Testo di Roberto Cerè per la rivista Millecolline.
Alla prossima.
