EDITORIALE Millecolline. Scusate, di che cosa state parlando?

Editoriale

L’Editoriale Millecolline

Pubblicato il 07/01/2024

Scusate, di che cosa state parlando?

Non è una provocazione. È uno stato d’animo.

Abbiamo scritto di tutto, abbiamo letto di tutto, ma, alla fine, solo promesse, solo rivalità, solo menzogne, solo cattivi esempi, solo cattivi maestri. Tutti innocenti e nessun colpevole.

Tra i valori cancellati (quelli che servivano per imparare un mestiere, saper studiare, saper fruttare le conoscenze per scegliere una professione, impegnarsi nella società per migliorala educandola) uno resiste, ormai, evanescente, con rammarico e fortissime delusioni è che la scuola ci ha ingannato, che i genitori ci hanno ingannati, che la società ci ha emarginati.

Cioè il famoso divario tra teoria e prassi.

Un tempo si diceva la Scuola era Maestra di Vita e nell’epoca contemporanea è un solenne inganno: la Scuola ha smesso di insegnare, di educare, di formare, di essere Maestra di Vita.

I giovani leggono i giornali, guardano i mass media e si sono accorti che tutti fanno carriera o guadagnano molto bene facendo ben altro che seguire le “strade maestre” sostenute nel passato remoto e prossimo e quindi ecco i vari fenomeni di giovanissimi allo sbando, dediti alla violenza o ruberie di ogni tipo.

Mentre i giovani più maturi si sono accorti che possono dedicarsi al ballo, alle gare d’azzardo, ai concorsi di bellezza, alla musica da urlare e non d’ascoltare, alle variatissime forme dell’espressione “artistica” e della comunicazione di massa.

Insomma si preferiscono le scuole per “diventare famosi” piuttosto che per essere protagonisti professionali per conoscere e per deliberare. Sono nate centinaia di nuovi mestieri, ma tutti senza sapienza, senza formazione.

È un fare per un fare. Titolo di studio richiesto: essere analfabeta.

Così si alimenta la malavita, così si alimentano i guadagni come frutto di espedienti e non di capacità inventiva e creativa (da non confondere con la spontaneità o destrezza operativa).

Persino il dolore è diventato un affare, un’occasione per mostrarsi e per rendere spettacolare anche la morte. E poi quelli che vivranno seguiranno gli esempi dei cattivi maestri che, dietro la patina di una moralità sempre più standardizzata e mediatica, ci si affida agli esperti in comunicazione per eventuali sviluppi od altre opportunità che è inutile ipotizzare.

Insomma, molti, oggi si chiedono, ma a che serve la scuola? L’esperienza è la nostra grande Maestra e le diverse trasformazioni sociali sono i nuovi “mentori”. Ecco perché non sappiamo più pensare, non sappiamo agire socialmente, non abbiamo rispetto del prossimo, siamo disinteressati ad ogni tipo di conoscenza politica o atto pubblico che regoli la nostra condotta, i nostri comportamenti.

Anche nelle Istituzioni sono cambiate le cose: prima si richiedeva la laurea, oggi si chiede cosa sai fare e se non sai fare, imparerai. E così crollano ponti, case e strade. L’incuria si è sostituita alla vigilanza, alla prevenzione, alla cura costante di ogni bene e di ogni manutenzione pubblica.

Le Università sono cambiate.

Hanno cambiato programmi, materie, governa la recensione, l’apprendimento minimalista. Ci si laurea senza sostenere una tesi ma presentare una tesina, fogli sparsi copiati da Internet o riciclati.

È finito il tempo delle Accademie e lo stesso professore universitario non è più chiamato accademico, ma un semplice docente a servizio dello Stato o di altra gestione privata. Tutti impiegati, tutti servitori, tutti dissociati nel linguaggio che continua a illustrare situazioni tradizionali ma di fatto, si prospettano scenari in cui lo studio viene sostituito dal volontariato, dalle libere discussioni sui temi di attualità governativi o contestativi per trasformare l’Università da luogo di Scienza a luogo di intrattenimento, di viaggi d’istruzione, di scambi turistici, di conoscenze alla moda.

In questo quadro poche sono le eccezioni che non confermano la regola. Nell’epoca del disordine che stiamo attraversando ci rimangono solo gli interrogativi, poiché le risposte sono inesistenti o soggette a rinvii agli anni che verranno.

Rimaniamo in lista d’attesa cercando di capire quale sarà l’oggetto del contendere o del radicale cambiamento.

Intanto potremmo ricordare l’esilarante poesia del grande Gianni Rodari, intitolata “L’anno nuovo”, di cui trascrivo le prime due strofe. Che fanno pensare che nulla cambia sotto il sole.

 

“Indovinami, Indovino,

tu che leggi nel destino:

l’anno nuovo come sarà?

Bello, brutto o metà e metà?

 

Trovo stampato nei miei libroni

che avrà di certo quattro stagioni,

dodici mesi, ciascuno al suo posto,

un carnevale e un Ferragosto

e il giorno dopo da lunedì

sarà sempre un martedì”. […]

 

                          Franchino Falsetti

 

 

 

 

 

One thought on “EDITORIALE Millecolline. Scusate, di che cosa state parlando?

  1. Buongiorno Prof., Lei sa bene che con me sfonda una porta aperta. Guardare attorno è veramente desolante, particolarmente per gente come noi che ci siamo nutriti di valori umanistici nei quali, ancora, crediamo fermamente. Il male morale dentro noi cresce esponenzialmente ad ogni notizia di di ragazzi balenghi che fanno, giustamente si può dire, cose balenare o di ragazzi non sorretti da indicazioni familiari o con menti già irrimediabilmente rotte nell’adolescenza. Basta utopie accidenti!!! Non è vero che andrà tutto bene, o che ogni ragazzo si può salvare, o che la colpa di tutto è fuori di noi!!! No la strada imboccata è in discesa, scivolosa, piena di curve fra profondi burroni. Ma se ce lo volessimo mai dire in faccia!! Lei ricorda una vita fa le lezioni del prof. GATULLO vero?? Utopia all’ennesima potenza!! Ero tanto giovane ma riuscii ugualmente a fare un gran casino ( ci vuole) e Lei che mi conosce mi crederà sulla parola. Mi arrabbiare per i test, per la decimoligia, per i Decreti Delegati …ecc. ecc. Ma sono convinta che la scuola ebbe con i DD il primo dei tanti funerali. Genitori che entrano nelle scuole…ma ci vuole Freud per capire che ci entravano, la maggior parte, per proteggere il fattorino loro?? Una piccola crepilina che ha portato agli assurdi genitori odierni ( sempre esclusi i presenti. Ca va sans dire) Deroga oggi deroga domani ora che possiamo dire a questi ragazzi ai quali non abbiamo dato un futuro e nemmeno un presente?? La scuola ha l’obbligo di dare nozioni, dove può cultura, socializzazione, esistema mentale. La scuola non è è non può essere educatrice di morale, di sentimenti, d’affettivita’. Alcuni fortunati hanno docenti illuminati che riescono a sopperire anche in questo ma non si può pretendere a prescindere. Basta dovrei parlare ore e so che sono una rompitasce. Un caro saluto Guja

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